venerdì 28 febbraio 2014

Bah !


Uno dei motivi più ricorrenti di doglianza da parte del terzo stato nell’ancien régime era costituito dall’eccessivo gravame fiscale, il cui fardello ricadeva peraltro solo sulle spalle del popolo essendo i nobili e il clero esclusi dal pagamento delle imposte. Non che si rivendicasse ancora l’uguaglianza, ma ci si augurava energicamente, per esempio, che la nobiltà più recente, in larga parte costituita da ex borghesi, ricchi proprietari immobiliari, non fosse sgravata ipso facto, in ragione della sua fresca nobiltà, dal dover pagare l’imposta. E pure si chiedeva che il clero e la Chiesa pagassero l’imposta almeno sulle terre precedentemente rurali, ossia su quelle terre che divenivano esenti dal fisco non appena nobilitate per essere state acquistate da privilegiati.

Questa sottrazione dei nobili e del clero dagli obblighi fiscali diveniva particolarmente odiosa in quanto le frequenti congiunture belliche obbligavano plebei e borghesi a pagare di tasca propria le spese per rafforzare la difesa e per mantenere le truppe in acquartieramento. Inutile dire che i ricchi borghesi, i grossi mercanti e i panciuti legulei del tempo si facevano forti del terzo stato plebeo per rivendicare – con un’agitazione e una propaganda più o meno aperta – un fisco più equo, senza peraltro rinunciare – più segretamente – alla speranza di una seducente promozione nobiliare per se stessi e per i loro figli che li mettesse al riparo delle tasse.


giovedì 27 febbraio 2014

Non è mai troppo ..... / 2


Il lavoro dello schiavo appare come non pagato, anche quella parte della sua giornata di lavoro che serve a compensare il valore del suo proprio sostentamento. E, del resto, lo schiavo per poter lavorare deve vivere, ma poiché fra lui e il suo padrone non viene concluso nessun patto e fra le due parti non ha luogo nessuna compravendita, tutto il suo lavoro sembra lavoro dato per niente.

Invece per l’operaio le cose sembrano andare diversamente, poiché al contrario dello schiavo fra lui e il suo padrone viene concluso un patto, ossia fra le due parti ha luogo una compravendita in piena regola, e tutto il suo lavoro sembra lavoro pagato, anche quello non pagato.

E, tuttavia, sia l’antico schiavo sia il moderno salariato ricevono in cambio solo il valore della proprio riproduzione.

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Non è mai troppo tardi / 1


Si leggono cose sempre più assurde a proposito di vari argomenti, cose che un tempo ci si sarebbe ben guardati dal proferire, ma i tempi cambiano e i nostri sono assai tristi.

Si sostiene, ad esempio, che oggi l’operaio partecipi della ricchezza prodotta socialmente in modo assai più copioso rispetto a un tempo quando i consumi della classe operaia erano ristretti a poco più del necessario per la mera sussistenza; “l’evoluzione storica, la nascita di una soggettività delle classi subalterne, le lotte e anche la maggiore ricchezza globalmente prodotta hanno finito però per modificare, nel corso del ’900, la situazione, quanto meno nei paesi occidentali”.

Ed è innegabile che oggi i consumi siano molto più vari e quantitativamente più sostenuti, e questo porta a dire che si assisterebbe addirittura ad “un allargamento assoluto della quota di capitale variabile [salari], dovuta non a una diminuzione del plusvalore, ma a un incremento di tutte le grandezze”.

Il cosiddetto “allargamento” dei salari, ossia il loro aumento, non potrà mai essere assoluto, perché se così fosse la base della produzione capitalistica sparirebbe; né può aumentare il salario, a parità di condizioni, senza una diminuzione del profitto. Né vi può essere, nel lungo periodo, un incremento di tutte le grandezze poiché la tendenza, come legge, è a una diminuzione del saggio del profitto e dei salari.

mercoledì 26 febbraio 2014

Un anno


Sono i partiti ad eleggere i rappresentanti del popolo sovrano in uno stato di auto cooptazione reciproca e circolare. Succede poi, da qualche tempo, che al governo vengano chiamate persone esterne al parlamento, dei “tecnici”, e ciò per dare l’illusione che governare sia anzitutto una questione di competenze tecniche, specie nelle materie economiche. Una convinzione questa molto diffusa e ben radicata ma i cui motivi vanno ricercati piuttosto nella crisi delle istituzioni borghesi e nelle forme politiche in cui s’esprime il totalitarismo economico.

