domenica 22 giugno 2025

La pallottola doveva disporre diversamente

 

Dobbiamo riconoscergli una qualità che non è così comune in politica: mantiene le sue promesse. E con una rapidità notevole. Epurazioni gigantesche nell’amministrazione federale, tagli al bilancio della sanità, dell’istruzione e dei programmi sociali, sia nazionali che internazionali, espulsioni di uomini, donne e bambini senza preoccuparsi se siano illegali o no, calci in culo alle università considerate covi di comunisti, i marines a sedare i manifestanti che protestavano contro le sue politiche, ha dichiarato guerra economica alla Cina e all’Unione Europea, lanciato un’offerta pubblica di acquisto molto ostile per Panama e il suo canale, annunciato la sua intenzione di annettere Canada e Groenlandia, eccetera. Provateci voi. Non ha derubato i suoi elettori, che ricevono generosamente ciò per cui hanno votato, senza inganni sulla merce come usa invece qui da noi.

L’unica défaillance è l’impegno a porre fine a tutte le guerre. Lì, raggiunge chiaramente i suoi limiti, per quanto alti possano essere. Il premio Nobel per la pace che sogna è ben di là della sua portata, ma non disperi perché è stato dato ad altri figli di puttana.

Questo scrivevo ieri sera, ma oggi le cose sono cambiate. Non solo, come si temeva, Trump non ha alcuna intenzione seria di mettere fine alle guerre, ma ha deciso di prendere parte in prima persona a quella iniziata per interposta persona tra lo Stato sionista e quello sciita di Teheran. C’è da chiedersi se Trump o qualsiasi altro presidente sia realmente in grado di mettere fine a una qualunque guerra se non dopo tanto tempo e nell’impossibilità di vincerla. C’è dell’altro, molto “altro” ancora e non si tratta di semplice “imperialismo”.

Andrej Gromyko, nelle sue memorie, scriveva:

«[...] vorrei rievocare un episodio: mi trovavo nel settembre 1963 a New York per l’Assemblea generale delle Nazioni unite, dove era giunto anche il segretario di stato Rusk per incontrarmi e parlarmi a nome di Kennedy. Ed ecco che cosa mi disse: “Il presidente è favorevole alla ricerca di strumenti per migliorare le relazioni con l’Unione Sovietica e per raggiungere la distensione”.

«Egli mi propone quindi di andare da qualche parte fuori città e proseguire la conversazione. Capii subito che dietro questa proposta si celava qualcosa di importante e acconsentii. Uscimmo da New York ciascuno per proprio conto.

Giunti al posto indicato, Rusk mi espose un’interessante idea del presidente: “Kennedy” disse “sta riflettendo alla possibilità di una riduzione delle truppe americane nell’Europa occidentale”.

Ne parlammo a lungo, passeggiando. La comunicazione di Rusk era di indubbio e notevole interesse. Era una notizia inattesa e anche, per così dire, sensazionale. Certo, il presidente era giunto a questa conclusione non d’improvviso, ma dopo serie riflessioni.

[...] Ma solo pochi giorni dopo la pallottola di un assassino doveva disporre diversamente».

Memorie, Rizzoli, 1989, pp. 130-31. Scriveva ancora Gromyko: «E non si può fare a meno di rilevare la straordinaria coincidenza tra l’idea di Kennedy e quanto dichiarato dal presidente Roosevelt alla conferenza di Jalta: “Gli Stati Uniti adotteranno ogni ragionevole misura per tutelare la pace, ma non al prezzo di mantenere un grosso esercito in Europa, a tremila miglia dagli Usa. L’occupazione americana sarà pertanto limitata nel tempo”».

1 commento:

  1. Sembrerebbe che la causa di tutti i mali del mondo sia ora Trump (l'imperialismo americano) e Israele (la canaglia interposta tra Paesi Arabi) e non il sistema capitalistico /Imperialistico che domina il mondo.

    Giovanni. S.

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