venerdì 20 giugno 2025

L'ottimismo del Principe

 

Ieri sera, eccezionalmente, ho guardato la trasmissione Piazzapulita, sulla rete televisiva del padrone del Corriere della Sera e di altro ancora. Dico eccezionalmente perché è un tipo di trasmissione che non manca di una certa livorosa faziosità nel creare il “caso” anche dove non c’è, oppure esagerandone l’importanza fino a farlo diventare dramma (do you remember epidemia virale?).

Il servizio televisivo trattava, tra l’altro, della situazione in cui versa la città di Agrigento, che come tutti sappiamo è stata scelta quale capitale italiana della cultura 2025. Riassumere quanto detto nel servizio televisivo sarebbe cosa lunga e anche piuttosto complicata e penosa, tra opere finanziate e mai realizzate, un degrado comune che va ben oltre ogni dire. Emblematiche, come sempre accade, le facce di bronzo a cera persa dei boss locali, rappresentanti di un potere senza scrupoli che ancora oggi ci vorrebbe incantare con i suoi ritornelli fessi e invecchiati.

Scrivevo giusto due giorni or sono a proposito di una città veneta: “che assomiglia sempre più a una città del meridione. Beh, non esageriamo, non gli assomiglia, ma ad ogni modo il degrado si nota”. Confermo, dire che quella città assomiglia a quella angosciante Agrigento, che sembra una città posta su una stella morta, sarebbe una smodata esagerazione.

Dobbiamo amare comunque questa grande regione e le sue città cariche di storia e di bellezza, tuttavia consapevoli, almeno per quanto mi riguarda, che si ha a che fare con una società, stanca e debole, che si vanta di un patrimonio culturale e artistico che non le appartiene, che anzi cerca in tutti modi di lasciar morire d’incuria o in un silenzio di sostanziale indifferenza e complicità.

Di chi la colpa? Certo del clima, non vi sono dubbi. Ma non del climate change, piuttosto di un clima sociale e politico che c’è da sempre. Ed infatti, non a caso, la trasmissione televisiva s’intitolava “I gattopardi”, citazione del titolo al plurale del celeberrimo romanzo di Tomasi di Lampedusa. Lo scrittore siciliano sosteneva che la situazione di miserabile arretratezza e degrado, in cui versava la Sicilia dell’Ottocento, sarebbe durata ancora per dei secoli.

Giuseppe Tomasi, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, era un ottimista.

4 commenti:

  1. Mi è capitato di mettere a confronto due foto: la prima di braccianti degli anni 1950, la seconda di braccianti di oggi.
    Stesse facce nere bruciate da 14 ore di sole al giorno. Cambia ovviamente la nazionalità dei braccianti, ma il resto rimane uguale. Solo che nel secolo scorso quei braccianti erano organizzati in sindacati combattivi che occupavano terre, protestavano e venivano regolarmente presi a fucilate dai carabinieri dei governi democratici antifascisti (altro che decreto sicurezza). Oggi c'è solo quieta disperazione e rassegnazione, clima da fine impero romano. Ma meno male che c'è il papa.
    Pietro

    RispondiElimina
  2. Vista la premessa principale, mi aspettavo fosse seguita da una premessa minore e da una conclusione che si concatenassero con la principale, ovvero che il programma avesse anche questa volta faziosamente "creato il caso". Ma invece no a quanto pare... Quindi dobbiamo dare atto alla trasmissione stavolta o no?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Creare un caso non significa necessariamente procedere per sillogismi.

      Elimina