Il
15 gennaio, Kurt von Schuschnigg, allora ministro austriaco della Giustizia, in
visita dal cancelliere Schleicher, assicurò che «il signor Hitler ha cessato di
costituire un problema, il suo movimento non rappresenta più un pericolo
politico, tutta la questione è risolta, non è più che una cosa del passato».
Quello che il ministro austriaco forse non sapeva, ma di cui Schleicher era
abbastanza avvertito, è che per tutto il mese di gennaio von Papen e la lobby
agraria e gli elementi più aggressivi delle forze armate si erano dati un gran
daffare per convincere Hindenburg a dimissionare Schleicher ed ad aprire la
porta ad un esecutivo Hitler-Papen, nella convinzione di poter poi manovrare a
piacimento il capo del NSDAP. Da ultimo, a far pressione, si era aggiunto anche
Oskar, il figlio del presidente.
Due
giorni prima dell’arrivo di von Blomberg al palazzo presidenziale, il generale
Schleicher aveva rassegnato le proprie dimissioni nelle mani del presidente
Hindenburg. Già alcuni giorni prima, il 23 gennaio, in una precedente visita,
aveva comunicato all’ottuagenario feldmaresciallo di non essere riuscito a
formare una maggioranza e pertanto invocava poteri d’emergenza per governare
mediante decreti, in base all’art. 48 della Costituzione. Questa insistenza per
ottenere i poteri d’emergenza, collegata con la proposta di provvedimenti
contro lo scandalo degli “aiuti orientali”, irritava il presidente. Sarebbero
bastati un paio di mesi, quindi la convocazione di nuove elezioni (che a quel
punto i nazisti, vista la loro situazione, esplicitamente temevano) e le
previsioni del ministro austriaco della Giustizia, così come quelle di tutti
gli altri osservatori, si sarebbero avverate. A quel punto sarebbe sortita
dalle urne una situazione nuova, in cui sarebbe stata possibile una coalizione
tra moderati di centro e di sinistra.
Hindenburg
si rifiutò di accordare pieni poteri a Schleicher, Papen e la camarilla di
palazzo gli avevano assicurato che con un governo dove lo stesso Papen fosse
stato vicecancelliere del Reich e primo ministro della Prussia, quindi in un
gabinetto con il NSDAP in netta minoranza, Hitler in qualità di cancelliere si
sarebbe potuto cavalcare e manovrare a piacimento. Hindenburg accettò e pose la
condizione che Hitler nelle sue visite alla presidenza fosse sempre accompagnato
da von Papen. Congedando Schleicher, Hindenburg gli aveva detto: «Ho già un
piede nella tomba e non sono certo che in seguito, in cielo, non rimpiangerò
una simile azione». Schleicher, abbattuto e disilluso, gli rispose: «Non sono
certo, signore, che dopo questo tradimento voi andrete in cielo».
La
borghesia e gli agrari tedeschi volevano farla finita con la Repubblica e la
democrazia, essi puntavano sul ritorno a una Germania di tipo imperiale. La
nobiltà e l’esercito chiedevano il ripristino degli antichi privilegi di casta,
nonostante la Repubblica avesse trattato le classi alte – come scrive Shirer
nella sua opera sul Terzo Reich – con estrema generosità e tolleranza: «Aveva permesso all’esercito di continuare a
costituire una specie di Stato entro lo Stato, aveva dato modo agli uomini d’affari
e ai banchieri di realizzare ampi profitti e agli Junker di mantenere le loro
proprietà improduttive mediante prestiti del governo, che non venivano mai ripagati
e che solo di rado venivano usati per la miglioria delle loro terre [p.
205]». Dal canto loro, i conservatori e i nazionalisti più moderati, non
assunsero mai responsabilità di governo o di opposizione. Per quanto riguarda i
comunisti, essi perseguivano la “strategia” di Mosca di contrapposizione dura
ai socialdemocratici, spezzando l’unità politica delle classi lavoratrici.
Mancando una classe media politicamente forte, l’instabilità e il
mercanteggiamento politico erano inevitabili. Il ruggito più forte venne dalla
crisi economica.
Torniamo
a quel primo mattino del 30 gennaio, nell’anticamera dell’ufficio presidenziale
dove ad attendere di essere ricevuto da Hindenburg c’è il nostro generale von
Blumberg, il quale, va detto, era caduto “sotto l’ascendente del proprio capo
di stato maggiore von Reichenau” che, come abbiamo visto, era divenuto un
fervente sostenitore di Hitler. La porta dello studio presidenziale s’aprì e
fece capolino Meissner, che con un cenno cortese invitò il generale ad entrare.
Hindenburg lo accolse con cordialità, anche se dalla sua faccia era evidente
uno stato di forte tensione e forse di malessere. La conversazione, dopo i
primi convenevoli, si spostò sulla Conferenza di Ginevra, sulla quale Blomberg
ragguagliò il presidente per sommi capi. Si passò poi, più volentieri, al tema della
convocazione urgente, cioè la situazione politica e l’intendimento del
presidente di conferire a Hitler-Papen l’incarico di formare un nuovo
esecutivo. Hindenburg offrì a Blomberg la poltrona di Ministro delle forze
armate, con il chiaro mandato di mantenere l’ordine e di stroncare qualsiasi
colpo di mano dell’esercito, cioè di tenere a bada Hammerstein (contrario ad
Hitler) e Schleicher, «ma anche a far sì
che i militari appoggiassero il nuovo governo che sarebbe stato nominato
qualche ora dopo [Shirer, p. 201]».
