sabato 28 settembre 2024

La realtà dissanguata

 

In questi tempi, in cui la realtà sembra ovunque sotto attacco, la concezione ipocrita della verità sembra essere condivisa da molti. I difensori della realtà che cercano di arginare il torrente di disinformazione che si riversa su tutti noi spesso commettono l’errore di desiderare un’età dell’oro in cui la verità fosse indiscussa e universalmente accettata. Affermano che questo è ciò di cui abbiamo bisogno, tornare ai bei tempi. La verità è che la verità è sempre stata un’idea controversa.

Il passato è costantemente rivisitato secondo gli atteggiamenti del presente. Lo sarà anche il nostro presente quando diventerà storia. C’è, tuttavia, del vero nell’idea che nel XX secolo esistesse un consenso diffuso sulla natura della realtà. In generale, condividevamo la stessa concezione della natura della realtà, e il racconto storico, di ciò che era stato, era costruito su questa base. Questo consenso si basava anche su una serie di esclusioni, ma non è questo il punto.

Verso la fine del secolo scorso, sotto la pressione di enormi cambiamenti geopolitici e sociali, la concezione della realtà ha cominciato ad apparire falsificata. Si è creata così un nuovo tipo di realtà. Credo che l’influenza nel discorso pubblico di voci sempre più diverse sia stata una buona cosa, che abbia arricchito e aperto la nostra comprensione del mondo a una maggiore complessità, a una moltitudine di realtà. E però in questa nuova realtà, diventata multidimensionale, fratturata e frammentata, coesistono informazioni importanti e le più palesi sciocchezze, apparentemente con lo stesso grado di autorità.

Il bombardamento di uno Stato sovrano con centinaia di morti civili; a fianco la notizia che ci rivela che il Papa ha preso un caffè a Bruxelles. Una vertigine epistemologica: intorno alla manipolazione dei fatti c’è battaglia, e se diventiamo increduli per prudenza, si corre il rischio di una sordità infame. L’eccesso di menzogna ha reso incredibile l’eccesso di verità, banalizzando il nostro rapporto con la realtà. Quaranta o cinquanta mila morti, un milione, per ora, sono solo numeri. La nostra epoca ha deciso che la realtà di cui ha bisogno per i propri affari deve essere dissanguata.


mercoledì 25 settembre 2024

La notte scende sul deserto

 

«In cima ad un altopiano battuto dal vento, il sergente Nabil passa in rassegna gli uomini. Tutti stanno dritti, il collo allungato, le mitragliatrici in spalla. Nabil consegna a ciascuno un Corano con la copertina di percalina blu decorata con arabeschi dorati. È con il cuore pieno di emozione che Fouad riceve il suo. Alza gli occhi al cielo, cercando la pallida traccia di Al- Buraq, il cavallo alato che portò Maometto dalla Mecca ad Al-Quds, chiamata Gerusalemme, poi da lì al firmamento. Attento! grida il comandante. Stringendo con la mano destra il sacro Corano, Fouad proclama all'unisono con i suoi compagni il giuramento di fedeltà all'IDF e allo Stato di Israele. l’espressione con cui completa il giuramento e che segn la fine della sua formazione di base e un omaggio a coloro che “hanno dato la vita per la difesa della patria e della libertà di Israele.

Negli anni scorsi, prima dei fatti recenti, il numero di musulmani e cristiani, ragazze e ragazzi, che hanno scelto di prestare servizio nelle file dell’IDF è aumentato di dieci volte. Ciò che agli albori di Israele era ancora un aneddoto era diventato un vero e proprio fenomeno sociale».

Questo è il “fenomeno sociale” secondo la propaganda sionista in occidente. Ma come stanno effettivamente le cose?

La legge richiede che ogni cittadino arabo-israeliano (il 21,1% della popolazione nel 2022) si rechi all’ufficio di reclutamento e lì si dovrebbe prendere la decisione in merito al suo arruolamento. Questo non accade, l’articolo 1 della legge sui servizi di sicurezza applica effettivamente l’obbligo di arruolarsi nel servizio di sicurezza a ogni cittadino israeliano e residente permanente, indipendentemente da razza, religione, nazionalità o origine. Si tratta cioè di un “obbligo individuale derivante dall’essenza stessa della cittadinanza israeliana”. Ma nella stessa legge, all’articolo 13, viene conferita al “comandante” la facoltà di non far rispettare tale obbligo.

Il ministro della Difesa ha delegato l’autorità militare, lasciandogli un ampio margine discrezionale quando si tratta di decidere chi convocare all’ufficio di reclutamento. Inoltre, nelle istruzioni della Divisione del personale dell'IDF (istruzione Mag 01-01) è scritto in relazione al “reclutamento delle minoranze” che “come regola generale questa popolazione non sarà reclutata per il servizio nelle IDF”, ad eccezione di “persone che esprimono la loro volontà”.

Vediamo fino al marzo 2023 quanti arabi israeliani, che i concittadini ebrei con sarcasmo e altro chiamano “i cugini di quinto grado”, avevano deciso di indossare la divisa israeliana. Il tenente colonnello Hisham Abu Riya, responsabile del reclutamento dei musulmani nell’esercito presso il Ministero della Difesa, in un’intervista alla rete Herenet B: «Oggi, più di 350 soldati musulmani prestano servizio nell’esercito, la maggior parte di loro nelle unità combattenti. 10 anni fa si contavano sulle dita di una mano».

La maggior parte di loro viene impiegata nel controllo delle migliaia di lavoratori palestinesi che si presentano quotidianamente ai vari punti di passaggio tra le enclavi palestinesi e Israele.

