lunedì 30 settembre 2013

La grande Europa: pan con pan





Su El Pais!

Diatribe


Debbo una risposta a Gianni che in un suo commento a questo post mi segnalava, a proposito di Gesù, il libro di Bart D. Ehrman, Gesù è davvero esistito?, ora in libreria. Non l’ho fatto prima perché per dare una risposta dovevo leggere il libro di Ehrman; ora che l’ho compulsato per bene e l’ho letto integralmente nei capitoli decisivi, posso offrire una qualche considerazione con cognizione.

Si potrebbe osservare che con quello che succede in giro, occuparsi di questi temi è come prendersi briga di stabilire il sesso degli angeli. Non sono d’accordo con l’osservazione. Se è normale che i preti si occupino di queste cose in quanto guardiani del mito dio/uomo, qualche sospetto dovrebbe venirci se a occuparsene abbondantemente è l’intero sistema della comunicazione sociale (*).

sabato 28 settembre 2013

Per il regno dei cieli


L’islam sarà pure contro l’omosessualità, ma leggendo la sûra LII e la LVI, nell’ediz. Utet 1967, più di qualche dubbio è legittimo a riguardo della pederastia. Quelli che (maschi jihadisti) saranno risparmiati dal supplizio dell’inferno (giahîm), si faranno pantagrueliche mangiate e ciclopiche bevute (LII, 19), peraltro “sdraiati su letti affiancati” (20). Ognuno sarà pignoratario di ciò ch’egli si è guadagnato (21) e avrà frutta e carne secondo il proprio gusto, e circoleranno tra questi beati “paggi propri, simili a perle nascoste”. La sûra LVI insiste che, tra tutti i pii musulmani, saranno gli approssimati (i più vicini a Dio) a goderne maggiormente nei Giardini di Delizie, “su letti sprimacciati (15), gli uni di fronte agli altri staranno reclinati” (16) e “gireranno fra loro paggi eterni” (17) con calici e con coppe di vino paradisiaco. E sul vino in ambito islamico ha già detto tutto Omar Khayyam. Sui paggi, belli come perle nascoste che eternamente s’aggirano tra le brande degli jihadisti, le note del traduttore restano mute, e non ho trovato molto in internet, ma debbo ammettere che – malgrado qualche stretto contatto di gioventù con questo ramo della progenie abramitica – ho qualche non lieve difficoltà con la lingua; tuttavia non ci vuol molto a capire che quelle perle di paggi non figurano come semplici camerieri, e che la loro bella presenza allude ad intimi servizietti, come quelli delle concubine (houri). Con simili promesse di ricompensa celeste, lo credo bene che non manchino volontari suicidi.  



Sansone e i pigmei


Muoia Sansone con tutti i filistei. Sansone è Lui e i filistei, vai a capire chi fossero effettivamente, siamo Noi.

Resipiscenza zero, si duole il presidente della repubblica a vita, il quale si è commosso alle lacrime in occasione della commemorazione di tale Luigi Spaventa, che fu uomo di Prodi, perciò probabilmente uno tra i tanti responsabili del disastro attuale. Sicuramente fu un galantuomo, tanto da meritare di essere fatto ministro di Ciampi, ossia dall’ex governatore della Bana d’Italia, poi ministro del tesoro, quindi premier, e infine presidente della repubblica. Se le cose poi sono giunte fin qui come sono, non possiamo avere alcun sospetto di una loro pur lieve responsabilità.

E ha figurato, Spaventa, anche nelle liste di quel partito che per farsi apporre il timbro atlantico di “legittimazione” ha dato mostra di essere più liberista di qualsiasi altro dell’occidente. Una scelta “strategica”, come s’è visto. E con quale coraggio, dopo aver fatto da palo per vent’anni, sia pure in nome e per conto del “superiore interesse” dei derubati, ora rinfacciano al furfante di Arcore di essere un brutto ceffo!

