sabato 22 aprile 2017

Sua maestà il caso

Augustinerkirche - Monumento funebre di Maria Cristina
Ad esso si ispirarono gli allievi del Canova
per realizzare quello della Chiesa dei Frari

Domenica sera stavamo in un ristorante di Grinzig. Subito dopo di noi entrava una comitiva di italiani. Un po’ di trambusto per l’assegnazione dei posti. Al tavolo fianco il nostro viene a sedersi una coppia che parla veneto. Da decodificazione fonetica localizzo la provincia. Lui, il marito, si reca alla toilette. Attacco bottone con la signora: veneti di dove? Dopo poche battute scopriamo che io e la signora abbiamo frequentato le elementari nella stessa scuola, anzi, eravamo nella medesima classe. Quando mi ha detto il suo cognome m’è venuto un tuffo al cuore. Grande è stata la sorpresa, e la commozione, dopo tanto tempo, di ritrovarci in un luogo così lontano e impensato.




Soprattutto ricordavo suo cugino, Claudio, coetaneo e con lo stesso cognome della signora. Fu mio vicino di banco e amico. Morì l’ultimo anno delle elementari, investito da un’auto mentre attraversava la strada rincorrendo il pallone. La compagna di scuola mi racconta che fu lo zio a raccoglierne il corpo, e, ricompostolo sul tavolo della cucina, lo cucì alla buona con un grosso ago da materassaio e dello spago. Era questo un dettaglio che già conoscevo, ma non sapevo se fosse vero.

Racconto alla mia ex compagna di scuola che anni prima avevo cercato invano la lapide di Claudio, ma non l’avevo più ritrovata nella tomba dov’era stato inumato in occasione dei funerali. Forse, pensai, è stato riesumato perché era trascorso un certo numero d’anni. No, mi risponde la cugina, Claudio trovò provvisoriamente posto in una tomba di certi conoscenti, fino a quando, qualche anno dopo, si liberò un loculo vicino a quelli di suoi parenti, nel sotterraneo del cimitero vecchio. Conosco bene, dissi, quel settore del cimitero vecchio, alla prima occasione porterò un fiore a Claudio. Poi parlammo d’altro e brindammo al nostro incontro.

Dopo cena abbiamo fatto due passi sulla via principale di Grinzig, un posto davvero carino sulle colline di Vienna e dove un tempo si produceva un vinello molto apprezzato. Tirava un vento gelido, il cielo prometteva pioggia, forse neve, la comitiva della mia ex compagna di scuola ripartiva e anche noi volevamo rientrare al più presto in albergo. Ci accomiatammo affettuosamente scambiandoci i numeri di cellulare. Se il caso non ci mette un’altra volta lo zampino non ci rivedremo più, tanto meno in quel di Grinzig.

*

Quella stessa domenica notte, forse causa della cena, sicuramente complice il vento e gli scrosci di pioggia (mancava solo la balalaika del dottor Živago), mi prese un’ambascia e un vago presentimento che m’accompagnarono fino al mattino. Cercai di distrarmi pensando che tutta l’asettica monumentalità asburgica non vale il chiostro di san Giovanni in Laterano ove si ammirano colonnette così sottili da far sembrare merletti di Burano i capitelli che li sovrastano. E poi urne cinerarie per intere famiglie, per sposi, per bimbi, che pure un tempo furono tra i viventi. Non c’è confronto tra le cappelle medicee e le cripte imperiali alle quali s’accede per una conciergerie che sembra quella di un hotel a tre stelle. E con queste ubbie quando albeggia finalmente m’addormento.

Ieri, tra la posta, trovo una lettera con un’intestazione che riconosco. Ogni anno l’agenzia dei servizi cimiteriali mi scrive indicando: il numero della tomba, il settore del cimitero, i servizi erogati per i quali, con il bollettino allegato, devo versare il dovuto entro una certa comoda data. Ed è a quel punto che riaffiora il presentimento, non più vago. Decido di telefonare all’agenzia cimiteriale per chiedere un’informazione. L’impiegato mi passa un suo collega, il quale dopo pochi secondi soddisfa la richiesta con precisione indicandomi il numero di loculo e il settore dov’è inumato Claudio. Certe cabale non si dimenticano. Il povero Claudio ha trovato infine posto nello stesso loculo nel quale, provvisoriamente, a suo tempo, fu inumata mia madre.

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