Quali sono o possono essere i motivi che spingono dei giovani arabo israeliani ad arruolarsi nell’esercito israeliano? Innanzitutto molteplici vantaggi economici e sociali come del resto succede in qualunque esercito di volontari. Il servizio nell’IDF consente di beneficiare di una certa formazione professionale, stipendio molto alto rispetto agli standard arabi, e, al ritorno alla vita civile, assistenza abitativa e borse di studio. Anche maggiori possibilità di trovare lavoro, la presentazione di un curriculum militare di buon livello offre un sicuro vantaggio nelle assunzioni.

Altra motivazione adotta, ma tutta da verificare, riguarda lo scisma tra l’OLP e Hamas che ha lacerato la causa palestinese, specie tra i palestinesi non musulmani, e il crescente disincanto nei confronti delle figure dominanti sia a Ramallah che a Gaza.

lunedì 23 settembre 2024

Sapevano

 

L’esercito israeliano ha invaso e bombardando Gaza uccidendo decine di migliaia di persone e radendo al suolo più di 80mila edifici. Per selezionare questi obiettivi, Israele usa un sistema di intelligenza artificiale chiamato Habsora: “Il Vangelo”, il cui utilizzo è stato menzionato anche nell’accusa di genocidio presentata dal Sudafrica contro lo Stato ebraico presso la Corte internazionale di giustizia.

Che cos’è Habsora? È una tecnologia organizzata intorno a un archivio di fonti documentarie che Israele costruisce da anni, a partire semplicemente dagli smartphone e da WhatsApp. Su WhatsApp è possibile rastrellare qualsiasi genere di fonte, anzitutto raccogliere informazioni, che consegniamo a Facebook, o meglio a Meta, la corporation che utilizza Facebook, Instagram, WhatsApp ecc., su chi lo usa e sulla sua rete di relazioni.

Reti che dopo un po’ sono talmente ovvie, evidenti e dichiarate, che consentono di dire: il tal dei tali è militante in una certa formazione politica e i suoi amici più stretti sono A, B, C, D mentre gli altri sono conoscenti, li ha tenuti fuori da un gruppo e sono dentro un altro. Questa tecnologia ha consentito una mappatura assoluta, per esempio, dell’intero mondo palestinese; una mappatura che permette di dire che il tal dei tali abita al settimo piano di un certo palazzo, alla finestra 22, e che ha delle reti che lo identificano come uno che ha molte relazioni in quel particolare mondo.

Quindi sai chi è, sai dov’è, sai il suo grado e gli dai anche un punteggio: lo qualifichi non solo come un interessante obiettivo dal punto di vista della sorveglianza, ma per la sua graduatoria di relazioni molto alta. Questo ti consente di fare una terza operazione: dire alle tue macchine che lo colpiranno, quando deciderai che deve essere colpito, la quantità di “danno collaterale” accettabile rispetto al suo grado di importanza. Importanza minima: tre civili morti; media: dieci civili morti; alto livello: non ha importanza quanti civili morti. Se ne fottono del Diritto umanitario internazionale.

Sono in grado tecnologicamente di decidere i danni collaterali, il possibile e il non-possibile nella nostra vita. Le tecnologie sono pronte, sono in vendita e vengono proposte: Israele vende le proprie garantendo la loro IA come sperimentata sul campo. E vende la penultima versione, tenendosi il modello più avanzato, che usa per controllare l’utilizzatore della tecnologia che ha venduto.

I morti di Gaza, della Cisgiordania, del Libano, non solo soltanto morti degli israeliani. Sono anche morti nostri, perché siamo in grado di sapere che cosa sta effettivamente accadendo. Il nostro silenzio è complice. Perché quei morti, feriti e mutilati non sono solo dello Stato israeliano, sono anche di tutti quelli che dicono che va bene così e di coloro che non sono capaci di vedere la gravità di ciò che accade.

Se condividi il contesto geopolitico statunitense, non fai altro che riprodurre esattamente la logica di potere e la logica del contesto geopolitico di Washington e dei suoi alleati. Non fai altro che lo stesso lavoro di un soldato israeliano sul fronte. Lo stesso lavoro che facevano e che hanno fatto per anni i cittadini tedeschi di fronte ai campi di concentramento: c’erano, i prigionieri venivano prelevati al mattino per fare dei lavori e riportati al campo la sera. Tutti coloro che volevano sapere, sapevano.

domenica 22 settembre 2024

Il mercato della carne (umana)

 

Un milione di morti, scrive il Wall Street Journal. La responsabilità di questa guerra e di questi morti è di Putin, l’invasore. Oppure, Putin non ha fatto altro che difendere la popolazione russa delle regioni ucraine massacrata da quelli che potremmo definire i nazisti dell’Illinois. E ancora: la Russia non poteva fare altrimenti, minacciata da ogni lato dalla protervia bellicosa della Nato e dei suoi vassalli.

Stiamo ancora a discutere su chi ha ragione e su chi ha torto. Un milione di morti, un’ecatombe che però per noi diventa un’astrazione. Il nostro mondo immediato sembra in pace, costruito sui valori della libertà e degli ideali. È solo una finzione rassicurante, tutto può precipitare da un giorno all’altro. Ci siamo già dimenticati di cosa è successo nell’ex Jugoslavia.

Per citare solo un dettaglio, la cui forza testimonia l’entità della regressione nell’odio: al banco della macelleria del mercato di Mostar – oggi deserto di ogni presenza serba – il pezzo di carne corrispondente al filetto di manzo si chiama “braccio serbo”. Già solo questo riferimento antropofagico illustra chiaramente la dimensione culturale che l’odio occupa ancora oggi in questa popolazione uscita dalla guerra civile quasi trent’anni fa.