Blomberg fu fatto giurare e assunse da quel momento l’incarico
di ministro, in un esecutivo annunciato ma che ancora non esisteva! Hitler
aveva appreso le decisioni di Hindenburg la sera prima, al Kaiserhof, abbuffandosi
di dolciumi. Per l’ex caporale e il suo partito i guai stavano per finire. La
mattina dopo, appunto il 30 gennaio, verso le 10.30, Hitler, Hugenberg e altri
membri del costituendo gabinetto, si riunirono nell’ufficio di Papen posto nei
pressi del palazzo presidenziale. Verso le undici, attraversarono il giardino e
si diressero verso l’ufficio del presidente. Si fermarono nell’ufficio di
Meissner a discutere ancora tra loro. Secondo la testimonianza di Papen
riportata da Shirer [p. 202], «Hitler
rinnovò subito le sue rimostranze per non essere stato nominato commissario per
la Prussia. Pensava che ciò limitasse grandemente i suoi poteri». Quando si
dice che lo stile fa l’uomo! Hitler disse che i suoi poteri (stava per essere
nominato cancelliere del Reich!) non potevano subire simili limitazioni e
minacciò nuove elezioni. Nacque un’accesa discussione tra lui e il suo compare
Hugenberg, che stupido evidentemente non era e le elezioni non le voleva di
certo. Hindenburg, furioso, era in attesa, minacciò anche di andarsene. Papen
temeva «che la nostra nuova coalizione si
spezzasse ancor prima di nascere … Alla fine fummo accompagnati dal presidente …
Hindenburg tenne un breve discorso sulla necessità di una piena collaborazione
nell’interesse della nazione; dopodiché giurammo. Il gabinetto Hitler era stato
formato».
Pertanto
la nomina di Hitler non avvenne in forza dell’esito del voto, di una nuova
maggioranza parlamentare che non sarà nella realtà dei numeri fino alle
elezioni del 5 marzo 1933. Elezioni indette subito da Hitler che aveva ora in
mano tutte le leve del potere statale. In febbraio vi fu l’incendio del
Reichstag, con la conseguente decretazione d’urgenza e l’arresto dei leader
comunisti. Il 5 marzo – in un clima di caccia alle streghe – il NSDAP ottiene alle
elezioni il 43,9% dei voti: alleandosi in parlamento con i nazionalisti del
DNVP (8%) raggiunse finalmente la maggioranza con complessivi 340 (288+52)
seggi su 647. Per far passare in Parlamento la legge delega che gli dava poteri
dittatoriali, in vigore poi dal 27 marzo, Hitler ha bisogno della maggioranza
dei due terzi: la trova questa volta nell'appoggio del Partito di Centro. Il
leader del partito è monsignor Ludwig Kaas; l’appoggio a Hitler venne dato in
cambio dell’accelerazione della stipula del Concordato tra la Germania e la
Santa Sede.
Schleicher
uscì di scena e l’anno dopo fu assassinato sulla porta di casa da elementi
delle Ss.. Hammerstein e la sua famiglia furono tra i pochi che opposero
resistenza a Hitler. Blomberg fu il fautore della riorganizzazione dell’esercito
tedesco. Nel 1938, quando non servì più, fu costretto a mettersi da parte a
causa di uno scaldaletto sessuale. Oskar, il cui padre morì nell’agosto del
1934, parlò alla radio invitando i tedeschi a votare a favore dell’unificazione
delle cariche di presidente e cancelliere nella persona di Hitler; fu promosso
maggiore generale. Scrisse Albert Speer nelle sue memorie: «Poco tempo dopo partecipai a un’assemblea della sezione del partito a
Mannheim e rimasi colpito dalla modestia delle persone e del loro livello
spirituale [per un tedesco il termine ha un’accezione straordinariamente
ampia]. “Con gente simile” ripetevo a me
stesso “non ci si può illudere di governare uno stato”. Ma la mia era una
preoccupazione superflua, perché il vecchio apparato burocratico continuò a
funzionare imperterrito e senza inciampi anche sotto Hitler [p. 37]».
Bibliografia
essenziale: William L. Shirer, Storia del
Terzo Reich, Einaudi, s.i.d.; Joachim C. Fest. Hitler, Rizzoli, 1974; Adam Tooze, Il prezzo dello sterminio, ascesa e caduta dell’economia nazista,
Garzanti, 2008; Jonathan Petropoulos, Royal
and the Reich, Oxford Universit Press, 2006; Werner Maser, Hitler segreto, Garzanti, 1974; Colin
Cross, Adolf Hitler, Mursia, 1977;
Albert Speer, Memorie del Terzo Reich,
1971.
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