Il crollo della banca di investimento Lehman Brothers, cinque anni fa, il 15 settembre 2008, avvenuto soprattutto per
effetto del crollo dei derivati in cui erano impacchettati i
mutui a rischio, non ha segnato solo l'inizio di una crisi finanziaria
globale, ma ha messo in moto una serie di processi che mostrano le relazioni e
le contraddizioni economico-politiche essenziali del capitalismo mondiale.
Il carattere non transitorio della crisi è dato prima
di tutto dal fatto che il sistema non può rimuovere o sanare – in conseguenza
della natura stessa della produzione capitalistica e come necessità logica del
suo sviluppo (*) – le divaricanti contraddizioni, giunte a un punto di criticità
tale che qualsiasi azione politica di contrasto produrrebbe nel più favorevole
dei casi solo effetti limitati e dilazionatori.
E tuttavia, sotto l’aspetto riformistico, il sistema
si rivela incapace persino di tentare di rimuovere la minaccia incombente di un
nuovo e più devastante tracollo. Anzi, le misure stesse messe in atto dai
governi e dagli organismi finanziari internazionali, a causa dell’immissione di
moneta a saggi d’interesse sostanzialmente nulli e volti a finanziare la
speculazione, stanno andando nel senso opposto. Al contrario di quanto
dichiarato, a cinque anni di distanza, il sistema bancario e finanziario
americano è addirittura più concentrato rispetto a prima della crisi, e lo
stesso vale per l'Europa, la Gran Bretagna, l’Australia e altre economie.
Nella sede per antonomasia del capitalismo, negli
Stati Uniti, a seguito degli eventi del 2008, circa 8,8 milioni di posti di
lavoro sono stati spazzati via e quasi 20.000 miliardi dollari della ricchezza delle
famiglie è stato perso. L’intensità della crisi può essere desunta dalle misure
di emergenza fornite al sistema bancario da parte della Federal Reserve. Complessivamente sono stati prelevati qualcosa
come 17.700 miliardi dollari di fondi pubblici per darli in aiuti alle banche, dei
quali circa 11.500 miliardi a favore delle prime otto, tra cui Citigroup, Morgan
Stanley e Merrill Lynch.
Questa, com’è noto, non era una crisi di liquidità,
ma d’insolvenza.
Dopo aver salvato le grandi banche e gli istituti
finanziari, la Fed ha avviato il suo programma di quantitative easing, con la stampa di 85 miliardi dollari al mese da
immettere nei mercati finanziari per nutrire lo stesso tipo di speculazione che
ha portato alla crisi del 2008. Il sistema, drogato, è ormai in fase di
overdose. Secondo il Wall Street Journal,
il debito corporate bond totale è aumentato fino a quasi 6.000 miliardi dollari, in crescita del 57 per cento dal 2007. Le
obbligazioni spazzatura, che costituivano il 17 per cento delle obbligazioni
societarie vendute negli Stati Uniti prima del crash, ora costituiscono il 25
per cento.
In tal modo il mercato azionario ha raggiunto nuovi
livelli record, mentre l'economia americana sta crescendo a poco più del 2 per
cento, ben sotto il livello necessario per far fronte alla disoccupazione di
massa e 50 milioni di cittadini che sopravvivono grazie ai sussidi alimentari
statali. Wall Street brinda alla ennesima e sempre più estesa truffa, in una
situazione in cui il paragone classico con la vicenda del Titanic non trova conferma migliore: la nave affonda mentre
l’orchestra suona.
Se poi si guarda al debito pubblico Usa esso ha
superato la soglia dei 15.000 miliardi di dollari, un’esposizione molto elevata
ma che non dovrebbe indurre a gravissime preoccupazioni (il debito giapponese o
italiano è ben peggio in rapporto al Pil). E tuttavia la struttura
del debito degli Stati Uniti è diversa rispetto a quella di altri
paesi confrontabili, per due motivi: 1) gran parte del debito pubblico federale
è verso l’estero, e ciò non è senza conseguenze se si tiene conto – come
descritto in questo post recente – che il dollaro è moneta di riserva e di
scambio universale, e dunque che il debito serve a rilanciare
l’economia americana a spese degli altri paesi (gli Usa sono l'unico paese che possa utilizzare così massicciamente l'emissione di titoli sul mercato internazionale per alimentare il debito interno); 2) la spesa federale è solo una parte della spesa pubblica,
laddove il debito accumulato degli stati federati e delle famiglie, fenomeno
che non ha eguali al mondo, raggiungeva già nel 2009 l’astronomica cifra di
57.000 miliardi di dollari.
