lunedì 30 settembre 2013
Diatribe
Debbo una risposta a Gianni che in un suo
commento a questo post mi segnalava, a proposito di Gesù, il libro di Bart D. Ehrman, Gesù è davvero esistito?, ora in libreria. Non l’ho fatto prima perché per dare una
risposta dovevo leggere il libro di Ehrman; ora che l’ho compulsato per bene e
l’ho letto integralmente nei capitoli decisivi, posso offrire una qualche
considerazione con cognizione.
Si potrebbe osservare che con quello che succede
in giro, occuparsi di questi temi è come prendersi briga di stabilire il sesso degli
angeli. Non sono d’accordo con l’osservazione. Se è normale che i preti si occupino
di queste cose in quanto guardiani del mito dio/uomo, qualche sospetto dovrebbe
venirci se a occuparsene abbondantemente è l’intero sistema della comunicazione
sociale (*).
sabato 28 settembre 2013
Per il regno dei cieli
L’islam sarà pure contro l’omosessualità, ma
leggendo la sûra LII e la LVI, nell’ediz. Utet 1967, più di qualche dubbio è
legittimo a riguardo della pederastia. Quelli che (maschi jihadisti) saranno
risparmiati dal supplizio dell’inferno (giahîm),
si faranno pantagrueliche mangiate e ciclopiche bevute (LII, 19), peraltro “sdraiati
su letti affiancati” (20). Ognuno sarà pignoratario di ciò ch’egli si è
guadagnato (21) e avrà frutta e carne secondo il proprio gusto, e circoleranno
tra questi beati “paggi propri, simili a perle nascoste”. La sûra LVI insiste
che, tra tutti i pii musulmani, saranno gli approssimati (i più vicini a Dio) a
goderne maggiormente nei Giardini di Delizie, “su letti sprimacciati (15), gli
uni di fronte agli altri staranno reclinati” (16) e “gireranno fra loro paggi
eterni” (17) con calici e con coppe di vino paradisiaco. E sul vino in ambito
islamico ha già detto tutto Omar Khayyam. Sui paggi, belli come perle nascoste
che eternamente s’aggirano tra le brande degli jihadisti, le note del
traduttore restano mute, e non ho trovato molto in internet, ma debbo ammettere
che – malgrado qualche stretto contatto di gioventù con questo ramo della
progenie abramitica – ho qualche non lieve difficoltà con la lingua; tuttavia
non ci vuol molto a capire che quelle perle di paggi non figurano come semplici
camerieri, e che la loro bella presenza allude ad intimi servizietti, come
quelli delle concubine (houri). Con
simili promesse di ricompensa celeste, lo credo bene che non manchino volontari
suicidi.
Sansone e i pigmei
Muoia Sansone con tutti i filistei. Sansone
è Lui e i filistei, vai a capire chi fossero effettivamente, siamo Noi.
Resipiscenza zero, si duole il presidente
della repubblica a vita, il quale si è commosso alle lacrime in occasione della
commemorazione di tale Luigi Spaventa, che fu uomo di Prodi, perciò probabilmente
uno tra i tanti responsabili del disastro attuale. Sicuramente fu un
galantuomo, tanto da meritare di essere fatto ministro di Ciampi, ossia dall’ex
governatore della Bana d’Italia, poi ministro del tesoro, quindi premier, e infine
presidente della repubblica. Se le cose poi sono giunte fin qui come sono, non
possiamo avere alcun sospetto di una loro pur lieve responsabilità.
E ha figurato, Spaventa, anche nelle liste di
quel partito che per farsi apporre il timbro atlantico di “legittimazione” ha
dato mostra di essere più liberista di qualsiasi altro dell’occidente. Una
scelta “strategica”, come s’è visto. E con quale coraggio, dopo aver fatto da
palo per vent’anni, sia pure in nome e per conto del “superiore interesse” dei
derubati, ora rinfacciano al furfante di Arcore di essere un brutto ceffo!
Tutto questo non è novità se sette secoli or
sono qualcuno scriveva: Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in
gran tempesta, non donna di province, ma bordello!
venerdì 27 settembre 2013
Purtroppo la storia
Mi
dicono che nelle scuole non s’insegni (quasi) più la geografia. Mi pare giusto,
perché perdere tempo quando ci sono GPS e Google maps. Purtroppo, invece, si
continua a insegnare storia. Dico purtroppo non perché c’è Wikipedia (altra
fonte di catastrofi), ma perché l’insegnamento della storia a scuola provoca
più danni che benefici. Non lo dico provocatoriamente, si tratta di un fatto.