Prima o poi le armi taceranno anche in Ucraina, ma i traumi causati da questa guerra dureranno per sempre. Una guerra, un massacro, che i responsabili politici occidentali non solo non hanno saputo evitare, ma hanno favorito in ogni modo. Poco importa se l’aggressore è Putin o chi altri, resta il fatto che non hanno fatto nulla per impedire il conflitto e invece hanno fatto e continuano a fare di tutto perché continui. Con armi sempre più potenti e micidiali. Con profitti sempre più cospicui per chi le produce e le smercia. Disposti a scatenare qualunque cosa, pur di poter vantare “vittoria”.

mercoledì 18 settembre 2024

Ci rimane un sogno

 

I trattati europei sono soprattutto testi per la distruzione del potere degli Stati, molto più che per la costruzione di qualsiasi cosa. Questi trattati vietano qualsiasi aiuto degli Stati alle imprese, aiuti che sono alla base del successo americano e cinese, paesi che elargiscono sussidi ai loro investitori e innovatori, li proteggono con dazi doganali, li aiutano a conquistare i mercati, ecc. Il divieto generale degli aiuti pubblici da parte dell’Ue è uno degli esempi più spettacolari del rifiuto intransigente di riconoscere allo Stato anche la possibilità di intervenire nell’economia secondo una propria logica.

Quelli della generazione post 1945 avevano tutto: ottimi servizi pubblici e forte crescita, pur tra gli alti e bassi del ciclo capitalistico. Poi sono arrivati “loro”: l’esperienza democratica e riformistica era durata abbastanza. E ci hanno regalato, facendoci votare per un parlamento fasullo, una tecnocrazia europea al servizio delle imprese multinazionali in ogni settore.

I nostri figli e nipoti, invece, dovranno saper convivere con poco e poi con pochissimo. Oppure andarsene. L’Ue ha preferito spaccare tutto, imponendo a ogni mercato nazionale di “aprirsi alla concorrenza” con l’ossessione dalla riduzione dei costi, che in primis significa bassi salari e lavori precari. Un “mercato unico dei capitali” per indirizzare magicamente gli enormi risparmi europei verso gli investimenti produttivi. Ma i ricchi preferiscono da sempre alimentare la speculazione finanziaria e immobiliare che rischiare i loro capitali nella produzione o nei servizi.

Ecco che cosa avrebbe dovuto scrivere Mario Draghi, se fosse una persona intellettualmente onesta, nel suo rapporto sulla “competitività” dell’Unione europea. Le grandi multinazionali statunitensi e cinesi hanno alle loro spalle lo Stato: non è difficile dimostrare che nella terra della Silicon Valley al centro c’è anche lo Stato e, per quanto riguarda quelle cinesi, è come sfondare una porta aperta.

L’ideologia liberista, o comunque la si voglia chiamare, ha corroso il cervello di troppa gente. Ovvio che l’ideologia da sola non basta a spiegare l’alto livello di autolesionismo e stupidità della UE e di chi sostiene il “libero mercato” (non esiste da un secolo almeno, si tratta con tutta evidenza di un falso libero mercato e libero scambio!). Ad ogni modo, senza entrare in altre questioni e allungare il brodo di questo post, questa locuzione, libero mercato, è diventata uno slogan ideologico che giustifica l’arricchimento smodato di alcuni e lo sfruttamento e l’impoverimento di tutti gli altri.

Il conio di certi concetti ha i suoi orafi: gli anarco-liberali individualisti che il progresso degli indici azionari fa ridere selvaggiamente, un gruppo di poligrafi con pretese di essere sottili e colti. Ci rimane un sogno, quello di immergerli, insieme a tutti gli altri della loro specie, in un bagno di furia e di sangue.

lunedì 16 settembre 2024

La questione demografica: Marx e Malthus

 

Seppur tardivamente, la questione demografica, il drastico calo delle nascite, sembra preoccupare perfino la politica italiana, notoriamente e abitualmente affaccendata su questioni di più grave momento. Gli incentivi a favore della natalità, che in Germania sono cospicui mentre in Italia sono praticamente inesistenti o quasi, non sembrano dare i risultati auspicati. Se non altro nei paesi dove questi incentivi esistono realmente il problema della denatalità è mitigato rispetto al crollo verticale dell’Italia. Del resto in Italia non esiste una politica della casa a favore delle giovani coppie, non esistono politiche salariali e dell’occupazione degne di questo nome, eccetera.

Quella che passa per essere la sinistra, non ha uno straccio di proposta concreta, e del resto non c’è da aspettarsi che gente di certi ambienti sociali, dove prevale l’ideologia liberale tout court, possa proporre alcunché di alternativo in chiave riformistica, quale potrebbe essere un piano casa, da finanziarsi con i proventi dei canoni demaniali rivisti e aggiornati, tassazione dei super profitti bancari, aumento di quella del mercato oligopolistico del gioco d’azzardo (i proventi netti delle slot sono attualmente tassati al 24%), con la confisca dei patrimoni degli evasori fiscali piccoli e grandi, con una tassazione “europea” sulle successioni e donazioni, sulle polizze vita, eccetera, eccetera. Né ci si può aspettare da chi vive di alti emolumenti parlamentari, di partecipazioni societarie e lucrose cedole, di affitti e canoni, l’introduzione della scala mobile anche per i salari. Di questo passo, la destra, qualunque possa essere la sua bandiera, semplicemente conservatrice o spavaldamente reazionaria, governerà l’Italia e l’Europa per tutto questo secolo, forse anche per il successivo.

*

Malthus fu il responsabile intellettuale della riforma della Legge sui Poveri del 1833, che abolì ogni forma di soccorso a livello parrocchiale. Non è questo l’unico motivo per cui fu tanto inviso a Marx ed Engels. Malthus fu anche l’autore del Saggio sul principio della popolazione (1798), e Marx ed Engels, al contrario di altri autori del loro tempo, non si proponevano di confutarlo sul punto centrale della fertilità, trascurando altre variabili (*).