Una
struttura del debito ormai fuori controllo e che non farà altro che alimentare
nuovo debito.
Non mi piace fare la Cassandra, anche perché il
pessimismo e il suo opposto, l’ottimismo, hanno un difetto in comune: non
vedono le cose per come sono. Di più, l’ottimismo è un surrogato della
speranza, e non c’è nulla nello stato di cose presenti che possa in qualche
modo darle credito. E poi, sperare in che cosa, che il sistema si risollevi per
rincominciare tutto daccapo? E difatti l’ottimismo è una forma subdola dell’egoismo,
un modo che hanno i vili di sperare che il peggio si scarichi con la disgrazia
altrui.
Anche la disperazione però non cambia la situazione,
anzi, spesso trova la sua consolazione in fondo a una bottiglia o peggio
ancora. Al cambiamento si può arrivare solo attraverso la verità, la quale
richiede molta fatica, grande pazienza e una buona dose di coraggio. Il punto è
sempre e ancora questo: quanti sono disposti ad assumersi la pena e il rischio? Alla fine ci penserà la necessità.
(*) La spontanea conseguenza della natura del
processo di accumulazione capitalistico.
Il problema è che - temo, come sempre - alla necessità verranno attribuite cause "trascendenti" (c'è sempre l'ira di un Dio dietro l'angolo che s'affaccia) oppure - peggio - saranno trovati specifici capri espiatori sui quali scaricare tutte le colpe della crisi.
RispondiEliminasiamo indotti a credere in molte cose, non pochi credono ancora in dio
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RispondiElimina"quanti sono disposti ad assumersi la pena e il rischio?"
Riflettevo sulla frustrazione costante nel cercare di discutere con quelli che mi capitano a tiro della situazione attuale. Molti, ancora, hanno il culo parato o con impieghi pubblici, o con lavori che traballano ma resistono, o con case di proprietà. Persone che spesso hanno studiato, che avrebbero anche la responsabilità di usare la loro materia grigia nell'interesse collettivo, e che, come riassumi tu molto bene dovrebbero mirare al cambiamento " attraverso la verità, la quale richiede molta fatica, grande pazienza e una buona dose di coraggio".
Non c'è verso, continuano a votare pd con la stessa ottusa tenacia in cui fino agli anni settanta il loro ceto equivalente votava dc nonostante fosse una scelta evidentemente indifendibile e suicida.
In effetti quando le crisi imprimono un'accelerazione alla storia e vecchi equilibri esplodono senza che nuovi ancora prendano forza e si manifestino, c'è una specie di esplosione, una torre di babele in cui la frammentazione dei pareri, dei punti di vista crea una moltitudine di lingue che non si comprendono più l'una con l'altra.
La repubblica di weimar con il suo melanconico bordello, le sue spinte rivoluzionarie destinate al massacro, la cupezza tragica e senza appello dell' epilogo, è quasi un topos storico, che aggiorna e rinverdisce l'apparire ciclico dalle onde della storia del mito della torre di babele sulle rotte dell'umanità.
In questo marasma chi può si attacca al suo piccolo relitto e lo difende con le unghie e con i denti della dialettica costituita da quella particolare cecità impastata dagli esorcismi - sinceramente ridicoli - che quotidianamente offrono i media e sperimentate tradizioni fideistiche. Ognuno con la sua ricetta - che differisce nelle quantità delle amalgame e nei procedimenti di cottura ma non negli ingredienti - si crea la sua lingua personale con la rassicurante certezza di corazzarsi e divenatre impermeabile agli altri: " Gestire una zattera senza nemmeno capirsi ci farà sicuramente affondare tutti. Respingerli e l'unica scelta razionale".
E questi, le cui condizioni materiali garantiscono tuttora una sopravvivenza accettabile, si estremizzano.Con loro non può esserci un confronto onesto sulla realtà perchè troppi interessi li deviano.
