«In cima ad un altopiano battuto dal vento, il sergente Nabil passa in rassegna gli uomini. Tutti stanno dritti, il collo allungato, le mitragliatrici in spalla. Nabil consegna a ciascuno un Corano con la copertina di percalina blu decorata con arabeschi dorati. È con il cuore pieno di emozione che Fouad riceve il suo. Alza gli occhi al cielo, cercando la pallida traccia di Al- Buraq, il cavallo alato che portò Maometto dalla Mecca ad Al-Quds, chiamata Gerusalemme, poi da lì al firmamento. Attento! grida il comandante. Stringendo con la mano destra il sacro Corano, Fouad proclama all'unisono con i suoi compagni il giuramento di fedeltà all'IDF e allo Stato di Israele. l’espressione con cui completa il giuramento e che segn la fine della sua formazione di base e un omaggio a coloro che “hanno dato la vita per la difesa della patria e della libertà di Israele.
Negli anni scorsi, prima dei fatti recenti, il numero di musulmani e cristiani, ragazze e ragazzi, che hanno scelto di prestare servizio nelle file dell’IDF è aumentato di dieci volte. Ciò che agli albori di Israele era ancora un aneddoto era diventato un vero e proprio fenomeno sociale».
Questo è il “fenomeno sociale” secondo la propaganda sionista in occidente. Ma come stanno effettivamente le cose?
La legge richiede che ogni cittadino arabo-israeliano (il 21,1% della popolazione nel 2022) si rechi all’ufficio di reclutamento e lì si dovrebbe prendere la decisione in merito al suo arruolamento. Questo non accade, l’articolo 1 della legge sui servizi di sicurezza applica effettivamente l’obbligo di arruolarsi nel servizio di sicurezza a ogni cittadino israeliano e residente permanente, indipendentemente da razza, religione, nazionalità o origine. Si tratta cioè di un “obbligo individuale derivante dall’essenza stessa della cittadinanza israeliana”. Ma nella stessa legge, all’articolo 13, viene conferita al “comandante” la facoltà di non far rispettare tale obbligo.
Il ministro della Difesa ha delegato l’autorità militare, lasciandogli un ampio margine discrezionale quando si tratta di decidere chi convocare all’ufficio di reclutamento. Inoltre, nelle istruzioni della Divisione del personale dell'IDF (istruzione Mag 01-01) è scritto in relazione al “reclutamento delle minoranze” che “come regola generale questa popolazione non sarà reclutata per il servizio nelle IDF”, ad eccezione di “persone che esprimono la loro volontà”.
Vediamo fino al marzo 2023 quanti arabi israeliani, che i concittadini ebrei con sarcasmo e altro chiamano “i cugini di quinto grado”, avevano deciso di indossare la divisa israeliana. Il tenente colonnello Hisham Abu Riya, responsabile del reclutamento dei musulmani nell’esercito presso il Ministero della Difesa, in un’intervista alla rete Herenet B: «Oggi, più di 350 soldati musulmani prestano servizio nell’esercito, la maggior parte di loro nelle unità combattenti. 10 anni fa si contavano sulle dita di una mano».
La maggior parte di loro viene impiegata nel controllo delle migliaia di lavoratori palestinesi che si presentano quotidianamente ai vari punti di passaggio tra le enclavi palestinesi e Israele.
Quali sono o possono essere i motivi che spingono dei giovani arabo israeliani ad arruolarsi nell’esercito israeliano? Innanzitutto molteplici vantaggi economici e sociali come del resto succede in qualunque esercito di volontari. Il servizio nell’IDF consente di beneficiare di una certa formazione professionale, stipendio molto alto rispetto agli standard arabi, e, al ritorno alla vita civile, assistenza abitativa e borse di studio. Anche maggiori possibilità di trovare lavoro, la presentazione di un curriculum militare di buon livello offre un sicuro vantaggio nelle assunzioni.
Altra motivazione adotta, ma tutta da verificare, riguarda lo scisma tra l’OLP e Hamas che ha lacerato la causa palestinese, specie tra i palestinesi non musulmani, e il crescente disincanto nei confronti delle figure dominanti sia a Ramallah che a Gaza.
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