Gli orientamenti del pensiero di Marx sulla popolazione, erano direttamente collegati a due elementi teorici fondamentali del Capitale, l’accumulazione e il plusvalore, che rimandano ad una questione centrale, la previsione del collasso del capitalismo. Per Marx ed Engels era necessario adottare l’approccio opposto a quello “naturalistico” (“eterna legge di natura”) di Malthus, perché la teoria demografica può essere compresa solo attraverso la teoria economica.

Marx propone una legge sulla popolazione e cita i dati demografici che è riuscito a raccogliere. Nei termini di Marx, la legge della popolazione si riduce a spiegare la crescita demografica attraverso l’accumulazione di capitale e soprattutto attraverso l’evoluzione della sua composizione organica.

Tutto separa Malthus da Marx: l’approccio stesso del pensiero, ondulato nell’uno, strutturato nell’altro, la costruzione teorica e infine il ruolo politico. Una cosa li accomuna: entrambi hanno proposto una vera legge sulla popolazione. O meglio, entrambi erano fermamente collocati sul piano teorico, Malthus credendo nell’universalità nel tempo e nello spazio del principio di popolazione, Marx postulando l’esistenza di leggi demografiche specifiche per ciascun modo di produzione.

Come leggere ciò che Marx scrisse sulla popolazione? È certamente necessario verificare la coerenza della costruzione teorica, che riguarda l’economia politica – poiché la legge della popolazione è quella di un modo di produzione – concentrandosi più particolarmente sui suoi concetti centrali, quelli di domanda di lavoro e di plusvalore (capitolo 25 del I libro del Capitale). Ma non solo: un primo contributo era stato dato da Engels con l’analisi della povertà della classe operaia come fattore di matrimonio precoce e di elevata fecondità. Un altro è il riconoscimento delle varie forme di mobilità e in particolare dell’entità dell’esodo rurale. La morbilità, la malnutrizione e la mortalità negli ambienti della classe operaia sono un terzo contributo.

Ora, se l’economista Marx propone una legge demografica del capitalismo, essa deve tenere conto di tutti i comportamenti socio-demografici, quelli dei capitalisti, dei lavoratori, delle altre classi sociali, anche se sono condannati a scomparire. Ma se la qualità del sociologo delle classi lavoratrici è indiscutibile, Marx dice ben poco sul comportamento demografico delle altre classi sociali. Il che, a sua volta, priva la sua costruzione teorica della verifica sperimentale.

Mentre collega magistralmente l’analisi del funzionamento concreto del capitalismo alla teoria dell’accumulazione di capitale, il concetto di sovrappopolazione relativa per analizzare il funzionamento del mercato del lavoro, e infine sono convincenti i dati demografici specifici della condizione di lavoro, tuttavia l’osservazione demografica complessiva relativa a quella stessa Inghilterra negli anni Sessanta dell’Ottocento lo mette in difficoltà per il motivo che non poteva utilizzare i dati relativi all’intera popolazione, interpretandoli come se fossero rilevanti per una sola classe sociale.

Non avendo potuto distinguere ciò che era specifico della classe operaia da ciò che riguardava l’intera popolazione, Marx non relativizzò le implicazioni teoriche delle sue concezioni molto concrete in termini di fertilità, matrimonio, mortalità e migrazione. Non tenne conto insomma, in termini di teoria della popolazione, del ruolo delle altre classi sociali e in particolare di quella classe sempre più allargata che oggi definiamo come classe media. Né ancora si manifestava così chiaramente – e dunque non possiamo farne troppo torto a Marx – ciò che è avvenuto in seguito, ossia il tramonto della famiglia patriarcale e l’impatto della nuova condizione della donna in rapporto alla produzione di figli.

Malthus, dal canto suo, mettendo in guardia contro il rischio di insufficienza della domanda effettiva, aveva di fatto minato definitivamente l’ottimismo liberale riguardo al futuro del capitalismo. Keynes, che condivideva anch’egli questa opinione, aveva, come noto, proclamato Malthus il primo degli economisti di Cambridge, per aver previsto, contro Ricardo, il rischio di una crisi generale legata ad un’insufficienza della domanda effettiva.

Ciò detto, tuttavia, dal punto di vista della dottrina sociale, Malthus si pronuncia in modo molto moderno, ossia a favore di una società composta da classi medie, che consentirebbe di massimizzare la domanda effettiva. È l’industria che permette, a lungo termine, come principale fonte di domanda di lavoro, di migliorare il benessere e risolvere il problema sociale, stimola la crescita demografica senza comportare un peggioramento delle condizioni di vita della popolazione. Nel breve termine, la regolamentazione si ottiene attraverso le fluttuazioni del tenore di vita e dei tassi di matrimonio, che variano entrambi con la domanda di lavoro.

Marx vide chiaramente la posta in gioco politica, ed infatti scriveva nelle Teorie del plusvalore: “Malthus ammette la produzione borghese purché non sia rivoluzionaria, che non sia una forza storica, ma che crei una base materiale più ampia e più conveniente per la vecchia società”. Del resto, non è aumentando le classi improduttive che si eviteranno le crisi. Su questo punto Marx non poteva quindi che combattere strenuamente Malthus. Infatti, se esiste una soluzione alla crisi del capitalismo dal lato dei consumi, se nonostante il processo di accumulazione, le scorte derivanti dalla produzione di massa a prezzi bassi possono affluire sui mercati grazie alle classi medie consumatrici, allora le contraddizioni del capitalismo vengono disinnescate.

L’equivoco di base di Malthus e dei suoi epigoni, è pensare che la contraddizione centrale dell’economia capitalistica sia da rintracciarsi nel rapporto tra produzione e consumo. Pertanto essi individuano la causa della crisi nella sovrapproduzione di merci determinata dalla loro difficoltà a realizzarsi in seguito al sottoconsumo, vale a dire alla povertà e alla limitatezza di consumo delle masse.