Per esorcizzare le catostrofi - che ormai non sono nemmeno solo annunciate, ma sono già qui - si stordiscono riempendosi le giornate e la mente di tutto ciò che sta nel loro recinto: le case, i risparmi, le macchine, le ricerche di occasioni sugli acquisti e via discorrendo.
La sostanza della loro vita è questa. Se gli parli del futuro che è già in movimento nel presente, sono pronti ad incazzarsi, come istericamente ci si potebbe tappare le orecchie per non sentire la campana che suona anche per noi. Si infastidiscono, diventano nervosi, ti guardano cone un alieno e tornano nel loro guscio davanti alla tv ad almanaccare se è più sensato appoggiare bersani, o più conveniente decidere per renzi, o più dignitoso e tranquillante per la coscienza optare per sel.
Ho deciso che ne ho abbastanza, con dolore ho quasi azzerato quella lista interiore di amici che sono come rinfrancanti stazioni di posta nel cammino accidentato della vita, e ho riacceso la lanterna del viandante.
Vedremo se il viaggio sarà un peregrinare solitario o se sulla strada si incontreranno dei nuovi compagni.
Un abbraccio, gianni
Gianni,saranno forse "vittime" dell'incantesimo capitalista?
Elimina[..]In una versione apocrifa del famoso episodio tratto dall’Odissea(Odysseus und die Schweine:Das Unbehagen an der Kultur), Lion Feuchtwanger sostenne che i marinai ammaliati dalla maga Circe e trasformati in scrofe trovarono oltremodo soddisfacente la loro nuova condizione e si opposero disperatamente ai tentativi di Ulisse di ridare loro sembianze umane.Allorché questi disse loro di aver trovato delle erbe magiche in grado di spezzare l’incantesimo che li imprigionava e che essi sarebbero presto tornati nuovamente uomini, i marinai/scrofe se la dettero a gambe a tutta velocità piantando in asso il loro zelante salvatore.Alla fine questi riuscì a prenderne uno e a strofinargli l’erba magica sul dorso; ed ecco che dal corpo setoloso dell’animale spuntò fuori Elpenoro, un uomo-afferma Feuchtwanger- sotto tutti i punti di vista assolutamente normale. Il "liberato" Elpenoro non fu affatto grato a Ulisse di tale liberazione e attaccò furiosamente il suo "liberatore":
E così sei tornato, farabutto, ficcanaso che non sei altro? Vuoi tornare ad affligerci e tormentarci, desideri ancora esporre i nostri corpi ai pericoli e costringere i nostri cuori a prendere sempre nuove decisioni?Com’ero felice; potevo sguazzare nel fango e crogiolarmi al sole; potevo trangugiare e ingozzarmi, grugnire e stridere, ed ero libero da pensieri e dubbi: "Che devo fare, questo o quello?"Perché sei tornato? Per rigettarmi nell’odiosa vita che conducevo prima? [..]
(Z. Bauman,Modernità liquida ,ed. Laterza)
Un saluto.Filippo
EliminaBauman, non so se a torto o ragione l'ho snobbato, e, nonostante non siano trascorsi molti anni da una rilettura dell'odissea, non ricordavo l'episodio notevole.
Per dirla tutta, e vedere sempre il rovescio di ogni medaglia, l'aspirazione ad una vita semplice, libera di seguire solo gli istinti che con il tempo si sono affinati all'ambiente, non è un pensiero così negativo.
L'aspirazione ad una società diversa contiene un po' anche questo.
Nel nostro caso, ai tempi nostri, che fa la differenza è il contesto.
In fin dei conti Circe, una volta trasformati, non se li sarebbe fatti arrosto come invece sta capitando a noi.
E in fondo, Ulisse, teneva ai suoi marinai come persone, o perchè gli servivano per condurre la nave verso i suoi obbiettivi?
Non c'erano nè regni, nè penelopi ad attendere i marinai.
Meglio una vita da maiali che una morte in fondo al mare per servire sogni altrui?
Ciao Filippo, grazie.
EliminaSorry, nel leggere ho rimosso la paternità di Lion Feuchtwanger.
In effetti i concetti espressi nell'episodio apocrifo sembrano più consoni ad epoche posteriori che al pensiero mitico dell'odissea.
ciao.
