Quanto
segue, apparentemente, non c’entra nulla con quanto avviene oggi. E tanto meno
con quanto avverrà domani.
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Quando
alcuni ufficiali dell’incrociatore Pola, affondato sotto i colpi devastanti e
precisi della flotta britannica, furono issati a bordo del cacciatorpediniere
inglese Jervis, sul quadrato della stessa nave essi presero contezza della
causa diretta della sconfitta di Capo Matapan: gli inglesi conoscevano in
anticipo rotta e destinazione delle navi italiane. Infatti, quegli ufficiali videro
un messaggio dell’ammiraglio Cunningham in carta carbone, nel quale era
descritto il piano di battaglia della flotta italiana, e ciò rese evidente che
essa, in base a quelle informazioni, era stata attirata in quello che è passato
alla storia come “l’agguato di Matapan”, ove si ebbe l’affondamento degli
incrociatori pesanti Pola, Fiume e Zara, dei caccia Alfieri e Carducci, la
perdita di 2300 uomini.
Nacque
così la leggenda nera del tradimento, ben alimentata dai soliti sospetti e
polemiche all’italiana, ben lasciata credere dal governo inglese, dalla Royal
Navy e soprattutto dall’intelligence di Londra. E poi è risaputo che gli
italiani, popolo pittoresco, sono inclini al tradimento. Anche i tedeschi,
ovviamente, furono ben contenti di poterlo credere e rinfacciare. Nemmeno per
un istante essi sospettarono di essere loro gli involontari messaggeri degli
inglesi.
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Quella
di Capo Matapan, 28 marzo 1941, fu la più grave sconfitta della Marina militare
italiana nel secondo conflitto mondiale. E anche quella definitiva, poiché
d’allora le grosse navi italiane della flotta di guerra se ne stettero nei loro
porti, permettendo agli inglesi di rifornire le proprie truppe in Egitto, di
vincere la guerra del Nord Africa, e di gettare i presupposti per la sconfitta
dell’Asse. Del resto, i vertici politici e militari tedeschi non vollero
comprendere fino in fondo l’importanza strategica fondamentale della guerra che
in quel teatro si stava combattendo, Hitler non volle rendersi conto che il
controllo del Mediterraneo e di Suez sarebbe stato decisivo. La Germania mancò
quel successo strategico che per cause in definitiva non molto diverse sfuggì a
Napoleone sul finire del XVIII secolo, il quale pure comprese a fondo solo più
tardi e a sue spese l’importanza della supremazia marittima. La Francia, come
poi la Germania, pur possedendo la più imponente forza armata terrestre,
dovette infine soccombere.
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Gli
antichi romani, invece, pur non avvezzi inizialmente al mare ma altresì gente
molto pratica, compresero alla spiccia l’importanza della "marittimità", e
svilupparono un forte senso del mare che li portò a dominare il Mediterraneo.
Quanto più le unità da combattimento garantivano il controllo nei bacini
d’interesse a sostegno del traffico mercantile e in difesa dei loro possedimenti,
ossia quanto più s’accrescevano le loro marine militari e commerciali, tanto
più aumentava la loro potenza politica ed economica nel mondo, la loro capacità
di proiettarsi al di là del mare per consolidare i vecchi traffici e istaurarne
di nuovi o per conquistare nuovi territori.
Quel
passaggio d’epoca, in cui la distruzione di Cartagine e l’occupazione di
Alessandria segnarono il culmine, produsse l’annientamento dell’antica civiltà
e del suo immenso e non più recuperato patrimonio di conoscenze (l’obliterazione
della metodologia scientifica, foriera della scissione tra cultura umanistica e
scientifica), ossia una catastrofe non dissimile a quella cui si andrà incontro
poi a causa – detto sbrigativamente – dei cosiddetti barbari.
Per
quanto riguarda Venezia, dopo la perdita del caposaldo di Oderzo (639), essa
divenne centro amministrativo bizantino, e sfuggita alle mire carolinge
nell’810, ossia a un destino feudale, essa finalmente aspirò a diventare
potenza marittima autonoma, puntando sul controllo delle zone prospicienti e di
quelle focali, anche grazie alla conquista longobarda dei porti bizantini di
Ravenna e Comacchio (rivale annientata e distrutta dal doge Pietro II Candiano
nel 933, che poi assoggettò Capodistria). Quando nello stesso torno di tempo
comparvero gli arabi, tagliando fuori Costantinopoli, Venezia divenne la “porta
dell’Oriente”.
La
strategia imperiale iberica e inglese più di mille anni dopo fu analoga a
quella romana. Nella nostra epoca, invece, gli Stati Uniti, godendo di una
posizione territorialmente isolata come Venezia, ma anche per ragioni diverse,
seguirono grossomodo la strategia della Serenissima (anche per quanto riguarda
la flotta strategica di riserva), puntando sul controllo delle zone prospicienti
e di quelle focali. La storia si ripete ma mai uguale. Anche la Cina ha
(ri)scoperto la sua vocazione marittima, ma di questo ho detto in diversi
specifici post (chiave di ricerca nel blog: flotta cinese).
Quando
avere un ruolo sulla scena mondiale diventa una necessità, il comune apprendimento
o meno di questi elementari principi costituisce l’essenziale differenza tra lo
spirito di un paese culturalmente inadeguato e politicamente miserabile e lo
spirito di un paese che domina la propria epoca.
Engels fu un interessante e intelligente critico e storico militare. A volte, però, si faceva prendere la mano da qualche pregiudizio, come quando disprezza l'esercito napoletano del suo tempo (di tutti i tempi, in realtà) e ne salva solo i reparti svizzeri. In verità, gli svizzeri non fecero una grande figura nell'esercito borbonico del Risorgimento, e molto meglio si comportarono i contadini meridionali nella divisa d'o Re. Erano solo pessimamente guidati da pessimi (o traditori) generali.
RispondiEliminaci mancava il neo borbonico....
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