Tra parentesi, anche la cosiddetta teoria di sproporzionalità appartiene al novero delle concezioni che individuano la causa della crisi nella sola sovrapproduzione di merci. Per i sostenitori della teoria della sproporzionalità, la crisi dell’economia capitalistica deriverebbe da uno sviluppo sproporzionato dei diversi settori della produzione sociale.

Nel modo di produzione capitalistico la contraddizione tra produzione e consumo assume effettivamente una rilevanza di primo piano, poiché la crisi di sovrapproduzione è anche “crisi di sottoconsumo”, benché quest’ultima ne rappresenti unicamente un lato, un aspetto, non la necessità.

Le contraddizioni operanti nella sfera del consumo, infatti, sono indotte da quelle interne alla sfera della produzione. Di conseguenza la genesi della crisi va ricercata nella produzione di plusvalore, e non nella sua realizzazione. Procedere in senso inverso, collocando cioè la contraddizione principale nella circolazione, conduce inevitabilmente alle interpretazioni della crisi come, appunto, crisi di sottoconsumo. Questa tesi alimenta l’illusione che sia possibile risolvere la crisi intervenendo sulla sfera del mercato e degli investimenti, in definitiva agendo sul movimento del denaro, dei tassi e sulla fiscalità.

(*) Schumpeter, tanto per citare un autore noto alla larga platea, discute brevemente ed evasivamente le leggi demografiche malthusiane e marxiste e le rimanda una dopo l’altra. Anche il pensiero economico recente si rivela deludente (potrebbe essere diversamente con questi chiari di luna?).

domenica 15 settembre 2024

Un "popolo" diverso dagli altri

 

La guerra di Benjamin Netanyahu a partire dall’ottobre 2023 è direttamente influenzata dall’ideologia sionista. Il sionismo è soprattutto un progetto politico: ricostruire gli ebrei come nazione. Non volevano più essere una minoranza innestata in un collettivo nazionale europeo, ma formare il nucleo di una nazione ebraica. Un simile progetto richiedeva di riunire nello stesso luogo gli ebrei europei, ritenendo che il luogo più adatto fosse la Palestina, una minuscola regione del vasto Medio Oriente considerata la terra d’Israele, in nome di una storia e di una memoria ebraica di pura fantasia, così com’è pura ideologia il riferimento a un’origine biologica comune come criterio decisivo di definizione di appartenenza allo stesso popolo.

Nell’ideologia sionista l’occupazione della Palestina è insieme un ritorno (ritorno a Sion) e un nuovo inizio, in un Paese che deve essere aperto all’immigrazione ebraica. Ciò porta inevitabilmente a un conflitto che mette di fronte chi c’era da migliaia di anni e chi arriva con la pretesa fondarvi uno Stato (Grande Israele) in quella che ritiene essere la sua terra. Per gli arabi nativi, questi nuovi arrivati erano e sono degli estranei. Per gli ebrei diventa criminale l’opposizione violenta della popolazione locale.

Al giorno d’oggi, il sionismo si dichiara favorevole alla democrazia, ma ha solo una definizione di democrazia, nel senso strettamente elettorale: “Abbiamo la maggioranza, facciamo quello che vogliamo” e con questa maggioranza neutralizziamo, uno per uno, tutti gli oppositori al nostro potere (vedi la legge del 19 luglio 2018 approvata dalla della Knesset). È questa l’essenza ideologica del sionismo politico, sin dalla sua formulazione da parte di Theodor Herzl. Per gli ebrei in Israele, la parola “sionismo” ha un significato che non è altro che un sinonimo di “patriottismo”. Dire “sono un sionista” è dire “sono un patriota”.

La condizione ebraico-sionista si intreccia con la dimensione religiosa. Ebreo è chi nasce da madre ebrea; la nazione ebraica concepita dal sionismo ha inventato le procedure di naturalizzazione israeliane: chiunque voglia entrare nella nazione ebraica deve sottoporsi ad una conversione davanti alle autorità rabbiniche. Non solo Israele è lo Stato-nazione del popolo ebraico, ma l’appartenenza religiosa si confonde di fatto con la cittadinanza israeliana, con un ebraismo nazionalista standardizzato dal potere civile.

Una parte significativa della società israeliana è religiosa e praticante e quindi avanza esigenze specifiche riguardo all’organizzazione della vita pubblica in conformità ai comandamenti religiosi. Situazione non molto diversa da quella dei paesi islamici fondamentalisti.

L’attuale coalizione governativa è composta da cinque partiti: il Likud, di cui Netanyahu è a capo, ed è l’unico a non definirsi un partito religioso. Al contrario, gli altri quattro, Shas, Torah Judaism, Jewish Force e Religious Zionism, sono tutti partiti confessionali. Shas e Torah sono partiti ortodossi, il primo riunisce l’elettorato ultraortodosso dei mizrahì originari di Medio Oriente e Maghreb, il secondo è ortodosso ashkenazita (immigrati originari est Europa). Sono sulla stessa linea massimalista del governo riguardo ai territori occupati. Gli altri due gruppi, il Sionismo Religioso e la Forza Ebraica, seguono una linea suprematista, che traggono dalla loro interpretazione etnocentrica della fede ebraica e della promessa divina. Questi quattro partiti sono insieme perché il loro elettorato è religioso e tradizionalista.

Per il sionismo religioso, presieduto da Betsalel Smotritch, e il partito Jewish Force, guidato da Itamar Ben-Gvir, ciò che conta è l’ingiunzione della promessa divina, come la intendono loro. Secondo loro bisogna tornare nella Striscia di Gaza non solo per sradicare Hamas, ma per ricreare gli insediamenti smantellati nel 2005. Tutti e quattro i partiti invocano Dio nei loro discorsi, ma i due partiti più estremisti invocano Dio per giustificare colonizzazione e l’insediamento a Gaza e in Cisgiordania.

