mercoledì 18 settembre 2024

Ci rimane un sogno

 

I trattati europei sono soprattutto testi per la distruzione del potere degli Stati, molto più che per la costruzione di qualsiasi cosa. Questi trattati vietano qualsiasi aiuto degli Stati alle imprese, aiuti che sono alla base del successo americano e cinese, paesi che elargiscono sussidi ai loro investitori e innovatori, li proteggono con dazi doganali, li aiutano a conquistare i mercati, ecc. Il divieto generale degli aiuti pubblici da parte dell’Ue è uno degli esempi più spettacolari del rifiuto intransigente di riconoscere allo Stato anche la possibilità di intervenire nell’economia secondo una propria logica.

Quelli della generazione post 1945 avevano tutto: ottimi servizi pubblici e forte crescita, pur tra gli alti e bassi del ciclo capitalistico. Poi sono arrivati “loro”: l’esperienza democratica e riformistica era durata abbastanza. E ci hanno regalato, facendoci votare per un parlamento fasullo, una tecnocrazia europea al servizio delle imprese multinazionali in ogni settore.

I nostri figli e nipoti, invece, dovranno saper convivere con poco e poi con pochissimo. Oppure andarsene. L’Ue ha preferito spaccare tutto, imponendo a ogni mercato nazionale di “aprirsi alla concorrenza” con l’ossessione dalla riduzione dei costi, che in primis significa bassi salari e lavori precari. Un “mercato unico dei capitali” per indirizzare magicamente gli enormi risparmi europei verso gli investimenti produttivi. Ma i ricchi preferiscono da sempre alimentare la speculazione finanziaria e immobiliare che rischiare i loro capitali nella produzione o nei servizi.

Ecco che cosa avrebbe dovuto scrivere Mario Draghi, se fosse una persona intellettualmente onesta, nel suo rapporto sulla “competitività” dell’Unione europea. Le grandi multinazionali statunitensi e cinesi hanno alle loro spalle lo Stato: non è difficile dimostrare che nella terra della Silicon Valley al centro c’è anche lo Stato e, per quanto riguarda quelle cinesi, è come sfondare una porta aperta.

L’ideologia liberista, o comunque la si voglia chiamare, ha corroso il cervello di troppa gente. Ovvio che l’ideologia da sola non basta a spiegare l’alto livello di autolesionismo e stupidità della UE e di chi sostiene il “libero mercato” (non esiste da un secolo almeno, si tratta con tutta evidenza di un falso libero mercato e libero scambio!). Ad ogni modo, senza entrare in altre questioni e allungare il brodo di questo post, questa locuzione, libero mercato, è diventata uno slogan ideologico che giustifica l’arricchimento smodato di alcuni e lo sfruttamento e l’impoverimento di tutti gli altri.

Il conio di certi concetti ha i suoi orafi: gli anarco-liberali individualisti che il progresso degli indici azionari fa ridere selvaggiamente, un gruppo di poligrafi con pretese di essere sottili e colti. Ci rimane un sogno, quello di immergerli, insieme a tutti gli altri della loro specie, in un bagno di furia e di sangue.

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