martedì 29 novembre 2016

L'alibi


Se Matteo Renzi vince il referendum – ovvero se convince gli indecisi a recarsi alle urne e votare per il Sì – , allora vuol dire che vent’anni di berlusconismo non sono stati un vaccino sufficiente a renderci immuni dall’avventurismo. Vorrà dire che le bad company e le bad bank ai soliti tartassati, e le good company e le good bank ai capitani coraggiosi e ai banchieri, non hanno insegnato nulla. In tal caso la tentazione d’incassare l’assegno in bianco sarà forte. Non solo Renzi non farà prigionieri, cosa che va da sé considerato il personaggio e la pochezza dei suoi avversari, ma la tentazione delle elezioni politiche si farà forte.

Da un certo punto di vista non sarebbe solo un male, poiché nel prossimo anno Renzi dovrà misurarsi con scadenze che si faranno sempre più ravvicinate. Quelle delle cosiddette clausole di salvaguardia, per esempio. Dovrebbe fare i conti con i suoi ripetuti bluff, in un quadro finanziario, a cominciare dalle banche, ed economico, che definire preoccupante è solo un eufemismo.



Ricordiamoci che il 2007 si era chiuso con un debito statale pari al 104% in rapporto al Pil e un deficit all’1,9%. Un record negativo per allora, laddove i dati Eurostat dichiaravano, nella zona euro, un rapporto debito/Pil del 66,3% e un deficit allo 0,6%. Oggi sappiamo qual è la situazione. I governi che si sono succeduti hanno perso di vista le più elementari regole alle quali anche un bilancio statale deve sottostare: attivo/passivo, entrate/uscite. Si è proceduto con tagli lineari e campando alla giornata, salvo una riforma delle pensioni fatta con i piedi e l’abolizione crescente delle tutele per i lavoratori.


La revisione costituzionale e la nuova legge elettorale alludono a un cambio della forma di governo, puntano ad accentrare il potere nelle mani del premier, limitando quello delle amministrazioni locali (ma non delle regioni a statuto speciale, cosa di cui va tenuto conto). In tal modo ci si propone, nelle intenzioni più o meno esplicitate, di dar corso con piglio decisionista a quelle riforme “strutturali” tanto invocate e mai realizzate.

In un paese dove la corruzione è endemica e fortemente connessa con la politica, l’evasione ed elusione fiscale una regola, dove la tassazione sulle rendite, sulle successioni e le donazioni è risibile, insomma dove prospera un capillare sistema criminale e di clientele elettorali finanziato con l’espansione del debito pubblico, non sarà una revisione costituzionale e la nuova legge elettorale a cambiare questo andazzo. Sarà l'alibi per una svolta autoritaria, chiunque vinca, sia chiaro, le elezioni politiche.

1 commento:

  1. Questo non è un paese, Madame e mai lo sarà, vige la legge del chicazzosenefrega e penso solo ai miei interessi e ffanculo a qualsiasi governo.....volevo dirle grazie per avermi fatto scoprire Olympe De Gouze, storia e filmato. Superbe.

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