lunedì 15 giugno 2020

Galeotto fu il libro



Quasi mezzo secolo fa, partecipai a un concorso pubblico per dei modesti posti di lavoro presso lo … di Venezia. Le prove di concorso, scritto ed orale, si tennero presso una villa in terraferma. Le domande furono oltre 600, i partecipanti effettivi poco più di 500. Lo scritto si tenne in un giorno di gennaio, la notte prima aveva nevicato. Ricordo che durante il tragitto di andata, presso la villa, dovetti improvvisamente frenare, in tal modo l’auto per il ghiaccio fece almeno due testacoda. Senza danni per fortuna. Non prometteva bene.

Il titolo del tema sul quale dovevamo cimentarci era piuttosto banale, per non dire altro. Dovevamo descrivere una città in cui non eravamo mai stati ma che ci sarebbe piaciuto visitare. Il titolo del tema non specificava se si trattasse di una città reale o immaginaria. All’istante non ebbi dubbi circa il mio interesse d’improbabile visitatore: la città di Utopia.

La parola fu inventata da Thomas More nel 1516, il quale era molto vicino agli umanisti dell’epoca, ad Erasmo in particolare. Sebbene More fosse un alto dignitario, non si fidava del potere. Ricorse a un escamotage letterario inventando una favola fantastica sotto forma di un diario di viaggio, il cui protagonista è Raffaele Itlodeo. Riuscì a sviluppare una critica dell’Inghilterra di Enrico VIII descrivendo la sua isola ideale, perfetta inversione dell’isola di cui criticava i metodi di governo. Ogni lettore può immaginare la propria utopia, favolosa invenzione che ha dato origine a tutte le interpretazioni più contraddittorie, compresa la mia.

Svolsi l’immaginario viaggio in quattro facciate con la mia grafia minuta ma chiara. Erano tempi diversi, il 1968 era trascorso da poco, certi ideali non erano ancora stati gettati nel fosso, come diceva già allora una nota canzone. Gli orali, ai quali vennero ammessi i primi venti classificati, si tennero ben nove mesi dopo, in un pomeriggio ancora afoso. Non ostante nel frattempo avessi già presa una mia decisione, volli sostenerli ugualmente, se non altro per vedere come sarebbe andata a finire e quale impatto aveva avuto il mio tema. Ed infatti trovai molta curiosità a riguardo di esso, e nel colloquio che ne seguì si parlò quasi esclusivamente di quel mio esercizio di fantasia.

Pertanto, per quanto mi riguarda il libro di Thomas More giocò un ruolo decisivo in quel concorso. Dipoi, non so chi, ma sicuramente un tizio o una tizia ebbe il suo posto di lavoro per la mia rinunzia. Probabilmente quella mia decisione cambiò il corso della sua vita, così come quello della mia. La nostra sorte era stata posta in bilico da un libro scritto in latino quasi mezzo millennio prima.

3 commenti:

  1. Mi piacerebbe leggere la tua opinione su un'altra utopia: quella di Fourier e del suo "Nuovo mondo amoroso".
    Italo Calvino scrisse che Marx, e soprattutto Engels, lo lessero con interesse e apprezzamento

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    1. Il mio giudizio è esattamente quello che si può rintracciare nel 3. para. del III capitolo de Il manifesto del partito comunista, dal titolo: Il socialismo e comunismo critico-utopistico.
      ciao

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  2. Va bene però, se non lo ricordi, rileggi quello che scrive Engels nell'Anti-Dühring (Parte terza, 1. cenni storici, paragrafo 6: "Mentre in Saint-Simon...")

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