martedì 9 febbraio 2010

Fascismo, padroni, clero


La vicenda della marcia su Roma fu poco più di una goliardata nel determinare gli eventi dell’ottobre 1922. Scrive a tal proposito Renzo De Felice: «L’azione armata era un elemento importante del piano mussoliniano». Quanto determinante? «Non certo decisivo». Ma quante chance di successo aveva? «Militarmente il fascismo non aveva nessuna possibilità di affermarsi» [p. 348]. Né allora, né dopo.

Quale fosse il potere reale di Mussolini si vide il 25 luglio 1943: nella villa del monarca fu fatto salire dai carabinieri su un’ambulanza e messo sotto chiave [*]. Dopo vent’anni di onorato servizio fu licenziato senza offrirgli un caffè, una pacca sulla spalla; anzi, con pessime referenze, tanto da dover essere ristretto da qualche parte sotto sorveglianza. Non fosse stato per Hitler, che aveva ancora bisogno della sua maschera truce, sarebbe stato semplicemente ignorato.

lunedì 8 febbraio 2010

Cautele

«Molte università hanno pensato bene di controbilanciare il taglio dei finanziamenti ministeriali aumentando le tasse d’iscrizione», racconta Diego Celli, presidente del Consiglio nazionale degli studenti universitari. Di questo passo - è il timore del professor Checchi, che da tempo si occupa delle disuguaglianze sociali nell’accesso all’istruzione - «il rischio è che il divario si allarghi ulteriormente, anche se sarei cauto nel dire che i figli delle classi medio-basse stanno fuggendo dagli atenei».

« […] nel 2000 un neoiscritto su cinque era figlio di persone con al massimo la quinta elementare; nel 2005 la percentuale è scesa al 15 per cento. Poi ancora giù, quasi un punto all’anno: 14 per cento nel 2006, 13 nel 2007. Ora siamo al 12. Di anno in anno le matricole scendono, portandosi appresso i giovani delle classi sociali più deboli. Gli altri - quelli con genitori laureati - crescono poco alla volta. I figli della classe media - genitori diplomati - tengono botta ».
da un articolo di Andrea Rossi per La Stampa

Apologhi e crisi di sistema


L’articolo di Gianni Riotta di  ieri è un esempio del suo genere preferito. Scrive:
«Se è vero che solo la coordinazione globale ci porterà fuori dalla crisi, che solo l'intreccio perfetto tra politica e finanza ci farà atterrare sull'Hudson come su un letto di piume e che la leadership europea non può più accontentarsi di mezze figure ma deve finalmente premiare personalità forti, allora abbiamo messo insieme il caso perfetto per la nomina del presidente del Financial Stability Forum e governatore della Banca d'Italia Mario Draghi a capo della Banca centrale europea dopo Jean-Claude Trichet».
Fin qui è il solito apologo, poi prosegue con l’”analisi”:
«Draghi è stimato negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, cuore della finanza anglosassone, ha dimostrato col Fsf equanimità e capacità di dialogo e ha guidato con cautela la Banca d'Italia in una difficile transizione. I suoi avversari punteranno sulla deriva populista e sulle pulsioni protezionistiche, imputando al governatore i trascorsi da Goldman Sachs. Bubbole: nei giorni più neri della crisi, Paulson ricorda che furono la profondità di analisi storica del presidente della Federal Reserve Bernanke e la sua esperienza di come funziona davvero una grande istituzione finanziaria (anche Paulson è ex Goldman Sachs), a salvare il banco».
Aver salvato il culo, temporaneamente, alle banche con i denari dei contribuenti,  è dipeso non dagli interessi prevalenti, ma dalla “profondità di analisi storica” del presidente della Federal Reserve, il quale non ha fatto altro che mandare al macero la distinzione giuridica tra debito pubblico e debiti delle società. Il grande direttore, approdato al quotidiano di Confindustria dopo aver fatto pratica nel giornale che fu il più autorevole portavoce in Italia della rivoluzione culturale maoista, sorvola sul fatto che le banche centrali, specie quelle anglosassoni, hanno giocato un ruolo essenziale nell’esuberanza irrazionale dei mercati, nell’incentivare la crescita dei prezzi degli asset e la loro leva finanziaria come mezzi per forzare i ritmi, giudicati troppo lenti, delle vecchie metropoli. Come se non fossero proprio i grandi gruppi finanziari garantiti e sponsorizzati dagli Stati, la stessa cricca di potere che Riotta esalta, ad aver agito come pompa aspirante del capitale eccedente dei mercati  emergenti e cartina di tornasole per il credito al consumo. Sempre pronti, questi giornalisti certificati, in occasione del prossimo immancabile patatrac, ad addossare le responsabilità di ciò che accade all’avidità umana che si lancia periodicamente in rincorse sfrenate di valori patrimoniali razionalmente insostenibili, risolvendo l'"analisi" delle crisi del capitalismo, i motivi della sua storica insostenibilità, in una spiegazione di tipo antropologico