Oggi prevale la versione sionista che persiste nel voler colonizzare la Palestina con tutte le sue forze e tutti i mezzi. Chi non la pensa come loro è, ai loro occhi, un antisionista. Chi dice di essere sionista e però si dice anche contrario all’occupazione dei territori è in una palese contraddizione. Dichiararsi antisionista è come dichiarare il proprio antisemitismo, ossia negare il diritto degli ebrei ad essere un popolo come gli altri. Solo che gli ebrei non si considerano un popolo come gli altri.

venerdì 13 settembre 2024

Determinismi interiorizzati

 

Negli anni 1960, Andy Warhol spiegò di amare gli Stati Uniti perché, in questo paese, un milionario e un senzatetto bevevano la stessa Coca-Cola. Non gli venne nient’altro in mente a proposito della produzione d’identità e, per contro, delle reali differenze di classe. Anche i suoi “dipinti” erano prodotti in serie, ma non li vendeva ai senzatetto. Come fabbricare un paio di jeans per i ricchi e un altro per i poveri?

Prima di essere un sistema, il capitalismo è un problema: come creare distinzione? Come possiamo garantire che la stratificazione sociale venga perpetuata? La sopravvivenza del sistema dipende dalla sua capacità di rispondere a questa domanda. Ogni classe sociale non ha solo gli articoli a lei destinati, ma anche i luoghi in cui può acquistare i suoi.

In passato il lusso era naturalmente riservato ai nobili; oggi, ci sono negozi riservati a una manciata di persone facoltose, di proprietà di miliardari e destinati ai milionari. Un nuovo modo di considerare il privilegio. I poveri restano fuori, a guardare le vetrine. E andranno a casa per ordinare su Internet. Tutti interiorizzano i vincoli di classe, ed è così che il sistema regge: facendo liberamente le nostre scelte.

Lo stesso vale per gli asili nido, le scuole, le spiagge e anche per i partiti politici e i loro elettori. Sempre di braghe di tela e altri bling-bling si tratta, ma ad ognuno sono offerte le sue preferite. Comprese le “idee” politiche.

Poiché la maggior parte dei bisogni primari è stata soddisfatta, non restano che oggetti inutili che devono essere resi essenziali. Lo scopo del capitalismo consiste nell’inventare costantemente nuovi desideri. Quello della politica è d’inventare nuovi miti, nuovi slogan, nuove bugie, nuove stronzate profonde in cui credere. Sfumature senza le quali il sistema non sopravviverebbe.

mercoledì 11 settembre 2024

Il vento maligno

 

Normalmente, quando un partito ottiene poco più del 50% dei voti, vince le elezioni e ottiene il diritto di governare. E peccato per il 49% degli elettori del campo avversario. Tuttavia, anche se il 49% non è la maggioranza, rappresenta comunque quasi la metà degli elettori. È davvero democratico che il 51% degli elettori imponga il proprio programma al restante 49%? Non proprio, ma è così che funziona in democrazia, compresa la repubblica di Weimar.

Salvo che negli Stati Uniti, il paese più democratico del mondo, in realtà un paese binario e diviso. Puoi prendere anche 3 milioni in meno di voti popolari e però prendere possesso legalmente della Casa Bianca e dei relativi poteri, compreso quello di dichiarare guerra a chiunque.

Ci sono posti come il Nevada dove firmi su un registro e voti. Nello Stato di New York esiste anche la descrizione fisica dell’elettore, mentre in California è sufficiente inserire il tuo nome e indirizzo in un registro e gli addetti al seggio devono solo verificare che i recapiti compaiano sulle liste elettorali.

A novembre si terrà un referendum a favore o contro Trump. È sulla base di queste anacronistiche follie che Trump farà affidamento per contestare le elezioni qualora dovesse essere battuto da una maggioranza risicata. Il vento maligno della Storia, dei suoi demagoghi e dei suoi assassini, ha ripreso a soffiare con forza.

domenica 8 settembre 2024

Una gigantesca menzogna

 

«Una persona che, come me, si è occupata per gran parte della vita di letteratura inglese e americana, dovrebbe aspettarsi come prima domanda al suo ritorno da un viaggio negli Stati Uniti: «Qual è la situazione presente nella letteratura americana?» e se non sapesse rispondere con informazioni precise e dettagliate, magari accomodate in una prospettiva speciosa, non dovrebbe meravigliarsi di sentirsi rimproverare di non conoscere il proprio mestiere e il proprio dovere. Non è che io non abbia fatto sondaggi, ma l’unica conclusione a cui mi par lecito giungere è la stessa che in ogni altro Paese culturalmente di primo piano nel mondo occidentale: si possono fare dei nomi come John Updike, Malamud, Truman Capote, ma la verità è che dopo la scomparsa di Faulkner nessuna figura cospicua, neanche Steinbeck, come vorrebbero alcuni, è da segnalare nella letteratura americana. Quanto poi ai cappelloni di qui, sono ancora infatuati del romanzo utopistico dell’inglese Tolkien, su un popolo completamento immaginario.» (Mario Praz, Il mondo che ho visto, p. 158).

Nell’aprile del 1927, nel delta del Mississippi, dopo i violenti temporali durante il fine settimana di Pasqua, il fiume ha iniziato la sua più grande piena a memoria d’uomo (bianco). Milioni di ettari sommersi, mezzo milione di sfollati, centinaia di morti, soprattutto neri sfruttati nelle piantagioni di cotone. Appare subito evidente che le cause di questa devastante alluvione non sono solo meteorologiche: le capacità di assorbimento dei suoli del bacino del Mississippi furono ridotte dalla deforestazione, dal drenaggio delle zone umide e dalla monocoltura, che mirava ad espandere lo sfruttamento industriale del cotone. Gli ingegneri che costruirono il sistema di dighe si sbagliavano nella comprensione del comportamento del fiume. L’intera nazione è colpita da questa tragedia, si riattivano le divisioni della Guerra Civile: il Nord giudica il Sud arcaico e razzista, e il Sud accusa il Nord di sfruttare le sue risorse.

