Da quando Dio è morto e la rivoluzione
sociale non alimenta più i sogni, le sfide e il desiderio di chi teme ora di
perdere posizioni, anche la speranza sembra tramontata nelle schiere mercenarie
del capitale. Solo così è possibile spiegare il prevalere in Occidente di un sapiente
miscuglio di pessimismo e cinismo generalizzato tipico delle epoche di grande
crisi, quelle di passaggio tra un vecchio mondo che non vuol morire e quello
nuovo che annuncia l’imminenza del diluvio.
In attesa che la ripresina aiuti i consumi e
questi aiutino la ripresina, che il senato dichiari decaduto Berlusconi dopo
che questi ha dichiarato estinto lo Stato, che un governo inerte succeda a un
altro, che la Chiesa recuperi ruolo e offra protezione al gregge, in attesa
ancora che Obama valuti se dichiarare guerra per cento gasati e non per
centomila crivellati di piombo, insomma incurante dei mali che ognuno patisce, così
come della curva variabile dei mercati, il processo storico va avanti.
I tempi storici travalicano i tempi biologici
della nostra esistenza, e a questo limite d’ordine naturale possiamo far fronte
con delle proiezioni sui cicli storici, seguendo le contraddizioni del ciclo
economico e politico è possibile cogliere i temi strategici dello sviluppo,
leggendo correttamente i mutamenti in atto possiamo anticipare le linee generali
delle più marcate tendenze.
Ecco i fermenti sociali in atto in diversi
continenti, un ampio movimento di lotta di classe che vede impegnate le
borghesie sulla pelle di centinaia di milioni di anime comuni, nuovi salariati agitarsi
nelle piazze chiedendo di entrare a far parte della rete di più ampi consumi,
insomma di non patire e morire in cambio di nulla. Sull’altra sponda c’è chi
subisce la ristrutturazione industriale che colpisce soprattutto occupazione e
salari, e quella dei bilanci statali che trasferisce la previdenza sociale agli
speculatori di borsa.
Questo è il mondo che non avremmo voluto ma
che abbiamo accettato, sicuri che non ci restasse altro da fare che obbedire a
coloro che al più alto livello ci dicevano – ricordate? – meno stato e più
mercato, così andrà per il meglio. In nome della cura di bilancio si possono
gettare tante persone in mezzo a una strada, nella miseria, o costrette ad
emigrare in Germania e perfino, di nuovo, in Australia. E tutto ciò avviene
come se fosse normale, rendendo lecito con disinvoltura e disattenzione un
dispotismo esercitato sulla finzione democratica di un popolo sovrano.
Platone: “una delle punizioni che ti spettano per non aver partecipato alla politica è di essere governato da esseri inferiori”.
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