martedì 18 giugno 2019

Ricorda qualcosa?


La Me.Fo GmbH, Metallurgische Forschungsgesellschaft m.b.H (Società per la ricerca in campo metallurgico), fu una società fittizia del Terzo Reich, inesistente nella realtà, ideata per finanziare la ripresa economica tedesca e il riarmo aggirando di fatto, con un artificio contabile, i limiti e le imposizioni che il Trattato di Versailles del 1919 aveva imposto alla Germania uscita sconfitta dalla prima guerra mondiale.

Questo sistema di finanziamento si basava su uno schema ideato nel 1934 dal ministro del Tesoro nazista Hjalmar Schacht, nel quale era prevista l’emissione di speciali obbligazioni a nome della summenzionata società fantasma, i cosiddetti Mefo-Wechsel. Grazie all'emissione di tali cambiali, a guisa di titoli di stato, il Tesoro poteva rastrellare liquidità da impiegare per favorire la ripresa e lo sviluppo economico della Germania oltre che la produzione di armamenti per soddisfare i suoi piani di riarmo.

MEFO era dunque l'acronimo riferito a una scatola vuota, a nome della quale si emisero siffatte obbligazioni senza gravare sul bilancio pubblico e senza creare inflazione, in quanto tali cambiali erano “spendibili” esattamente come il denaro entro i confini nazionali. John Maynard Keynes, riprendendo un'osservazione fatta da Hubert Douglas Henderson, così si era espresso nel 1941 riguardo al sistema ideato da Schacht: «il fatto che tale metodo sia stato usato a servizio del male, non deve impedirci di vedere il vantaggio tecnico che offrirebbe al servizio di una buona causa».


Scrive a tale riguardo Adam Tooze nel suo Il prezzo dello sterminio, ascesa e caduta dell’economia nazista (così l’editore italiano traduce The  Wages of Destruction, The Making and Breaking of the Nazi Economy):

«A partire dall’aprile del 1934 i fornitori di armamenti sarebbero stati pagati in buoni IOU [titoli di credito emessi in occasione del programma antidisoccupazione] emessi per conto della Mefo GmbH. Questa misteriosa società era stata costituita con capitale di un milione di Reichsmark, fornito dalla Verenigte Stahlwerke, dalla Krupp, dalla Simmens, dalla Deutsche Industrie Werke, della Gutehoffnungshütte (GHH). La Krupp e la Deutsche Industrie Werke erano grossi produttori di armamenti. La Deutsche Industrie Werke era proprietà del Reich. La Simmens e la Vereinigte Stahlwerke, pur traendo importanti benefici alla spesa militare, furono quasi certamente incluse nel programma per la loro notevole affidabilità finanziaria. Grazie a questi grandi nomi, le attestazioni di pagamento delle spese sostenute per il riarmo della Germania divennero garanzia accettabile per la Raichsbank. In cambio di un piccolo sconto, gli appaltatori potevano incassare i buoni emessi dalla Mefo presso la banca centrale. Alla fine, poiché davano degli interessi soddisfacenti ed erano effettivamente garantiti dal Reich, quei buoni rimasero in gran parte in circolazione. Ne vennero emessi alcuni nell’autunno del 1933 per aiutare i primi appaltatori della Lufwaffe a superare una crisi di liquidità. L’emissione su vasta scala iniziò nell’aprile del 1934, in coincidenza con la nuova campagna propagandistica che circondava la seconda ondata di misure antidisoccupazione.

Sotto tutti gli aspetti, tranne quello propagandistico, le misure antidisoccupazione del 1933 venivano scavalcate dalle decisioni adottate in tema di riarmo e di debito estero. La spesa militare era enormemente superiore a qualunque investimento pubblico mai previsto per la creazione di lavoro. In base all’accordo del giugno 1933, l’investimento militare sarebbe stato quasi il triplo di quello complessivamente previsto per le misure antidisoccupazione annunciate nel 1932 e nel 1933» (pp. 81-82).

Il giochino della doppia contabilità stava mostrando la corda già prima del II conflitto. La guerra (e la conquista) impose la sua legge (*).

Allora il fulcro del dibattito aveva un interrogativo fondamentale: la spesa pubblica, finanziata nel breve termine dall’emissione di nuova moneta, avrebbe potuto avere un impatto effettivo sulla produzione e sull’occupazione? Ricorda qualcosa questo? A gestire il piano e la finanza tedesca c’era un certo Hjalmar Schacht. Oggi abbiamo Savona, Bagnai, Borghi … .

*
Sia chiaro, la cartamoneta è segno del valore, non valore in sé; tuttavia quale rappresentante del denaro reale, la cartamoneta, pure elettronica e virtuale, non è una creazione arbitraria che si può gestire "a prescindere" e per lungo periodo senza incorrere in gravi “incidenti” (è titolo "fiduciario"). Perciò “stampare” moneta o altri “segni del valore” a go-go, specie nei paesi con forte indebitamento, e deboli politicamente e strategicamente, è senz’altro molto rischioso. Possono farlo, impunemente ed entro certi limiti, anzi traendone forte vantaggio, nazioni come gli Stati Uniti d’America, cioè delle superpotenze economiche e militari che possono imporre il corso della propria “carta colorata” e drenare valore. Ma anche gli Usa, che usavano la stampa di dollari per finanziare, tra l'altro, la guerra in Vietnam, dovettero interrompere la convertibilità del dollaro in oro, segno evidente che la “stampa” di moneta non è mai e in nessun caso “a prescindere”. L’altra faccia della “crisi petrolifera” del 1973-’74, era data proprio dal fatto che gli Usa avevano deciso che il dollaro dall’agosto 1971 sarebbe stato carta colorata senza vincolo col sottostante valore reale, cioè il suo cambio sarebbe stato stabilito su base discrezionale dai padroni del mondo (quello di allora e assai meno quello di oggi). I paesi produttori di petrolio, ma non solo, non la presero bene poiché i loro petrodollari in tal modo perdevano valore. Anche il prezzo dell'oro, equivalente universale, schizzò verso l'alto e con esso ovviamente anche i prezzi delle altre merci (compresa la forza-lavoro). Insomma, gli Usa potevano con il dollaro "drogare" il mercato, ma il mercato si prende sempre le sue rivincite.

(*) La persecuzione degli ebrei in Germania e in seguito nei paesi occupati, deve essere vista, sfrondata dal fanatismo ideologico funzionale al gioco, anche e forse soprattutto in chiave economica, cioè dal lato delle confische (rapine) che gli ebrei, ma non solo, subirono (e il loro impiego come schiavi non salariati nella produzione di guerra). Non di sole opere d'arte confiscate o acquistate a vil prezzo si nutriva la bestia.

3 commenti:

  1. Può piacere o no, ma aveva ragione Keynes.

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  2. Viene il dubbio.
    Chi sono i moderni "ebrei" ?
    Bisognerà inventarsi qualcosa.


    caino

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  3. sì, bisognerebbe ragionare sulle criptovalute che sembrano voler sondare il confine del denaro come di mezzo di pagamento dello scambio sociale

    il fenomeno, generato completamente dalla attualità capitalistica, per ora si mantiene in quei binari

    epperò in qualche modo smonta il circiuto bancario commerciale, ed è un salto non da poco

    lo zittito

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