Finora si tratta di un terzo dei decessi registrati con l’influenza del 1957.
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La tubercolosi è una delle prime cause di morte nel mondo: 10,4 milioni di persone hanno contratto la tubercolosi nel 2018, 1,3 milioni sono morte a causa della malattia. Si stima che 1 milione di bambini si siano ammalati di tubercolosi e 230.000 siano morti; si stimano 558.000 nuovi casi con resistenza alla rifampicina, il farmaco più efficace contro la tubercolosi.
La tubercolosi ha un impatto endemico basso in Italia (circa 4.000 casi), ed è per questo motivo che restiamo finora immuni dall’isteria, di modo che la Gruber possa occuparsi del coronavirus che la solletica ogni sera dentro i suoi attillatissimi Lederhosen.
Grazie a dio la tubercolosi riguarda soprattutto gli altri, ossia India, Cina, Indonesia, Filippine, Pakistan, Nigeria, Bangladesh e Sud Africa, ma vi sono elevati tassi di mortalità anche in Turkmenistan (9,9/100.000), seguita da Ucraina (8,7) e Azerbaijan (8,7).
E, del resto, noi siamo immuni dal razzismo, diciamo “nero” anziché “negro”, e guardiamo con simpatia papa Francesco nel momento in cui la crisi del cattolicesimo spinge il Vaticano a essere aggiornato sulla realtà del presente.
L’importante è che rimangano salde le gerarchie geopolitiche, quando l’alieno non è più ai margini del pianeta, quelle urbanistiche e quelle sociali: schiavo – caporale – padroncino – dirigente – azionista multinazionale. È la razionalità moderna dettata dalle leggi mercantili, cui la brutalità poliziesca e stupidità burocratica fanno da corollario secondo tradizioni e sfumature locali.
Il vero parassita di cui gli esseri umani sono ospiti compiaciuti è altro dal coronavirus.
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A pagina 10 del Sole 24ore di ieri, è pubblicata un’intervista con l’oncologa pediatrica Franca Fossati-Bellani, la quale esordisce così: “Nella prima fase della pandemia abbiamo perso la testa. Come se fossimo nell’antico testamento. Il coronavirus sembrava una delle sette piaghe d’Egitto”.
Più avanti prosegue: “La retorica degli ultimi anni di una grande Milano nella piccola Italia può aver influito [per ciò che è successo]. Anche se ha influito ancora di più il modello sanitario costruito negli ultimi 25 anni. L’eccellenza, l’eccellenza, l’eccellenza: il miglior stent, la migliore protesi, il miglior tutto. Tutto questo ha edificato una cattedrale incentrata non sulla salute, ma sulla malattia”.
Diciamocelo, leggere di queste cose sul giornale della Confindustria fa ancora un certo effetto.
E' del 2006
RispondiEliminahttp://www.influenzareport.com/influenzareport2006_italiano.pdf
sono più di 250 pag,ma ne vale la pena direi..
c'è una frase che è contenuta in questo lavoro :
"Un fenomeno che si osserva abitualmente nelle malattie infettive è che gli
organismi patogeni diventano meno virulenti man mano che evolvono nella
popolazione umana. Questo favorirebbe la seconda opzione e cioè che è meglio
evitare un nuovo virus influenzale il più a lungo possibile. Un vantaggio in più nel
fare questa scelta è che parecchi mesi dopo l'inizio della pandemia, il caos iniziale
che il sistema sanitario dovrà inevitabilmente affrontare, sara se non altro in parte
risolto"
caino
ah, grazie
EliminaSono monotono e estremamente conciso nei miei rari commenti (anche e soprattutto perché non sono in grado di aggiungere qualcosa di rilevante), ma ti dico grazie.
RispondiEliminacaro Mario, evviva questo tipo di monotonia
EliminaGuardando alle variazioni tendenziali dell'occupazione, quelle annuali, già oggi, in Italia, abbiamo perso 497.000 posti di lavoro. E'un dato che fa spavento.
RispondiEliminaNon siamo messi bene ma si tende a parlare d'altro
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