Tutto questo non è novità se sette secoli or sono qualcuno scriveva: Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!

venerdì 27 settembre 2013

Purtroppo la storia


Mi dicono che nelle scuole non s’insegni (quasi) più la geografia. Mi pare giusto, perché perdere tempo quando ci sono GPS e Google maps. Purtroppo, invece, si continua a insegnare storia. Dico purtroppo non perché c’è Wikipedia (altra fonte di catastrofi), ma perché l’insegnamento della storia a scuola provoca più danni che benefici. Non lo dico provocatoriamente, si tratta di un fatto. Prendiamo un esempio concreto che avevo sotto gli occhi questa mattina leggendo un noto blog di gente molto esperta:

«Costui asseriva che fuori dall’euro avremmo patito la medesima sorte della Repubblica di Weimar, costretti a trasportare il denaro con il carrello della spesa per comprare beni di prima necessità.  Vorrei rammentare che semmai è vero il contrario, cioè che la Germania weimariana si ritrovò in quelle condizioni catastrofiche proprio a causa di vincoli vessatori esterni, tra esorbitanti riparazioni di guerra, imposizione di tagli alla spesa pubblica per la sostenibilità del bilancio e la solvibilità dei debiti contratti, nonché per le  scorrerie della finanza internazionale che speculava e si ingrassava a spese dei tedeschi. Vi ricorda qualcosa? La decadenza si arrestò con la nomina di Hitler a Cancelliere. Hitler compì il miracolo, impensabile solo qualche mese prima … .»

Ad occhio e croce, almeno nove studenti su dieci (e non solo studenti) risponderebbero, a proposito dell’iperinflazione tedesca durante Weimar, proprio allo stesso modo di cui s’è espresso l’esperto (?) qui sopra. E almeno 9 insegnanti su 10 non avrebbero nulla da ridire su questa sciocchezza clamorosa.


giovedì 26 settembre 2013

Un leader


Gesù è il personaggio sul quale s’è scritto di più, in assoluto (*). In generale se ne sono occupati i teologi e i filosofi (il che è normale), i giornalisti e i polemisti (per dialettica mercantile), e una teoria infinita di scribacchini che infine un piccolo editore, al quale far stampare le loro inedite scoperte in mille copie numerate e firmate dall’Autore, lo scovano sempre, magari coprendo per intero le spese. Insomma, scorrendo le bibliografie sul tema, di autori con la targhetta di “storico professionista” se ne trovano davvero pochini. Per quale motivo? Provo con una risposta, e si porti pazienza se non è abbastanza originale.

(*) In Italia, per esempio, nemmeno su Berlusconi s’è scritto di più.

mercoledì 25 settembre 2013

Rassegna stampa


Non so se per rispetto di contratto o per improbabile scelta, fatto sta che Repubblica pubblica in traduzione un articolo di Paul Krugman dal titolo significativo: Gli americani liberi, ma di morire di fame, titolo che traduce quello originale: Free to Be Hungry, apparso alcuni giorni or sono sul New York Times con 1357 commenti dei lettori. Un altro articolo sullo stesso tema, Krugman l’aveva scritto, se ricordo bene, nel maggio scorso. Quello del taglio delle risorse destinate a sostegno dei buoni alimentari (food stamps) per 48 milioni di americani è dunque un tema scottante negli Usa (in questo blog ne scrivo dal 2010).

Due cose m’incuriosiscono di questo articolo e di altri che compaiono nella stampa Usa, ossia il fatto che unanimemente si dà per terminata la fase recessiva nell’anno 2009 (anche se si ammette che i suoi effetti continuano). L’altra riguarda questo modo comune di ragionare: una notizia buona almeno c'è ed è che i buoni pasto se non altro hanno alleviato le difficoltà, mantenendo milioni di americani alla larga dalla povertà”. Ho già osservato in un post recente, che è come dire che i poveri che frequentano le mense di carità ipso facto non sono più dei poveri. Come far capire a chi ha caldo che cos’è il freddo?

martedì 24 settembre 2013

La prossima volta chieda l'imprimatur


A volte conversando con qualcuno su determinati argomenti di carattere sociale o storico, capita che l’interlocutore, non condividendo la tua tesi, invece di confutarla con argomenti pertinenti, decida di tagliar corto chiedendoti a bruciapelo: “Ma lei ha letto il libro del tal dei tali?”. La domanda poggia sulla segreta speranza che tu quel libro non l’abbia nemmeno sentito nominare, in modo poi da poterti menare come il can per l’aia.