Prendiamo un esempio concreto che avevo sotto gli occhi questa mattina leggendo
un noto blog di gente molto esperta:
«Costui asseriva che fuori
dall’euro avremmo patito la medesima sorte della Repubblica di Weimar,
costretti a trasportare il denaro con il carrello della spesa per comprare beni
di prima necessità. Vorrei
rammentare che semmai è vero il contrario, cioè che la Germania weimariana si
ritrovò in quelle condizioni catastrofiche proprio a causa di vincoli vessatori
esterni, tra esorbitanti riparazioni di guerra, imposizione di tagli alla spesa
pubblica per la sostenibilità del bilancio e la solvibilità dei debiti
contratti, nonché per le scorrerie
della finanza internazionale che speculava e si ingrassava a spese dei
tedeschi. Vi ricorda qualcosa? La decadenza si arrestò con la nomina di Hitler
a Cancelliere. Hitler compì il miracolo, impensabile solo qualche mese prima …
.»
Ad
occhio e croce, almeno nove studenti su dieci (e non solo studenti)
risponderebbero, a proposito dell’iperinflazione tedesca durante Weimar, proprio
allo stesso modo di cui s’è espresso l’esperto (?) qui sopra. E almeno 9
insegnanti su 10 non avrebbero nulla da ridire su questa sciocchezza clamorosa.
giovedì 26 settembre 2013
Un leader
Gesù è il personaggio sul quale s’è scritto
di più, in assoluto (*). In generale se ne sono occupati i teologi e i filosofi
(il che è normale), i giornalisti e i polemisti (per dialettica mercantile), e
una teoria infinita di scribacchini che infine un piccolo editore, al quale far
stampare le loro inedite scoperte in mille copie numerate e firmate dall’Autore,
lo scovano sempre, magari coprendo per intero le spese. Insomma, scorrendo le
bibliografie sul tema, di autori con la targhetta di “storico professionista”
se ne trovano davvero pochini. Per quale motivo? Provo con una risposta, e si
porti pazienza se non è abbastanza originale.
(*) In Italia, per esempio, nemmeno su Berlusconi s’è scritto di più.
mercoledì 25 settembre 2013
Rassegna stampa
Non so se per rispetto di
contratto o per improbabile scelta, fatto sta che Repubblica pubblica in
traduzione un articolo di Paul Krugman dal titolo significativo: Gli americani liberi, ma di morire di fame,
titolo che traduce quello originale: Free to Be Hungry, apparso alcuni giorni or
sono sul New York Times con 1357
commenti dei lettori. Un altro articolo sullo stesso tema, Krugman l’aveva
scritto, se ricordo bene, nel maggio scorso. Quello del taglio delle risorse destinate
a sostegno dei buoni alimentari (food
stamps) per 48 milioni di americani è dunque un tema scottante negli Usa
(in questo blog ne scrivo dal 2010).
Due cose m’incuriosiscono di questo
articolo e di altri che compaiono nella stampa Usa, ossia il fatto che
unanimemente si dà per terminata la fase recessiva nell’anno 2009 (anche se si
ammette che i suoi effetti continuano). L’altra riguarda questo modo comune di
ragionare: “una notizia buona almeno c'è ed è che i buoni
pasto se non altro hanno alleviato le difficoltà, mantenendo milioni di
americani alla larga dalla povertà”. Ho già osservato in un post recente, che è come
dire che i poveri che frequentano le mense di carità ipso facto non sono più dei poveri. Come far capire a chi ha caldo
che cos’è il freddo?
martedì 24 settembre 2013
La prossima volta chieda l'imprimatur
A volte conversando con qualcuno su determinati
argomenti di carattere sociale o storico, capita che l’interlocutore, non
condividendo la tua tesi, invece di confutarla con argomenti pertinenti, decida
di tagliar corto chiedendoti a bruciapelo: “Ma lei ha letto il libro del tal
dei tali?”. La domanda poggia sulla segreta speranza che tu quel libro non
l’abbia nemmeno sentito nominare, in modo poi da poterti menare come il can per
l’aia.