William Faulkner aveva compreso molto presto questo problema. Cresciuto sul fiume, ha capito prima di chiunque altro che gli atti politici hanno un peso anche sulla natura. La grande alluvione del 1927 gioca un ruolo importante in molti dei suoi capolavori, come L’urlo e il furore o Mentre morivo (As I Lay Dying). È durante la grande alluvione che i neri, forza lavoro delle piantagioni, non poterono andarsene: furono trattenuti con la forza dai proprietari, con l’aiuto della guardia nazionale. La Croce Rossa rinchiuse le famiglie nere in quelli che lei stessa chiamava campi di concentramento, per tenerle a disposizione e per farle lavorare rafforzando le dighe.

Non esiste un luogo in cui commemorare la memoria della schiavitù, non più di quanto esista un luogo dedicato alla memoria della distruzione dei nativi americani, l’altro crimine su cui sono stati costruiti gli Stati Uniti.

La storia ufficiale degli Stati Uniti d’America è una gigantesca menzogna.


venerdì 6 settembre 2024

Le scimmie di Agnelli

 

Il vecchio sogno dei padroni: la forza-lavoro, lo schiavo umano, sostituito dallo schiavo macchina, lo schiavo bionico. Chi se ne lamenterà? Puoi frustare una macchina, prenderla a calci in culo, insultarla, romperla con un martello, non appartiene alla specie umana. Soprattutto non sciopera e non rompe i coglioni per il rinnovo del contratto.

Ricordo un’intervista di Giovanni Agnelli, detto Gianni, nella quale, divertito, raccontava di un esperimento effettuato presso gli stabilimenti della Fiat: una “giostra”, una catena di montaggio, dove al posto degli operai erano state immesse delle scimmie. Eppure è noto che lo sviluppo delle funzioni psichiche superiori, che ha una natura essenzialmente storica e dunque è una specificità propria dell’uomo, non riguarda gli altri primati né gli economisti.

La prossima previsione? Il momento in cui le macchine riusciranno a migliorarsi e in cui gli esseri umani non avranno altra scelta se non quella di fondersi con loro. Le persone con l’intelligenza, l’istruzione e/o la ricchezza necessarie per potenziare il proprio corpo e il proprio cervello diventeranno una specie che avrà poteri di gran lunga superiori a quelli della specie umana. Le persone che, per un motivo o per l’altro, non si evolvono nella stessa direzione, diventeranno la specie inferiore incapace di sopravvivere o in grado di sopravvivere solo per servire come schiavi.

I migliori trionferanno. E i migliori sono quelli che hanno i soldi. Che cosa accadrà ai diritti degli altri il giorno in cui una frazione dell’umanità avrà raggiunto questo potenziale di “uomo aumentato”?

Questo futuro non sta per realizzarsi, contrariamente a quanto affermano questi tecnoprofeti. Dei folli incapaci di pensare all’umanità se non attraverso il prisma della tecnologia e del denaro. Fanno di tutto per essere i primi a padroneggiare queste tecnologie, perché ciò equivarrebbe, pensano, a padroneggiare il futuro dell’umanità.

Come sempre, le fantasie di queste élite hanno poco peso di fronte alla realtà scientifica: affermano che un giorno saremo in grado di trasferire il nostro cervello in un computer, “trascendere” il nostro cervello in una sorta di disco rigido. Questa è una stronzata. Attualmente siamo in grado di simulare le connessioni di un piccolo verme chiamato Caenorhabditis elegans e che ha solo 302 neuroni. Detto questo, nonostante tutte le conoscenze che abbiamo al riguardo, non riusciamo ancora a riprodurre il suo modo di funzionamento.

giovedì 5 settembre 2024

Una proposta semplice e ragionevole

 

In Italia, dove la lotta politica è assente da decenni, lo scontro tra poteri avviene nelle camere da letto. Frega nulla che tutto è sfavorevole alle attività sane in questo paese, che le cosiddette privatizzazioni e liberalizzazioni sono state e continuano ad essere la più grande rapina a danno di un paese dall’epoca di Alarico. La politica italiana si occupa d’altro, è diventata un torrente di iniquità, vanità e sfrontatezza, un susseguirsi di battute da trivio, di datori di lezioni pompeiane.

Non parliamo poi di lotta di classe, che non esiste in quanto è superata dal fatto che la classe dei padroni e le classi intermedie sue alleate non hanno alcun interesse ad agitare le acque dello stagno sociale. Il progetto di devastazione sociale è stato portato avanti con scientifica determinazione. Dentro di noi l’amarezza, un disgusto immenso, in superficie lo sconforto, che si muta in mugugno, improperio, turpiloquio e un sarcasmo tutto sommato ossequioso.

Da quanto tempo il tuo tenore di vita è stagnante? Sei mesi, vent’anni? I salariati italiani lavorano più ore a settimana dei tedeschi, questi ragazzi in gamba che danno lezioni di Arbeit a tutto il mondo. Non dico di cercare la formula per rovesciare il mondo (col rischio di trovarla: questa fine del mondo è tutta nostra), ma una proposta semplice e ragionevole: l’indicizzazione di salari e stipendi all’inflazione? Che cosa c’è di bolscevico nel recuperare almeno in parte ciò che ci viene tolto con l’aumento dei prezzi?

mercoledì 4 settembre 2024

La crisi di nervi tedesca

 

Alternativa per la Germania (AfD) ha ottenuto un risultato del 32,8 per cento alle elezioni in Turingia e del 30,6 percento in Sassonia. Questa percentuale di voti è quasi pari a quella che i nazisti avevano ricevuto alle ultime elezioni del Reichstag nel novembre 1932 prima di prendere il potere, il 33,1 per cento. L’AfD è quindi di gran lunga la fazione più forte nel nuovo parlamento statale in Turingia ed è solo a un seggio dietro la CDU in Sassonia.

