Ieri ho ricevuto un commento al post che dava conto su un paio di frasi proferite da Margherita Hack. Il commento (si fa per dire) è stato assai conciso: «fregnacce».
La Hack sostiene che non è possibile dimostrarne l’inesistenza oppure l’esistenza di dio.
«Ogni limitazione della ragione o dell’essenza dell’uomo in genere si basa su un inganno, su un errore.
[…] se pensi l’infinito, pensi e confermi l’infinità della facoltà di pensare; se tu senti l’infinito , senti e confermi l’infinità della facoltà di sentire. L’oggetto della ragione è la ragione oggetto a se stessa, l’oggetto del sentimento è il sentimento oggetto a se stesso».
Eccetera , eccetera. Feuerbachianamente si potrebbe dire che ignorare Feuerbach è ignorare l’essenza stessa della critica religiosa. Infatti Feuerbach non nega dio, ma lo colloca nella dimensione dell'umana volontà di trascendenza, come proiezione.
«[…] un Dio impersonale non è un Dio […] egli non è nient’altro che l’essenza personale dell’uomo che si pone al di fuori di ogni legame con il mondo, che si rende libero da ogni dipendenza della natura. Nella personalità di dio l’uomo celebra la soprannaturalità, l’immortalità, l’indipendenza e la non limitatezza della sua personalità propria».
«[…] un Dio impersonale non è un Dio […] egli non è nient’altro che l’essenza personale dell’uomo che si pone al di fuori di ogni legame con il mondo, che si rende libero da ogni dipendenza della natura. Nella personalità di dio l’uomo celebra la soprannaturalità, l’immortalità, l’indipendenza e la non limitatezza della sua personalità propria».
«Alla base dello sforzo di voler fondare la personalità di Dio tramite la natura sta una commistione disonesta, scellerata, di filosofia e religione, una mancanza completa di critica e di coscienza sull’origine del Dio personale».
Ludwig Feuerbach, L’essenza del cristianesimo, ediz. integr., Ponte alle grazie, pp. 69, 71 e 154 (nell’ediz. Laterza: pp. 31, 33 e 115). I corsivi sono dell’Autore.
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