Non di rado l’opera estratta dal cilindro dal
tuo interlocutore non è tradotta in italiano, oppure è un lavoro minore al
quale egli mostra di assegnare un valore fondamentale e dirimente, mostrandosi
eventualmente stupito del fatto che tu quel libro non lo tenga sopra il
comodino. Certe situazioni contingenti sconsigliano di mandarlo cordialmente a
cagare, e perciò potrai rispondergli per le rime solo se per caso hai letto
quel libro. Eventualità questa remota, perché, come detto, nella scelta
dell’opera il tuo interlocutore si fa forte del fatto che nessuno ha letto
tutta la pubblicistica su una vexata
qæstio che dura da secoli.
Può capitare anche, ed è di ciò che voglio
dire, che l’autore di un saggio riceva da un lettore una lettera nella quale, senza
entrare nel merito delle argomentazioni sviluppate nel libro, è scritto papale che
le tesi sostenute nel libro sono solo un “parlare avventato” e “non degne di rango
scientifico”.
E, come se ciò non bastasse, con la stessa missiva s’invita “in modo deciso” l’autore “a rendersi un po' più competente da un punto di
vista”
della materia trattata. Per agevolarlo nel compito, il mittente lo sollecita a
prendere contatto diretto con quattro poderosi volumi in tedesco, esempio “eccellente di precisione e di amplissima
informazione”.
Alla
lettera di un simile villano si potrebbe rispondere in molti modi (tutti molto
didascalici a mio avviso), oppure, preferibilmente, non rispondergli affatto.
La finzione democratica
Da quando Dio è morto e la rivoluzione
sociale non alimenta più i sogni, le sfide e il desiderio di chi teme ora di
perdere posizioni, anche la speranza sembra tramontata nelle schiere mercenarie
del capitale. Solo così è possibile spiegare il prevalere in Occidente di un sapiente
miscuglio di pessimismo e cinismo generalizzato tipico delle epoche di grande
crisi, quelle di passaggio tra un vecchio mondo che non vuol morire e quello
nuovo che annuncia l’imminenza del diluvio.
In attesa che la ripresina aiuti i consumi e
questi aiutino la ripresina, che il senato dichiari decaduto Berlusconi dopo
che questi ha dichiarato estinto lo Stato, che un governo inerte succeda a un
altro, che la Chiesa recuperi ruolo e offra protezione al gregge, in attesa
ancora che Obama valuti se dichiarare guerra per cento gasati e non per
centomila crivellati di piombo, insomma incurante dei mali che ognuno patisce, così
come della curva variabile dei mercati, il processo storico va avanti.
lunedì 23 settembre 2013
De te fabula narratur
Scriveva Cicerone:
Illiberales autem et sordidi quaestus
mercennariorum omnium, quorum operae, non quorum artes emuntur; est enim in
illis ipsa merces auctoramentum servitutis. […] Opificesque omnes in sordida
arte versantur; nec enim quicquam ingenuum habere potest officina (De
officiis, I, CL).
Indegni
di un uomo libero e sordidi sono anche i guadagni di tutti i mercenari, dei
quali si compra il lavoro manuale, e non l’abilità; poiché in essi
la mercede è per se stessa il prezzo della loro servitù. […] Anche
gli artigiani tutti esercitano un mestiere volgare; una bottega infatti non può
avere nulla di degno di un uomo.
Insomma, il lavoro manuale nell’antica Roma
era considerato degno di schiavi, ed infatti, in genere, erano gli schiavi,
numerosissimi, a sobbarcarsi delle fatiche del lavoro manuale e dei più diversi
servizi, domestici e commerciali.
È un fatto che l’uomo moderno in generale
non s’avveda di ciò che invece era palese per qualsiasi uomo antico, ossia che
un uomo che lavora per un altro uomo è il suo schiavo. Ciò vale sia nel caso il
lavoratore venda il proprio lavoro a un padrone individuale sia che la
proprietà si configuri come capitalista collettivo.
Un'espressione geografica
L’esito delle elezioni tedesche mostra come
l’elettorato di quel paese abbia le idee chiare e come i due più grandi partiti
siano sostanzialmente concordi nel perseguire una strategia comune, ossia i superiori
interessi della Germania.
