La decrescita non so bene cosa sia e forse non lo sanno nemmeno i suoi propugnatori. So cos’è la povertà e ho visto da molto vicino – come capita a molti – anche la miseria. Se la decrescita è quella roba lì, chi la propone dall’alto di qualche titolo accademico o semplicemente per il fatto di essere ammesso nel circo dei media, o è un furbacchione oppure un analfabeta. Lo stesso vale per le varianti, cioè se per decrescita non s’intende precisamente quella roba lì. Le intenzioni sono una cosa e la realtà un’altra. Soprattutto non si tiene conto del contesto. In un sistema capitalistico proporre la “decrescita” generalizzata significa solo ridurre i consumi di una parte della società, e si può star sicuri che non si tratta del tenore di vita delle classi cosiddette abbienti o opulente.
Proporre poi la decrescita, "far uscire il martello economico dalla testa", in un sistema che fa della crescita non solo il suo modello di riferimento, ma che ne è condizione indispensabile per la sua sopravvivenza, significa dire sciocchezze. Se poi queste ultime producono reddito per chi le propugna, allora si possono intuire anche altre cose. Nulla vieta, del resto, a quei signori di vivere asceticamente e in favore della loro decrescita personale (quindi non secondo i loro redditi), e niente ci impedisce individualmente di rifiutare, per quanto possibile, alcuni modelli di comportamento e di consumo. Molti già lo fanno. Bisogna però tener conto, parlando in generale, che i comportamenti sociali dipendono poco dalla “coscienza” e dalla volontà dei singoli individui. Non serve avere una laurea in sociologia o in antropologia per saperlo, basta chiedere a un bravo commesso del supermercato vicino casa. Oppure ragguagli e tariffe alla Sipra.
Intanto la decrescita, imposta dai governi ai salariati e pensionati, ha come effetto il cambiamento dei consumi: più pasta e nutella, meno carne e frutta e ortaggi. Meno pesce e più caffellatte. Più raro il dentista e molta attenzione al riscaldamento. Insomma, tutta gente che non cambia auto o arredamento una volta l’anno e che aderisce alla decrescita suo proprio malgrado.
Mi oppongo fieramente da sempre (o perlomeno da quando ne ho sentito parlare) alla cosiddetta "decrescita", spesso affiancata all'aggettivo "felice", come se uno dovesse pure essere felice di smettere di comprare cose che gli servono, oppure tornare all'agricoltura nel proprio giardino di casa (sempre se ce l'hai, male che vada occupi qualche ettaro di proprietà altrui, che ci vuole?). Uno dei guru di questa robaccia è Serge Latouche (non sono convinto si scriva così), il maestro dell'elogio della frugalità. Insomma, dobbiamo vivere con poco, e che diamine! Consumiamo troppo! E allora forza: sciopero dei consumi, inquiniamo poco, non compriamo quasi nulla che non sia DOC, o prodotto in proprio, oppure che non sia il minimo per farci campare. Come se la colpa fosse nostra. Come se la "domanda" fosse colpa nostra e l'offerta solo una conseguenza. Come se la domanda non fosse indotta dal bisogno di farci consumare sempre di più affinché i profitti siano sempre alti. E allora la soluzione per questi signori è smettere di comprare, o comunque tornare a uno stadio primitivo del capitalismo. E allora un operaio che vive con 1200-1400 euro al mese può vivere anche con 800-700, no? E il resto del denaro? Lo brucia? Lo ridà al capitalista? Lo accumula? Lo spende diversamente? Insomma, per noi proletari l'elogio della frugalità, per i capitalisti tutto il "cucuzzaro" (come diceva Bonolis). Se frugalità deve essere, se decrescita deve essere, che sia per tutti, o per nessuno.
RispondiEliminaCredo che "l'alto pensiero" degli odierni "dotti" sia quello di decurtare la popolazione mondiale,sette miliardi sono una cifra esagerata, che sia per stenti o per condizioni di vita insostenibili (sfruttamento disumano dei lavoratori) non ha importanza, bisogna creare spazio e in fretta, prima che finiscano anche le riserve a cui si è già dato fondo. In questo scenario si profila una nuova classe di ricchi, gli impresari di pompe funebri, che già vivevano negli agi.
RispondiEliminaCi hanno provato con i batteri creati in laboratorio, ma il rischio di una epidemia globale è grande anche per loro. La possibilità di una guerra presenta altrettanti rischi, stanno valutando ancora il da farsi.
Certo è, che semplicemente vivere sarà molto difficile per molti.
Il mio pensiero è senz'altro fantascientifico... ma niente mi stupisce più, nulla smentisce che possa non essere vero.
Buona Giornata
Il fatto è che bisogna decrescere sì, ma non in stile di vita, quanto in popolazione. Della sovrappopolazione nessuno parla più, ma è stettamente legata, oltre che ai condizionamenti religiosi, anche al modo di produzione capitalistico ... più gente da sfruttare c'è, meglio funziona la baracca ... Discorso lungo e complesso.
RispondiEliminaPer il popolo alla fame, è...DECRESCITA INFELICE.