Non di rado l’opera estratta dal cilindro dal tuo interlocutore non è tradotta in italiano, oppure è un lavoro minore al quale egli mostra di assegnare un valore fondamentale e dirimente, mostrandosi eventualmente stupito del fatto che tu quel libro non lo tenga sopra il comodino. Certe situazioni contingenti sconsigliano di mandarlo cordialmente a cagare, e perciò potrai rispondergli per le rime solo se per caso hai letto quel libro. Eventualità questa remota, perché, come detto, nella scelta dell’opera il tuo interlocutore si fa forte del fatto che nessuno ha letto tutta la pubblicistica su una vexata qæstio che dura da secoli.

Può capitare anche, ed è di ciò che voglio dire, che l’autore di un saggio riceva da un lettore una lettera nella quale, senza entrare nel merito delle argomentazioni sviluppate nel libro, è scritto papale che le tesi sostenute nel libro sono solo un parlare avventatoe non degne di rango scientifico”. E, come se ciò non bastasse, con la stessa missiva s’invita in modo deciso” l’autore a rendersi un po' più competente da un punto di vista” della materia trattata. Per agevolarlo nel compito, il mittente lo sollecita a prendere contatto diretto con quattro poderosi volumi in tedesco, esempio “eccellente di precisione e di amplissima informazione”.

Alla lettera di un simile villano si potrebbe rispondere in molti modi (tutti molto didascalici a mio avviso), oppure, preferibilmente, non rispondergli affatto.

La finzione democratica


Da quando Dio è morto e la rivoluzione sociale non alimenta più i sogni, le sfide e il desiderio di chi teme ora di perdere posizioni, anche la speranza sembra tramontata nelle schiere mercenarie del capitale. Solo così è possibile spiegare il prevalere in Occidente di un sapiente miscuglio di pessimismo e cinismo generalizzato tipico delle epoche di grande crisi, quelle di passaggio tra un vecchio mondo che non vuol morire e quello nuovo che annuncia l’imminenza del diluvio.

In attesa che la ripresina aiuti i consumi e questi aiutino la ripresina, che il senato dichiari decaduto Berlusconi dopo che questi ha dichiarato estinto lo Stato, che un governo inerte succeda a un altro, che la Chiesa recuperi ruolo e offra protezione al gregge, in attesa ancora che Obama valuti se dichiarare guerra per cento gasati e non per centomila crivellati di piombo, insomma incurante dei mali che ognuno patisce, così come della curva variabile dei mercati, il processo storico va avanti.

lunedì 23 settembre 2013

De te fabula narratur


Scriveva Cicerone:

Illiberales autem et sordidi quaestus mercennariorum omnium, quorum operae, non quorum artes emuntur; est enim in illis ipsa merces auctoramentum servitutis. […] Opificesque omnes in sordida arte versantur; nec enim quicquam ingenuum habere potest officina (De officiis, I, CL).

Indegni di un uomo libero e sordidi sono anche i guadagni di tutti i mercenari, dei quali si compra il lavoro manuale, e non l’abilità; poiché in essi la mercede è per se stessa il prezzo della loro servitù. […] Anche gli artigiani tutti esercitano un mestiere volgare; una bottega infatti non può avere nulla di degno di un uomo.

Insomma, il lavoro manuale nell’antica Roma era considerato degno di schiavi, ed infatti, in genere, erano gli schiavi, numerosissimi, a sobbarcarsi delle fatiche del lavoro manuale e dei più diversi servizi, domestici e commerciali.

È un fatto che l’uomo moderno in generale non s’avveda di ciò che invece era palese per qualsiasi uomo antico, ossia che un uomo che lavora per un altro uomo è il suo schiavo. Ciò vale sia nel caso il lavoratore venda il proprio lavoro a un padrone individuale sia che la proprietà si configuri come capitalista collettivo.

Un'espressione geografica


L’esito delle elezioni tedesche mostra come l’elettorato di quel paese abbia le idee chiare e come i due più grandi partiti siano sostanzialmente concordi nel perseguire una strategia comune, ossia i superiori interessi della Germania.