La situazione politica italiana mostra per
contro un elettorato diviso e confuso, e come i tre grandi partiti, non solo siano
sprovvisti di un barlume di strategia sostanzialmente comune per quanto
riguarda gli interessi generali del paese, ma siano privi di una qualsiasi idea
diversa dalla mera riproduzione del loro potere e della difesa dei più
variegati e illeciti interessi particolari.
Il Pd è un semplice cartello elettorale in
lotta permanente al proprio interno su tutto; il partito di Grillo persegue gli obiettivi del megalomane che l'ha fondato; il partito di Berlusconi non ha bisogno di essere qualificato
poiché è nato ed esiste solo in cura agli interessi del padrone e
dell’entourage di corte.
La diatriba politica, parlamentare e
mediatica, tira avanti da mesi, anzi da anni, sulle vicende personali di
Berlusconi, sulle liti tra fazioni all’interno del Pd, sui vaticini strampalati
di un duo di psicotici, e sulle beghe per questioni assolutamente secondarie
con le quali si distrae un paese saccheggiato e vilipeso da tutti.
Tutto ciò è singolare in Europa, e dimostra
che l’Italia è un paese in cui, di là delle apparenze, vige un regime
effettivamente diverso da una democrazia di tipo parlamentare, ossia un sistema di
stampo feudale.
venerdì 20 settembre 2013
Stelle e sbarre
Ieri ho visto La
25ª ora, un film del 2002 diretto da Spike Lee e tratto dal romanzo omonimo
scritto da David Benioff. È la storia di uno spacciatore di droga, bianco e
bellino, istruito e intelligente, che grazie a una spiata viene arrestato con
un chilo di roba. Gli viene chiesto di collaborare per incastrare il capo della
gang, ma lui non ci sta e perciò subisce una condanna più severa: sette anni.
Il
film narra il suo ultimo giorno di libertà prima di partire, accompagnato dal
padre, per il carcere. Il finale ovviamente non lo racconto. La cosa più
interessante del film – a mio avviso – è l’idea che il regista offre allo
spettatore della realtà carceraria, la sua abilità è di farlo senza mostrare un
solo fotogramma delle prigioni, risultando comunque molto persuasivo. Tanto che
i critici del film non contestano la sua ricostruzione.
Gli Stati Uniti hanno meno del 5 per cento della
popolazione mondiale e un quarto dei detenuti di tutto il mondo. Al 31 dicembre
2011 i dati dell’US Bureau of Justice Statistics indicano in più di 2,3
milioni i detenuti tra prigioni locali (circa 735mila) e prigioni statali o
federali (1.598.780). Poco meno di un
detenuto ogni 100 abitanti (in Italia siamo a un detenuto ogni 1.000).
giovedì 19 settembre 2013
Solo dei numeri
Scriveva
ieri l’altro il New York Times:
«Il Census Bureau ha riferito ieri che il
tasso di povertà in America si è mantenuto stabile tra il 2011 e il 2012, a
circa il 15 per cento. Secondo la stima ufficiale, la povertà oggi è più alta di quanto non fosse nel 1973, quando ha raggiunto il minimo storico del 11,1
per cento».
E tuttavia il NYT non ci sta, dice che questi dati ufficiali dell’ufficio statistico governativo non tengono conto, nel calcolare i redditi dei cittadini poveri, degli aiuti che questi cittadini ricevono dal governo.
E tuttavia il NYT non ci sta, dice che questi dati ufficiali dell’ufficio statistico governativo non tengono conto, nel calcolare i redditi dei cittadini poveri, degli aiuti che questi cittadini ricevono dal governo.
Bel
modo di ragionare questo: è come se in Italia, per fare un paragone, si scrivesse
che i poveri non sono poi tanto poveri poiché diversi di loro hanno accesso
alle mense di carità e ad altri tipi di assistenza. Le persone povere che hanno
la “fortuna” di ricevere degli aiuti, non
per questo cessano di essere povere. Ma questo concetto non può entrare
facilmente nella zucca di persone ricche o benestanti che vivono in un certo
ambiente sociale e culturale.
mercoledì 18 settembre 2013
Se cedesse per viltà
Se
la classe operaia cedesse per viltà
nel
suo conflitto quotidiano con il capitale,
si
priverebbe essa stessa della capacità
d’intraprendere
un qualsiasi movimento più grande (*).