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Piero Ostellino, sul Corriere di oggi, scrive:
«In definitiva, la responsabilità «sociale» dell’imprenditore sta tutta qui: nel fare il proprio mestiere all’interno di una cornice normativa che ne massimizzi — disciplinandone la libertà di intrapresa — le capacità. Che, nell’era della globalizzazione, si traducono in innovazione e competitività».
Traduzione: la responsabilità «sociale» dell’imprenditore sta tutta qui: nel fare il proprio mestiere all’interno di una cornice normativa che nella pratica (legge Biagi) «traduce il precariato in una nuova forma di schiavismo in cui le persone lavorano sei ore al giorno per sei giorni alla settimana e tutto l’anno, senza diritto a un giorno retribuito di ferie, malattia o maternità (Curzio Maltese, la bolla, Feltrinelli, p. 52 ».

domenica 7 febbraio 2010

Hacktung


Margherita Hack è un personaggio simpatico quasi a tutti, perché sa rendere le cose difficili in modo semplice e chiaro. E poi ritiene incompatibile scienza e religione, cioè ragione e fede.

Tuttavia, qualche volta le spara a palle incatenate.

Per esempio, sulla rivista dell’Uaar (2/2007) sosteneva che “nascere omosessuali o eterosessuali dipende dal proprio DNA”. Nessuno le disse: prego signora, torni alle sue stelle. Comunque tale rivista è spedita in abbonamento a circa 4.000 persone, quindi l'affermazione ha avuto un fallout pari a zero.

Ieri sera, invece, in televisione, davanti ad un pubblico eterogeneo, composto per una parte non trascurabile (dati ISTAT) di analfabeti e semianalfabeti, e per il resto da persone scarsamente informate sui fatti, la prof. Margherita ha detto che le centrali nucleari attuali non sono pericolose come quella di Chernobyl. Esatto; non come quella, ma quanto diversamente pericolose? Il problema, semmai, ha soggiunto la prof. , è costituito dalle scorie. Esatto anche questo, specie in un paese dove si registrano diffusi e gravissimi problemi nella gestione dei rifiuti urbani. Ma la Hack ha la soluzione: è comunque possibile stoccarle nelle miniere. Proprio così.

sabato 6 febbraio 2010

Teppa



Povero Riotta, ormai è convinto della bontà dell’insalata nicoise servita dal direttore del Sole 24ore, cioè che salvare la rete dalle frottole, in nome e per conto della verità, è «operazione già non più facile, ma ancora possibile, se chi scrive è un giornalista, un autore con referenze, uno studioso, e non un ciarlatano». Una tesi che condivide con altri, nel club del “bollino blu”.

C’è qualcosa di maldestro e di patetico, ma allo stesso tempo di autentico nello sforzo di questo surrealista. Naturalmente ha bisogno di molte righe per dare del “teppista” a chi non è d’accordo, anche perché l’accusa ha bisogno di autorevoli testimoni, a cominciare da Giovanni dell’Apocalisse.

Scrive, citando la rivoluzione culturale cinese, cose che più di quarant’anni addietro furono sviluppate e divulgate molto meglio. Invece, a distanza di tre lustri da quelle vicende, Riotta scribacchiava su un quotidiano che della menzogna burocratica maoista fu uno dei principali portabandiera in Italia. La memoria al di sotto di tutto.

Caro Riotta, siamo compiaciuti per il suo gusto per l’osservazione aneddotica e dell’esplicita consapevolezza degli interessi interagenti con l’alienazione (non solo quella mediale); del resto, non ci vuole una laurea in chiacchiere per sapere che l’unico formaggio gratis è quello nella trappola del topo.

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Dichiara Massimo Marchiori: « Fra pochi anni, terminata la ricerca, […] sarà possibile fare domande precise e ottenere le poche utili, documentate risposte. Google ti dà nelle prime schermate i riferimenti più cliccati, in genere spazzatura. Il nuovo sistema qualitativo cambierebbe l’accesso alla cultura di miliardi di utenti». Perciò basta attendere un poco e avremmo accesso, a pagamento,  alla "verità certificata", cioè alla verità del denaro e del falso indiscutibile.
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A proposito di verita.com (un sito che esiste veramente) il quotidiano economico e finanziario, di-gran-lunga più importante, è controllato, sempre di-gran-lunga, dalla Confindustria.
Un po’ come se l’informazione politica fosse, di-gran-lunga, controllata dal pres.cons.min..
Per fortuna che, di-gran-lunga, non è così.