Accennerò di seguito a degli aspetti, banali e apparentemente semplicistici, della dittatura che caratterizza il sistema economico sociale attuale. Del resto, nel quadro della lotta di classe attuale, inesistente, il discorso politico non può andare più in là di certi accenni e bisogna anzi essere molto cauti.
Nota marca molto reclamizzata in TV di passata di pomodoro da 400 g, prodotto in vasetto di vetro con coperchio metallico ed etichetta. Il pomodoro prima di finire in quel vasetto è stato raccolto, selezionato, lavato, bollito, macinato, con l’aggiunta di qualche conservante. Quindi è stato inscatolato, trasportato, sottoposto a tutte le procedure di fatturazione del caso, pagate le imposte, posto negli scaffali del supermercato e venduto al prezzo di 1,29 €. Una lunga trafila produttiva e commerciale che ha richiesto non solo l’intervento delle macchine ma anche non poco lavoro umano di raccolta, confezionamento, trasporto, eccetera.
Tenuto conto che la ditta produttrice non è un ente di beneficenza, né tantomeno la catena di supermercati che commercializza quel prodotto, quanto può avere inciso il valore del lavoro umano in quei miserabili 1,29 € a confezione? Quanto è stato retribuito il lavoratore piegato sotto il sole cocente dell’estate per raccogliere quel pomodoro? Un lavoratore formalmente libero, di fatto uno schiavo della sua condizione economica, con il fiato sul collo del “caporale”, in condizioni di vita e alloggio a dir poco precarie.
Bancarelle del mercato. Centinaia di vestiti colorati, di borsette di altri prodotti di abbigliamento femminile. Due volte alla settimana c’è la calca, quasi si litiga per accaparrarsi un capo di quell’abbigliamento che viene venduto a 10 €. Sono capi prodotti a decine e anzi a centinaia di milioni in paesi come il Marocco, la Tunisia, la Turchia, l’India, eccetera. Stesso discorso del pomodoro: quanto è stato pagato quel lavoro sfruttato al massimo grado e senza reali tutele? Quali sono le condizioni di lavoro nei laboratori cinesi in Italia? Sono tutte cose che sappiamo, tutti fatti ben noti alle nostre autorità, ai sindacati, ai politici, alla popolazione in genere.
Fa comodo a tutti di pagare la passata di pomodoro 1,29 €, un vestito a 10 €. A tutti i proletari, ovviamente. Perché chi se lo può permettere acquista l’abbigliamento e in genere i prodotti alimentari in negozi di ben altra fascia. Il famoso libero mercato, che significa innanzitutto la libertà sfrontata di sfruttare il lavoro dove e quanto fa comodo. Non possiamo farci nulla, si dice. Siamo stati educati al rispetto delle cosiddette regole democratiche, al mito dell’onnipresenza e dell’invulnerabilità del sistema.
Già pronunciare la locuzione “rivolta sociale” diventa quasi un atto di sovversione, e anche solo stimolare l’emergere di una coscienza politica di classe (per una alternativa sociale qualitativamente diversa, che superi le visioni tradizionali) e non solo rivendicativa è inteso come “pericoloso”. E tuttavia bisognerebbe tener conto che il sistema, non solo dal lato economico, è già in una fase di disintegrazione ...
Salvo poi ritrovarsi a “picchettare” davanti alla fabbrica che chiude e i macchinari e la produzione portati altrove. Da bravi operai che aborrano la violenza (siamo d’accordo che certe azioni violente non contribuiscono all’indebolimento del capitalismo perché non minano il normale funzionamento del sistema capitalistico stesso) si attende per mesi e per anni l’esito della “trattativa”. Sono questi operai sempre in attesa di un “ordine”. Ora, se quegli operai e operaie anche solo si azzardassero a mettere in atto un blocco stradale,
cadrebbero su di loro pene severissime. È la destra, la destra fascista, quella degli anni delle bombe. Sono sempre loro, semmai nelle sembianze di figli e di nipoti sprovveduti e idioti, ma dietro a loro c’è una borghesia che ha altri obiettivi, come per esempio completare il lavoro sporco portato avanti per anni dalla sinistra, che ha avuto in mente solo il proprio tornaconto elettorale e personale, incatenata alla vecchia società padronale.
In una società come la nostra, dove un certo livello medio di soddisfazione è assicurato, sembra a prima vista una follia voler pensare a un cambiamento: perché, vedi, non abbiamo tutto quello che vogliamo? Illusione. Si tratta della semplice sopravvivenza in una società mobilitata per la repressione e la guerra. Stiamo pagando tutto, e pagheremo ancora più caro.