La situazione politica italiana mostra per contro un elettorato diviso e confuso, e come i tre grandi partiti, non solo siano sprovvisti di un barlume di strategia sostanzialmente comune per quanto riguarda gli interessi generali del paese, ma siano privi di una qualsiasi idea diversa dalla mera riproduzione del loro potere e della difesa dei più variegati e illeciti interessi particolari.

Il Pd è un semplice cartello elettorale in lotta permanente al proprio interno su tutto; il partito di Grillo persegue gli obiettivi del megalomane che l'ha fondato; il partito di Berlusconi non ha bisogno di essere qualificato poiché è nato ed esiste solo in cura agli interessi del padrone e dell’entourage di corte.

La diatriba politica, parlamentare e mediatica, tira avanti da mesi, anzi da anni, sulle vicende personali di Berlusconi, sulle liti tra fazioni all’interno del Pd, sui vaticini strampalati di un duo di psicotici, e sulle beghe per questioni assolutamente secondarie con le quali si distrae un paese saccheggiato e vilipeso da tutti.

Tutto ciò è singolare in Europa, e dimostra che l’Italia è un paese in cui, di là delle apparenze, vige un regime effettivamente diverso da una democrazia di tipo parlamentare, ossia un sistema di stampo feudale.


venerdì 20 settembre 2013

Stelle e sbarre


Ieri ho visto La 25ª ora, un film del 2002 diretto da Spike Lee e tratto dal romanzo omonimo scritto da David Benioff. È la storia di uno spacciatore di droga, bianco e bellino, istruito e intelligente, che grazie a una spiata viene arrestato con un chilo di roba. Gli viene chiesto di collaborare per incastrare il capo della gang, ma lui non ci sta e perciò subisce una condanna più severa: sette anni.

Il film narra il suo ultimo giorno di libertà prima di partire, accompagnato dal padre, per il carcere. Il finale ovviamente non lo racconto. La cosa più interessante del film – a mio avviso – è l’idea che il regista offre allo spettatore della realtà carceraria, la sua abilità è di farlo senza mostrare un solo fotogramma delle prigioni, risultando comunque molto persuasivo. Tanto che i critici del film non contestano la sua ricostruzione.

Gli Stati Uniti hanno meno del 5 per cento della popolazione mondiale e un quarto dei detenuti di tutto il mondo. Al 31 dicembre 2011 i dati dell’US Bureau of Justice Statistics indicano in più di 2,3 milioni i detenuti tra prigioni locali (circa 735mila) e prigioni statali o federali (1.598.780). Poco meno di un detenuto ogni 100 abitanti (in Italia siamo a un detenuto ogni 1.000).

giovedì 19 settembre 2013

Solo dei numeri


Scriveva ieri l’altro il New York Times:

«Il Census Bureau ha riferito ieri che il tasso di povertà in America si è mantenuto stabile tra il 2011 e il 2012, a circa il 15 per cento. Secondo la stima ufficiale, la povertà oggi è più alta di quanto non fosse nel 1973, quando ha raggiunto il minimo storico del 11,1 per cento».

E tuttavia il NYT non ci sta, dice che questi dati ufficiali dell’ufficio statistico governativo non tengono conto, nel calcolare i redditi dei cittadini poveri, degli aiuti che questi cittadini ricevono dal governo.

Bel modo di ragionare questo: è come se in Italia, per fare un paragone, si scrivesse che i poveri non sono poi tanto poveri poiché diversi di loro hanno accesso alle mense di carità e ad altri tipi di assistenza. Le persone povere che hanno la “fortuna” di ricevere degli aiuti, non per questo cessano di essere povere. Ma questo concetto non può entrare facilmente nella zucca di persone ricche o benestanti che vivono in un certo ambiente sociale e culturale.


mercoledì 18 settembre 2013

Se cedesse per viltà


Se la classe operaia cedesse per viltà
nel suo conflitto quotidiano con il capitale,
si priverebbe essa stessa della capacità
d’intraprendere un qualsiasi movimento più grande (*).


Le prime due parti del post sono un po’ tecniche, ma la loro comprensione per chi è appassionato a decifrare questioni di ben altra natura e momento – per esempio d’ingegneria idraulica e navale – dovrebbe essere uno scherzo.

