sabato 21 giugno 2025

Le guerre di ieri, di oggi, di sempre

 

Era l’America bianca, egocentrica e dominatrice del mondo, quella della classe media, che idolatrava il successo sociale attraverso il lavoro più della ricchezza dei banchieri di Wall Street. Venne il Vietnam, il Laos e la Cambogia, e quella stessa classe media prese a gridare davanti alla Casa Bianca: “Hey, hey Lyndon B. Johnson, how many kids did you kill today?”.

È quello di allora uno slogan evergreen: quanti bambini avete ucciso ieri e nei giorni precedenti a Gaza, a Teheran, a Tel Aviv, a Kiev, a Donec’k e altrove? Ovunque sia arrivata la zampata vampiresca il conteggio dei torti e delle ragioni è sempre dispari. Per un verso o per l’altro trovano sempre delle buone ragioni per uccidere. Prese una per una sono formidabili, supportate da asettiche slide che ne dimostrano l’inesorabile necessità. Inutile insistere, hanno ragione.

Allora fregava un cazzo dei bambini asiatici che morivano sotto le bombe ad Hanoi e mitragliati lungo il Mekong; quello che non volevano vedere erano i propri figli e fratelli mandati a morire a 10mila km di distanza per una guerra imperiale che si sapeva già persa. Lo stesso vale oggi: in fondo a molti di noi frega un cazzo che ogni giorno decine di persone vengano falciate da raffiche di mitra mentre sono in fila per il pane. Quello che non si vuole è che rincari il petrolio e di poter andare in ferie tranquilli. Per il resto, ne riparliamo a settembre inoltrato.

Una differenza tra le guerre di ieri e quelle di oggi però cè. I leader politici attuali parlano dei missili e delle armi nucleari come delle casalinghe in cucina, così come nessuno sa ancora se il magnate immobiliare newyorkese, un opportunista e un apprendista dittatore, scatenerà la terza guerra mondiale.

Intanto qui da noi ci si sta accorgendo che al governo c’è una manica di fascisti. Ma con calma, non c’è fretta. Se poi guardiamo quali sarebbero i candidati a sostituirli si viene presi dallo sconforto.

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