In realtà non c’è “tecnica” e competenza che tenga, è solo escamotage. L’élite politica e tecnocratica, i grandi gruppi economici e gli interessi corporativi sono tutti alleati per stroncare la sovranità popolare e ciò che dovrebbe rappresentarla.

martedì 25 febbraio 2014

Discorso alla camera del presidente del consiglio con traduzione sottotitolata


Signori Deputati,

non è casuale che io non possa rivolgermi a Voi chiamandovi onorevoli colleghi, non essendo un parlamentare eletto dal popolo, sia pure con una legge dichiarata “illegittima”. Come sia giunto a essere presidente del consiglio e a chiedere la fiducia per un mio governo è noto a tutti, e perciò non spenderò parole in tal senso se non per ringraziare i capi bastone dei partiti che mi sostengono, e soprattutto le vecchie volpi che agiscono di qua e di là dei monti e dei mari.

Pertanto, cari Deputati, è inutile nasconderci un fatto evidente, ossia che Voi contate come il due di coppe quando a briscola c’è denari. E peraltro io stesso – lo dico per prevenire l’accusa ­– fin qui non ci sono arrivato per mera simpatia.

Le parole pronunciate in quest’aula suonano false come quelle di marionette. Mai, dall’unità d’Italia, un presidente del consiglio, fosse egli clericale o liberale, oppure ex socialista, ha potuto agire per gli interessi del paese se non in piena coincidenza con quelli delle diverse frazioni di una classe dominante che – per usare un alato giudizio espresso da Gigliola Cinguetti – è “tra le più premoderne, violente e predatrici della storia occidentale, la cui criminalità si è estrinsecata nel corso dei secoli in tre forme: lo stragismo e l’omicidio politico, la corruzione sistemica e la mafia”.

[Silenzio dai banchi].

Perciò a Voi, signori Deputati, non spetta che formalizzare ciò che è nei patti, altrimenti ve ne andrete a casa. Due conti in centinaia di migliaia di euro e vedrete cosa vi conviene.

[Mormorio di approvazione dai banchi e dalla presidenza].

Forse non serve che precisi, tuttavia è sempre bene dire le cose con franchezza: se questo governo non dovesse ricevere la fiducia, si andrebbe certamente ad elezioni, e in tal caso per i disubbidienti la possibilità di una ricandidatura sarebbe pari a zero. E tra poco ci sono anche le europee, e Voi sapete bene quanta agitazione c’è nei collegi per questo appuntamento che si presenta anzitutto come l’occasione per altri falliti di trovare uno stipendio e visibilità, per i partiti altri finanziamenti e altri scambi.

[Applausi].

Nei prossimi giorni dovrò nominare decine di presidenti di enti pubblici, i quali, da quelle posizioni di potere, qualche favore non faranno mancare in caso di “segnalazione” e di bisogno. È un mercato, lo sapete bene, un do ut des di posti e di mance, di scambi di ogni natura.

[Applausi prolungati].

E poi, ancora, sempre per parlar chiaro, sono in ballo decine di sottosegretariati, con annessi e connessi, e può essere che la ruota della fortuna si fermi sul Vostro nome, o su quello di un Vostro amico, di una fidanzata/o, amica/o o un/a amante. Vi conviene non disunirvi, di non cedere alle lusinghe emotive ed irrazionali di una coscienza del bene comune che non Vi appartiene, perciò continuate a mentire sulla repubblica democratica del lavoro, sulla democrazia in questo paese. Del resto lo spirito indipendente di questa camera ebbe già ad esprimersi in numerose occasioni, anche recenti, come forse rammenterà anche la presidente Boldrini.

Pure sulla bontà dei propositi dei tecnocrati europei che tanto da vicino ci riguardano, vorrei ricordare le parole che un liberale, un ex presidente del Consiglio, ebbe a scrivere nel 1948:

«Una caratteristica strana degli italiani moderni è che, credendosi molto abili in politica (discendenti di Machiavelli) anche quando altri non li ammira si ammirano. Si ammiravano nel fascismo, si ammiravano nel regime incomposto che seguì il fascismo, si ammirano ora che avendo la più incerta e umiliante situazione credono e dicono di creare anche con ministri ridicoli la nuova Europa!» [*].

E sia ben chiaro che un conto è il rinnovamento e le riforme, quello cioè che noi intendiamo far credere ai gonzi, e un conto è la dissoluzione del sistema di potere sul quale poggiano le nostre fortune di classe e personali.

Se per qualsiasi causa, per colpa di questi o di quelli, l’Italia va al disastro, il disastro colpirà tutti e noi per primi che perderemo non solo potere e privilegi, ma ci toccherà anche di andare a lavorare.

[L’emiciclo in coro: Ne travaillez jamais.]



[*] Francesco Saverio Nitti, Rivelazioni, ESI, Napoli, 1948, p. XXI.