*

martedì 17 settembre 2013

L'Italia "ruota" e l'Argentina affonda



Nel frattempo che qualcosa è “ruotato” per il verso giusto, sono migliaia in tutta Italia gli alunni costretti a uscire dal refettorio perché i genitori non hanno i soldi per la retta, quando non muoiono negli ospedali per emorragia provocata dall’impianto di catetere per adulti al posto di quello per i bambini (erano finiti!). Consoliamoci con il fatto che “l’acqua è limpida” e “la nave s’è alzata”.


* * * 

Avvertite Beppe Grillo che l’Argentina è a un passo dal default. Giusto un anno fa nel suo blog comparve un lungo articolo nel quale si vantava che «con un anticipo rispetto alla scadenza di 16 mesi, la presidente della Repubblica Argentina, Cristina Kirchner, si presenta alla sede di Manhattan del FMI con […] un assegno di 12 miliardi di euro intestato al FMI con scadenza 31 dicembre 2013, che il governo argentino ha versato poche ore prima».

lunedì 16 settembre 2013

Ritratto di un uomo azzardato


Il suo nome, Richard (Dick) Severin Fuld jr., immagino dica nulla a molti, presi come siamo dalle altalenanti vicende politico giudiziarie della più insigne figura di statista degli ultimi centocinquant’anni, e dal relativo iter procedurale – a dir poco bizantino – di applicazione della legge 235/2012 nei suoi confronti. Del resto poco c’importa anche del gorgo miliardario di Montepaschi, ma lasciamo stare certi discorsi che sennò poi a qualche lettore viene la depressione e potrei trovarmi in causa per danni esistenziali irreversibili.

Dick Fuld all’età di 23 anni aveva tra le mani un B.A. (Bachelor of Art) e un B.S.( Bachelor of Science) dell’università del Colorado, e poi anche un MBA (Master of Business Administration) presso la Stern School of Business (che quanto a classifica internazionale è un pelino “più meglio” della Bocconi). La sua passione per il volo portò Dick a prestare servizio come allievo pilota presso l’Air Force, ma a causa di uno scambio di vedute troppo vivace con il suo comandante – come riferirà molto più tardi il NYT –, dovette lasciare l’ala e dedicarsi a faccende più terrene. Come si suole dire, il destino (pardon, il caso) è cieco ma quando si tratta di gente con il pedigree di Dick qualche dubbio in proposito è lecito.

domenica 15 settembre 2013

Quelli che credono ... in "qualcosa"


È noto che i classici del marxismo consideravano la religione come un serio avversario della concezione scientifica del mondo e ribadivano continuamente la necessità di sottoporla ad una critica valida e persuasiva. Nondimeno anche ai nostri giorni sarebbe urgente un’analisi completa della dialettica tra la sfera materiale e quella spirituale all’interno della società capitalistica, e invece, per contro, noi lasciamo che ad occuparsene siano personaggi al servizio della borghesia.

In tal modo noi sappiamo poco, dal punto di vista della scienza marxista, dei meccanismi e dei mezzi di formazione della personalità religiosa, la quale ha subito dei notevoli mutamenti rispetto al passato, quando la massa dei credenti erano perlopiù individui semianalfabeti o digiuni di nozioni scientifiche, persone insomma, come molti dei nostri genitori, che conservavano la fede solo per educazione e attaccamento alla tradizione.

sabato 14 settembre 2013

La spontanea conseguenza della natura del processo


Il crollo della banca di investimento Lehman Brothers, cinque anni fa, il 15 settembre 2008, avvenuto soprattutto per effetto del crollo dei derivati in cui erano impacchettati i mutui a rischio, non ha segnato solo l'inizio di una crisi finanziaria globale, ma ha messo in moto una serie di processi che mostrano le relazioni e le contraddizioni economico-politiche essenziali del capitalismo mondiale.