I partiti del governo di coalizione federale tedesco, i Socialdemocratici, i Verdi e i Liberali Democratici, insieme hanno ricevuto solo il 10,2 percento dei voti in Turingia, meno di un terzo di quanto ottenuto dall’AfD, e in Sassonia hanno raggiunto un totale del 13,3 per cento.

Si cerca invano una spiegazione del perché, ottant’anni dopo la fine della dittatura nazista, un partito di estrema destra sia tornato a essere il partito più grande nel parlamento di un Land tedesco.

Da quando SPD, Verdi e FDP hanno assunto il controllo del governo federale, quasi tre anni fa, hanno subito uno spostamento a destra senza precedenti. Ogni aspetto della loro politica è dominato dalla guerra e dal riarmo militare. Hanno quasi raddoppiato il bilancio militare e sostenuto l’Ucraina nella guerra contro la Russia con consegne di armi per un valore di 23 miliardi di euro, più di qualsiasi altro paese eccetto gli Stati Uniti.

Inoltre, il governo tedesco sostiene incondizionatamente il genocidio dei palestinesi. Chiunque protesti contro di esso o anche solo lo critichi è calunniato, intimidito e perseguitato. Le dimostrazioni e le associazioni pro-palestinesi sono vietate e gli attivisti contro la guerra vengono arrestati e imprigionati.

Ma non solo di questo si tratta: quando la SPD salì al potere nel 1998, in alleanza con il Partito Verde, con l’Agenda 2010 distrusse le conquiste sociali dei decenni precedenti e creò un enorme settore a basso salario che prima non esisteva in Germania, alimentando per anni il mito dell’accoglienza che non ha limiti. Nove anni fa, Angela Merkel aveva lanciato il suo grido di battaglia “Possiamo farcela” in risposta a un afflusso storico di immigrati.

La Germania orientale, non si è mai ripresa dalla devastazione industriale dopo la riunificazione e dalle conseguenze dell’Agenda 2010 (l’unificazione distrusse 8.000 aziende e milioni di posti di lavoro). Laddove si assumeva la responsabilità del governo, anche il Partito della sinistra e il suo predecessore PDS perseguivano politiche altrettanto di destra della SPD e dei Verdi, con cui collaboravano a stretto contatto.

In Turingia, dove il partito ha guidato il governo per 10 anni, il Partito della sinistra ha perso quasi due terzi dei suoi voti ed è stato estromesso dal potere. Il Partito della sinistra ora sta facendo tutto il possibile per aiutare la CDU a ottenere una maggioranza sicura.

La SPD, che da tempo ha cessato di essere un partito anche solo larvatamente di sinistra, rappresenta gli interessi delle corporazioni, delle banche, dell’apparato statale e dell’imperialismo tedesco. È incapace di fornire una risposta alle questioni sociali che affliggono milioni di persone. Lo stesso vale per i Verdi, il partito della ricca ed egoista classe medio-alta urbana.

A ciò si aggiunge, cosa non da poco, la crisi che affliggono le case automobilistiche tedesche, in particolare la Volkswagen, nonostante il governo federale voglia lanciare nuovi aiuti per l’industria (i vantaggi fiscali ammonteranno a 585 milioni di euro solo per l’anno prossimo).

Questa dinamica politica di base può essere osservata in quasi tutti i paesi occidentali. L’incapacità dei partiti “di sinistra” o “democratici” di affrontare le questioni sociali più urgenti spinge l’elettorato verso i partiti di destra e i fascisti.

lunedì 2 settembre 2024

Sogni

 

Ieri, leggevo, sull’indebitatissimo quotidiano di Confindustria, un articolo dal titolo: Sogni pilotati per influenzare e potenziare la mente. Ho subito pensato: finalmente avrò sogni decenti da ricordare, e non l’attuale scoubidou narrativo che mi ritrovo ad ogni risveglio.

«L’ambito delle neurotecnologie si appresta a penetrare quella che è la vera ultima frontiera: il cervello. Sono infatti in fase di sviluppo numerose tecnologie in grado di interfacciarsi con il cervello umano, promettendo enormi benefici ma paventando anche potenziali pericoli, da gestire».

Come solito i pericoli sono dati in gestione non si sa bene a chi (ve lo dico tra una riga e mezzo), quanto ai benefici, questi sono da spartire tra gli “investitori”, dove non manca la Neuralink, compagnia di Elon Musk, né Blackrock Neurotech, eccetera.

Scrive il giornale: «[...] tali tracciati venivano poi interpretati da Ai [e da chi, sennò?], che ne deduceva il possibile significato con accuratezza del 53% [...]». Insomma, il risultato del lancio di una monetina: testa o croce purché sia un bel lancio. Ma, promettono, sapranno fare di meglio in futuro.

Prende corpo e si consolida il processo di riproduzione allargata della schizofrenia come forma mostruosa della sua normalità coatta, moderna epidemia sociale che esplode nella violenza massificata. Ancora qualcuno rimpiange un’umanità sottratta, ma come nei sogni non ricorda più di che cosa realmente si tratta.

domenica 1 settembre 2024

Desideri

 

Non è un paradosso della società attuale, ne rappresenta invece l’essenza. Un uomo, sui novanta chili, pensionato ex operaio, acquista per alcune migliaia di euro una nuova bicicletta perché pesa 250 grammi in meno della precedente.

Non dobbiamo scambiare la contraddizione principale con quella secondaria ... Cultura borghese e cultura proletaria. La lotta tra le due linee. Per stabilire un legame tra le masse dobbiamo agire in conformità con i loro bisogni e i loro desideri. I desideri delle masse ... Ma siamo seri, che cosa ce ne frega a noi dei desideri delle masse?