Le prime due parti del post sono un po’ tecniche,
ma la loro comprensione per chi è appassionato a decifrare questioni di ben
altra natura e momento – per esempio d’ingegneria idraulica e navale – dovrebbe
essere uno scherzo.
*
martedì 17 settembre 2013
L'Italia "ruota" e l'Argentina affonda
Nel frattempo che qualcosa è
“ruotato” per il verso giusto, sono migliaia in tutta Italia gli alunni
costretti a uscire dal refettorio perché i genitori non hanno i soldi per la
retta, quando non muoiono negli ospedali per emorragia provocata dall’impianto
di catetere per adulti al posto di quello per i bambini (erano finiti!).
Consoliamoci con il fatto che “l’acqua è limpida” e “la nave s’è alzata”.
* * *
Avvertite Beppe Grillo che l’Argentina è a un passo
dal default. Giusto un anno fa nel suo blog comparve un lungo articolo nel
quale si vantava che «con un anticipo rispetto alla
scadenza di 16 mesi, la presidente della Repubblica Argentina, Cristina Kirchner, si presenta alla
sede di Manhattan del FMI con […] un assegno di 12 miliardi di euro intestato
al FMI con scadenza 31 dicembre 2013, che il governo argentino ha versato poche
ore prima».
lunedì 16 settembre 2013
Ritratto di un uomo azzardato
Il suo
nome, Richard (Dick) Severin Fuld jr., immagino dica nulla a molti, presi come
siamo dalle altalenanti vicende politico giudiziarie della più insigne figura
di statista degli ultimi centocinquant’anni, e dal relativo iter procedurale –
a dir poco bizantino – di applicazione della legge 235/2012 nei suoi confronti.
Del resto poco c’importa anche del gorgo miliardario di Montepaschi, ma
lasciamo stare certi discorsi che sennò poi a qualche lettore viene la
depressione e potrei trovarmi in causa per danni esistenziali irreversibili.
Dick Fuld
all’età di 23 anni aveva tra le mani un B.A. (Bachelor of Art) e un B.S.(
Bachelor of Science) dell’università del Colorado, e poi anche un MBA (Master
of Business Administration) presso la Stern School of Business (che quanto a
classifica internazionale è un pelino “più meglio” della Bocconi). La sua
passione per il volo portò Dick a prestare servizio come allievo pilota presso
l’Air Force, ma a causa di uno scambio di vedute troppo vivace con il suo
comandante – come riferirà molto più tardi il NYT –, dovette lasciare l’ala e
dedicarsi a faccende più terrene. Come si suole dire, il destino (pardon, il
caso) è cieco ma quando si tratta di gente con il pedigree di Dick qualche
dubbio in proposito è lecito.
domenica 15 settembre 2013
Quelli che credono ... in "qualcosa"
È noto che i classici del marxismo consideravano la religione
come un serio avversario della concezione scientifica del mondo e ribadivano
continuamente la necessità di sottoporla ad una critica valida e persuasiva.
Nondimeno anche ai nostri giorni sarebbe urgente un’analisi completa della
dialettica tra la sfera materiale e quella spirituale all’interno della società
capitalistica, e invece, per contro, noi lasciamo che ad occuparsene siano
personaggi al servizio della borghesia.
In tal modo noi sappiamo poco, dal punto di vista della
scienza marxista, dei meccanismi e dei mezzi di formazione della personalità
religiosa, la quale ha subito dei notevoli mutamenti rispetto al passato,
quando la massa dei credenti erano perlopiù individui semianalfabeti o digiuni
di nozioni scientifiche, persone insomma, come molti dei nostri genitori, che
conservavano la fede solo per educazione e attaccamento alla tradizione.
sabato 14 settembre 2013
La spontanea conseguenza della natura del processo
Il crollo della banca di investimento Lehman Brothers, cinque anni fa, il 15 settembre 2008, avvenuto soprattutto per
effetto del crollo dei derivati in cui erano impacchettati i
mutui a rischio, non ha segnato solo l'inizio di una crisi finanziaria
globale, ma ha messo in moto una serie di processi che mostrano le relazioni e
le contraddizioni economico-politiche essenziali del capitalismo mondiale.