Il carattere non transitorio della crisi è dato prima di tutto dal fatto che il sistema non può rimuovere o sanare – in conseguenza della natura stessa della produzione capitalistica e come necessità logica del suo sviluppo (*) – le divaricanti contraddizioni, giunte a un punto di criticità tale che qualsiasi azione politica di contrasto produrrebbe nel più favorevole dei casi solo effetti limitati e dilazionatori.

giovedì 12 settembre 2013

L'inganno


Quando una persona afferma di essere “non credente da molti anni [ma] interessato e affascinato dalla predicazione di Gesù di Nazareth”, pone la questione nella forma di una menzogna. E oggi, in piena epoca d’istruzione di massa e di comunicazione diffusa, non ci sono vittime innocenti dell’inganno di questo tipo. Oggi l’ignoranza non assolve, e nemmeno attenua le responsabilità, così come non è possibile che la vittima dell’inganno non sia in qualche modo complice.

La vittima, per dirla con una metafora, diventa veicolo del parassita, e poco importa il movente segreto dell’inganno e dell’autoinganno.

Se poi tale persona gode grande prestigio intellettuale e di una posizione sociale che gli permette di rivolgersi a centinaia di migliaia o milioni di persone, la sua affermazione non è più una semplice menzogna ma diventa una menzogna corruttrice.

Una persona di tale ascendente, non può non sapere che tale questione poggia in modo decisivo sull’aspetto storico, anche se poi si può discutere all’infinito – come in effetti avviene – se l’esistenza del cosiddetto Gesù di Nazareth è mera congettura o solida certezza.

Curiosando


«Uno dei più straordinari edifizi che possa aver mai immaginato un pittore di paesaggi fantastici: una sorta di gradinata titanica, come una cascata enorme di muraglie a scaglioni, un ammasso gigantesco e triste di costruzioni, che offriva non so che aspetto misto di sacro e di barbarico, come una necropoli guerresca o una rocca mostruosa, innalzata per arrestare un'invasione di popoli, o per contener col terrore milioni di ribelli. Una cosa strana, grande, bella davvero. Era la fortezza di Fenestrelle».

Così Edmondo de Amicis descrisse la fortezza piemontese in Val Chiosone, sul confine italo-francese. La costruzione militare antica più lunga del mondo, dopo la celeberrima muraglia cinese, ne ha viste di ogni tipo in quasi tre secoli. Fu usata anche come prigione prima e durante l’epoca napoleonica, quando ospitò importanti prelati, e pure dopo, in epoca sabauda, quando ospitò il vescovo di Torino, mazziniani, garibaldini e borbonici.

mercoledì 11 settembre 2013

L'impero del dollaro



Un tempo si diceva – ed era vero – che la moneta fosse segno del valore, ossia segno del denaro, in altri termini dell’oro, una merce che per le sue particolari caratteristiche è stata assunta come equivalente universale (a essa sono commisurate tutte le merci). In altri termini la moneta, sia essa un biglietto a corso forzoso o un saldo creditore in banca, risultava sempre dall’acquisto da parte dell’emittente di un attivo di uguale valore (nei bilanci delle banche centrali, l’attivo monetizzato figurava nell’attivo, mentre figurava al passivo la moneta che lo rappresentava).

Da molto tempo la moneta non è più convertibile in oro o con un attivo di uguale valore e perciò essa non è più segno del valore, ma semplicemente della carta colorata accettata convenzionalmente e senza garanzia reale. In tal modo la condizione di eguaglianza permanente di valore negli scambi non dipende più dall’equilibrio del bilancio della banca emittente, ossia dalla possibilità della banca stessa di riassorbire le disponibilità messe in circolazione.

Spesso i discorsi forbiti e zeppi di terminologie gergali pronunciate fluentemente che si fanno intorno alla moneta, servono solo per mistificare le conseguenze di questa semplice realtà di fatto.

martedì 10 settembre 2013

Attrito


Non comprenderò mai per quale motivo per prendere delle decisioni molto importanti dei parlamentari debbano riunirsi di notte e non alle nove del mattino, quasi che durante il giorno avessero chissà quali incombenze da sbrigare (*).