Devo ammettere che quello che ho estrapolato fa parte di un'analisi molto più ampia e credo che nemmeno Bauman nel riportare l'episodio attribuisca alla nuova condizione dei marinai un pensiero totalmente negativo ma nel contesto e visto l'evolversi della società si domandi quanto effettivamente l'essere umano, alla prova dei fatti,sia disposto a ricercare quella libertà (o verità )che si può raggiungere solo con l'assunzione di responsabilità e come ha scritto Olympe ,con fatica,grande pazienza e una buona dose di coraggio.
EliminaCiao e grazie a te.Filippo
EliminaE qui si ritorna al nodo.
"fatica,grande pazienza e una buona dose di coraggio" sono evidentemente qualità che possono inerire solo ad una minoranza. Se così non fosse millenni di pensieri etici elevatissimi, come il buddismo, e parte del cristianesimo, misticismi vari, avrebbero già fatto la differenza.
Una minoranza che deve tenere unite amore della conoscenza, empatia per le condizioni di tutti gli esseri viventi, e coerenza con valori e visioni che chiedono rinunce continue e sicure emarginazioni.
La domanda di chi vuole agire politicamente per la trasformazione è dunque quella relativa alle fasi di crisi del sistema. Nel momento in cui la sopravvivenza traballa per la maggioranza si apre la possibilità per direzioni diverse, e il pensiero della minoranza diventa una possibile alternativa anche per quelli che ne erano infastiditi.
Credo che ci sia una relazione tra la durata e la profondità della crisi - prima che si produca il cambiamento - e l'esistenza o meno di un progetto alternativo credibile e ben comunicato. In sostanza sull'affidabilità,la giustezza delle analisi, e la coerenza della minoranza che consolidino la coscienza di classe.
Da un lato si aspetta la catastrofe e dall'altro ci si ammattisce per scongiurarla. E' facile che sistema nervoso e relazioni sociali ne risentano. E poi la frustrazione "dell'avevo detto", "dell'era già scritto, bastava leggere".
In questo tempo del lavoro e dell'attesa molti si perdono. Scoprono che vendersi a circe in fondo è il raggiungimento degli obiettivi della rivoluzione: su scala mignon, individuale.
Il passo successivo inevitabile è diventare più realisti del re: "Che cazzo dopo anni di fame sono appena arrivato al tennis di orbetello e già me lo vuoi togliere? Piuttosto ti spezzo!". Camusso, angelini, d'alema, veltroni, bertinotti, etc, etc hanno fatto tanta strada dopo il peccato riginale di togliatti.
Vite e scelte che si dipanano sulla tela della storia in cui il mutamento storico inevitabile " o comunismo o barbarie" procede a strappi e balzi, così come a stasi e ritirate. In questi andirivieni le vite si accomodano come meglio possono, come meglio credono, e come gli fanno credere.
Olympe scusa l'invasione del blog con pensieri obliqui ma come (più o meno) diceva qualcuno: "L'idea rimane ma l'uomo, l'uomo che vi stava dietro, quello mi manca!". E adesso... quell'uomo siamo noi!
Buona domenica con piogge settembrine, chissà... riuscirò ad andare a funghi? gianni
leggo con interesse quello che scrivi.
Eliminapenso che se non pioverà troppo per i funghi sarà una buona annata, non come l'anno scorso. ciao
E la necessità produrrà la barbarie, un nuovo medioevo se va bene, visto che non vogliamo assumerci il rischio di preparare l'avvenire.
RispondiEliminail fatto che ogni giorno sia sacrificata la vita di un certo numero di bambini a un calcolo economico non ci impedisce di dormire
EliminaDalle crisi si esce con le guerre. Questa è una grande crisi.
RispondiEliminaLa sistematica spoliazione della classe operaia,da parte dei capitalisti,del lavoro,del salario,dei diritti e dello stato sociale,in primis pensioni,scuola e sanità,sta costringendo i lavoratori a “discendere in disordine e senza speranza quei gradini sociali che avevano scalato con orgogliosa sicurezza”*
Questo comporta paura,egoismo,odio,introversione. Manca la solidarietà: si è sempre più soli.
B. Brecht esprime così questi comportamenti: “Prima di tutto vennero a prendere gli zingari. E fui contento perchè rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei. E stetti zitto,perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali,e fui sollevato,perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti,ed io non dissi niente,perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me,e non c’era rimasto nessuno a protestare,”
*“ I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza.” Dal bollettino della vittoria di A. Diaz