Il carattere non transitorio della crisi è dato prima
di tutto dal fatto che il sistema non può rimuovere o sanare – in conseguenza
della natura stessa della produzione capitalistica e come necessità logica del
suo sviluppo (*) – le divaricanti contraddizioni, giunte a un punto di criticità
tale che qualsiasi azione politica di contrasto produrrebbe nel più favorevole
dei casi solo effetti limitati e dilazionatori.
giovedì 12 settembre 2013
L'inganno
Quando una persona afferma di essere “non credente da molti anni [ma]
interessato e affascinato dalla predicazione di Gesù di Nazareth”, pone la
questione nella forma di una menzogna. E
oggi, in piena epoca d’istruzione di massa e di comunicazione diffusa, non ci
sono vittime innocenti dell’inganno di questo tipo. Oggi l’ignoranza non
assolve, e nemmeno attenua le responsabilità, così come non è possibile che la
vittima dell’inganno non sia in qualche modo complice.
La vittima, per dirla con una metafora, diventa
veicolo del parassita, e poco importa il movente segreto dell’inganno e
dell’autoinganno.
Se poi tale persona gode grande prestigio intellettuale e di una posizione
sociale che gli permette di rivolgersi a centinaia di migliaia o milioni di
persone, la sua affermazione non è più una semplice menzogna ma diventa una menzogna corruttrice.
Una persona di tale ascendente, non può
non sapere che tale questione poggia in modo decisivo sull’aspetto storico,
anche se poi si può discutere all’infinito – come in effetti avviene – se l’esistenza
del cosiddetto Gesù di Nazareth è mera congettura o solida certezza.
Curiosando
«Uno dei più straordinari edifizi che possa
aver mai immaginato un pittore di paesaggi fantastici: una sorta di gradinata
titanica, come una cascata enorme di muraglie a scaglioni, un ammasso
gigantesco e triste di costruzioni, che offriva non so che aspetto misto di
sacro e di barbarico, come una necropoli guerresca o una rocca mostruosa,
innalzata per arrestare un'invasione di popoli, o per contener col terrore
milioni di ribelli. Una cosa strana, grande, bella davvero. Era la fortezza di
Fenestrelle».
Così
Edmondo de Amicis descrisse la fortezza piemontese in Val Chiosone, sul confine
italo-francese. La costruzione militare antica più lunga del mondo, dopo la
celeberrima muraglia cinese, ne ha viste di ogni tipo in quasi tre secoli. Fu
usata anche come prigione prima e durante l’epoca napoleonica, quando ospitò
importanti prelati, e pure dopo, in epoca sabauda, quando ospitò il vescovo di
Torino, mazziniani, garibaldini e borbonici.
mercoledì 11 settembre 2013
L'impero del dollaro
Un tempo si diceva – ed era vero – che la moneta fosse segno del valore, ossia segno del denaro, in altri termini dell’oro, una merce che per le sue
particolari caratteristiche è stata assunta come equivalente universale (a essa
sono commisurate tutte le merci). In altri termini la moneta, sia essa un
biglietto a corso forzoso o un saldo creditore in banca, risultava sempre
dall’acquisto da parte dell’emittente di un attivo di uguale valore (nei
bilanci delle banche centrali, l’attivo monetizzato figurava nell’attivo,
mentre figurava al passivo la moneta che lo rappresentava).
Da molto tempo la moneta non è più convertibile in
oro o con un attivo di uguale valore e perciò essa non è più segno del valore, ma semplicemente della carta colorata accettata convenzionalmente
e senza garanzia reale. In tal modo la condizione di eguaglianza permanente di
valore negli scambi non dipende più dall’equilibrio del bilancio della banca
emittente, ossia dalla possibilità della banca stessa di riassorbire le
disponibilità messe in circolazione.
Spesso i discorsi forbiti e zeppi di terminologie
gergali pronunciate fluentemente che si fanno intorno alla moneta, servono solo
per mistificare le conseguenze di questa
semplice realtà di fatto.
martedì 10 settembre 2013
Attrito
Non
comprenderò mai per quale motivo per prendere delle decisioni molto importanti
dei parlamentari debbano riunirsi di notte e non alle nove del mattino, quasi
che durante il giorno avessero chissà quali incombenze da sbrigare (*).