Il sen. Silvio Berlusconi, senza aver letto Clausewitz, si comporta istintivamente secondo il dettato dello stratega prussiano, ossia aumentando la complessità del suo caso per generare attrito. I suoi legali sanno, per aver frequentato i tribunali, e i suoi consiglieri pure, per aver frequentato il parlamento, che più dura l’attrito e maggiori diventano – per i motivi che un altro noto stratega ha definito il paradosso degli opposti – le probabilità di successo o di raggiungere una posizione più vantaggiosa nell’attuale querelle.

Già si parla di rinvio del voto.


(*) Il disbrigo di faccende burocratiche è chiamato “incombenza”, come se l’affaccendarsi tra le scartoffie fosse inteso come una calamità. La semplice trasmissione di un documento, di un foglio di carta, avviene “per gli ulteriori incombenti di competenza”, come si trattasse di trasferire gli effetti di un castigo divino da un ufficio a un altro.

Mostri




Questo nella foto è un traghetto – si chiama Coraggio –, se confrontata con le mega navi da crociera che transitano ogni giorno nel canale della Giudecca e nel bacino di San Marco, è una piccola nave. Essendo la sua stazza modesta (per il mare, non per Venezia), lascia ben vedere l’orizzonte, dove si possono scorgere diverse navi da crociera (in linea d'orizzonte c'è Marghera), queste sì molto grandi, certamente, ma non quanto i villaggi turistici galleggianti di Costa e Msc che al momento di queste foto non erano alla fonda.




rivoluzione, [ri-vo-lu-zió-ne] s.f.


Supponiamo per assurdo e per paradosso che questo sistema economico non producesse più per il profitto esagerato di pochi e per lo spreco (unico esempio di programmazione su vasta scala di cui è capace il capitalismo, considerando come spreco per eccellenza anche gli armamenti), ma producesse secondo un ordine razionale, soddisfacendo i bisogni primari di tutti. Con i grandi mezzi tecnico-scientifici oggi a disposizione, liberandoci dal tempo di lavoro non necessario (oggi impiegato a produrre profitto e sprechi), potremmo dedicarci a costruire a misura d’uomo e a considerare l’arte non come una branca dell’industria del profitto, ma come la condizione normale ed essenziale dell’attività umana. Ebbene, in tal caso, avremmo a che fare con una collettività libera di organizzare la propria vita in equilibrio con la natura e quindi con noi stessi, di decidere effettivamente della propria sorte.

E invece cosa succede? È vero che il capitale ha bisogno di meno lavoro, ma è vero altresì che il capitale ha sempre minor bisogno di lavoro in certe condizioni e molto più bisogno di lavoro in altre e più vantaggiose condizioni di sfruttamento. Il capitale non ammette che l’efficienza volta al massimo rendimento, cioè il produrre nelle forme del massimo sfruttamento dei suoi schiavi e delle risorse.

lunedì 9 settembre 2013

«Un patto tra Berlusconi e i boss, con la mediazione di Dell'Utri»

di Federico Scarcella

Per un ventennio Marcello Dell'Utri ha avuto rapporti con la mafia, praticando una serie di comportamenti «tutt'altro che episodici, profondamente lesivi di interessi di rilevanza costituzionale e agendo in sinergia con l'associazione mafiosa». E' scritto nero su bianco nelle motivazioni depositate dalla terza sezione della corte d'appello di Palermo, che ha condannato l'ex parlamentare di Forza Italia e del Pdl a 7 anni di reclusione. La stessa pena gli era stata inflitta nel precedente processo di secondo grado, rimandato dalla Cassazione ad altra sezione d'appello affinché approfondisse il periodo tra il 1978 e l'82, quando Dell'Utri aveva formalmente chiuso il rapporto con le aziende di Silvio Berlusconi. Rapporto, spiegano ora i giudici, che non si è mai interrotto.

L'ex capo di Publitalia, secondo il collegio presieduto da Raimondo Lo Forti, ha fatto da mediatore tra Berlusconi e la mafia dal 1974 al 1992. Questo patto tra l'ex premier e Cosa nostra ha una data: maggio 1974, quando Dell'Utri partecipa all'incontro di Berlusconi con i boss Gaetano Cinà, Stefano Bontade e Mimmo Teresi, episodio che «ha costituito la genesi - scrivono i giudici - del rapporto che ha legato l'imprenditore e la mafia, con la mediazione di Dell'Utri».