Il
sen. Silvio Berlusconi, senza aver letto Clausewitz, si comporta istintivamente
secondo il dettato dello stratega prussiano, ossia aumentando la complessità del
suo caso per generare attrito. I suoi legali sanno, per aver frequentato i
tribunali, e i suoi consiglieri pure, per aver frequentato il parlamento, che
più dura l’attrito e maggiori diventano – per i motivi che un altro noto
stratega ha definito il paradosso degli opposti – le probabilità di successo o
di raggiungere una posizione più vantaggiosa nell’attuale querelle.
Già
si parla di rinvio del voto.
(*)
Il disbrigo di faccende burocratiche è chiamato “incombenza”, come se
l’affaccendarsi tra le scartoffie fosse inteso come una calamità. La semplice
trasmissione di un documento, di un foglio di carta, avviene “per gli ulteriori
incombenti di competenza”, come si trattasse di trasferire gli effetti di un
castigo divino da un ufficio a un altro.
Mostri
Questo nella foto è un traghetto – si chiama Coraggio –, se confrontata con le mega navi da crociera
che transitano ogni giorno nel canale della Giudecca e nel bacino di San Marco, è una piccola nave.
Essendo la sua stazza modesta (per il mare, non per Venezia), lascia ben vedere l’orizzonte,
dove si possono scorgere diverse navi da crociera (in linea d'orizzonte c'è Marghera), queste sì molto grandi,
certamente, ma non quanto i villaggi turistici galleggianti di Costa e Msc che al momento di
queste foto non erano alla fonda.
rivoluzione, [ri-vo-lu-zió-ne] s.f.
Supponiamo
per assurdo e per paradosso che questo sistema economico non producesse più per
il profitto esagerato di pochi e per lo spreco (unico esempio di programmazione
su vasta scala di cui è capace il capitalismo, considerando come spreco per
eccellenza anche gli armamenti), ma producesse secondo un ordine razionale,
soddisfacendo i bisogni primari di tutti. Con i grandi mezzi
tecnico-scientifici oggi a disposizione, liberandoci dal tempo di lavoro non
necessario (oggi impiegato a produrre profitto e sprechi), potremmo dedicarci a
costruire a misura d’uomo e a considerare l’arte non come una branca
dell’industria del profitto, ma come la condizione normale ed essenziale
dell’attività umana. Ebbene, in tal caso, avremmo a che fare con una
collettività libera di organizzare la propria vita in equilibrio con la natura
e quindi con noi stessi, di decidere effettivamente della propria sorte.
E
invece cosa succede? È vero che il capitale ha bisogno di meno lavoro, ma è
vero altresì che il capitale ha sempre minor bisogno di lavoro in certe
condizioni e molto più bisogno di lavoro in altre e più vantaggiose condizioni
di sfruttamento. Il capitale non ammette che l’efficienza volta al massimo
rendimento, cioè il produrre nelle forme del massimo sfruttamento dei suoi
schiavi e delle risorse.
lunedì 9 settembre 2013
«Un patto tra Berlusconi e i boss, con la mediazione di Dell'Utri»
di Federico Scarcella
Per un ventennio Marcello Dell'Utri ha avuto rapporti con la
mafia, praticando una serie di comportamenti «tutt'altro che episodici,
profondamente lesivi di interessi di rilevanza costituzionale e agendo in
sinergia con l'associazione mafiosa». E' scritto nero su bianco nelle
motivazioni depositate dalla terza sezione della corte d'appello di Palermo,
che ha condannato l'ex parlamentare di Forza Italia e del Pdl a 7 anni di
reclusione. La stessa pena gli era stata inflitta nel precedente processo di
secondo grado, rimandato dalla Cassazione ad altra sezione d'appello affinché
approfondisse il periodo tra il 1978 e l'82, quando Dell'Utri aveva formalmente
chiuso il rapporto con le aziende di Silvio Berlusconi. Rapporto, spiegano ora
i giudici, che non si è mai interrotto.
L'ex capo di Publitalia, secondo il collegio presieduto da
Raimondo Lo Forti, ha fatto da mediatore tra Berlusconi e la mafia dal 1974 al
1992. Questo patto tra l'ex premier e
Cosa nostra ha una data: maggio 1974, quando Dell'Utri partecipa all'incontro
di Berlusconi con i boss Gaetano Cinà, Stefano Bontade e Mimmo Teresi, episodio
che «ha costituito la genesi - scrivono i giudici - del rapporto che ha legato
l'imprenditore e la mafia, con la mediazione di Dell'Utri».
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