RispondiElimina:(
RispondiElimina@Massimo,
RispondiEliminaciò significa che tutta la popolazione mondiale ha un lavoro, anche se pagato una miseria?
I dati dicono altro, i disoccupati, cioè coloro che hanno perso il lavoro e quelli che non riescono a trovarne uno, stanno crescendo a dismisura già nella stessa Europa. Sbaglierò ma... troppa fantascienza è diventata realtà.
Mi dispiace ma non sono affatto d'accordo. Attualmente il capitalismo liberista prevede solo sfruttamento e problemi ambientali gravissimi (per fortuna che doveva renderci tutti più felici e in buona salute); attualmente pure una disoccupazione endemica e in rapida ascesa in occidente. Come uscirne? Innanzi tutto dalla consapevolezza che questo sistema è una gabbia ed il PIL è una bella invenzione solo per i capitalisti. Ma la decrescita non è solo una questione quantitativa, di fare meno dello stesso, ma anche e soprattutto, un riordino paradigmatico dei valori, in particolare la (ri)affermazione dei valori sociali ed ecologici e la (ri)politicizzazione dell'economia". La questione ambientale è centrale in questo discorso e ve ne accorgerete quando toccheremo con mano la fine del petrolio. Quindi in realtà si parla di decrescita solo per il sistema attuale di produzione di obsolescenza programmata dei beni, ma di una crescita dei servizi legati ai servizi per la persona e per il pianeta. Se tutte le popolazioni consumassero quanto l'occidente fa oggi occorrerebbero tra 3 a 8 pianeti come questo. Marx questo non poteva saperlo ancora.
RispondiEliminaM
scusa, cosa significa: crescita dei servizi legati ai servizi per la persona e per il pianeta?
RispondiEliminail capitalismo non produce né beni, né merci e né servizi in quanto tali. la produzione ha uno solo scopo: produrre plusvalore.
Non è vero che Marx non poteva saperlo ancora, la questione ecologica, pur non nei termini attuali, era in lui presente.
faccio un es.: libro III, cap. 5°, para. IV: Utilizzazione dei residui della produzione
http://www.criticamente.com/marxismo/capitale/capitale_3/Marx_Karl_-_Il_Capitale_-_Libro_III_-_05.htm
@ Francy
RispondiEliminaIntendevo dire che (solo a livello ipotetico, perché non succederà mai), per risolvere tutto questo pastrocchio bisognerebbe da un lato cominciare a fare politiche di serissimo controlo delle nascite, dall'altro, contemporaneamente, elevare il tenore di vita di tutti.
Si è visto che con l'aumento del benessere e dell'istruzione, si tende normalmente, a fare meno figli.
Ma un mondo di gente istruita e ben nutrita, non fa comodo al grande capitale, che ha bisogno di un esercito sterminato di morti di fame da struttare ...
E' fantascienza, mi rendo conto. In un altro momento si chiamerebbe rivoluzione.
@Olympe: in effetti ho espresso il concetto molto male (chiedo venia). Mi riferivo all'inclusione nel conteggio delle cosiddette esternalità (che infatti ci si guarda bene da includere nel conteggio del PIL). Per definizione il plusvalore è la somma di tutte le esternalità negative (per l'altro, principalmente il salariato). Facciamogliele pagare una volta tanto. Ma bisogna che le masse lo capiscano. E se la decrescita felice serve bene la causa, ben venga. Sarà che a me vedere la gente in fila per comprare l'ultimo i-phone mi fa venire il sangue al cervello: il culto del prodotto.
RispondiEliminaPer Marx grazie del suggerimento, me lo vado senza dubbio a rileggere.
M
la decrescita non so bene cosa sia...vediamo di riassumerla in poche righe.
RispondiEliminaun sistema chiuso (e il mondo nel suo complesso è un sistema chiuso, se ci serve qualcosa che qua non c'è non possiamo andare su marte a prenderla) funziona solo fino a quando le risorse al suo interno sono sufficenti ai bisogni della popolazione. poi crolla, collassa, smette di funzionare.
questa non è una crisi economica. è una crisi da limiti. stiamo per superare o abbiamo già superato i limiti del sistema. la decrescità è semplicemente: saremo costretti a cambiare e radicalmente il nostro modo di vivere.
il lavoro, il denaro non saranno più problemi ne avremo altri e ben più seri attorno a tre temi: acqua, cibo, energia (entro il 2035 a prendere le stime più ottimistiche, il 2020 la maggior parte, 36 MESI i più pessimisti)
cominciamo a farlo adesso se aspettiamo ci prendiamo quello che ci capita attraverso guerre, carestie, epidemie, tutto il peggio del peggio fino a quando la popolazione non torna all' interno dei nuovi limiti. che per la terra sono tra i 500milioni e i 2 miliardi di abitanti a seconda delle stime.
per un confronto storico: http://it.wikipedia.org/wiki/Crisi_del_III_secolo o scientifico: http://it.wikipedia.org/wiki/Rapporto_sui_limiti_dello_sviluppo in particolare scenario 1
vedi Paolo, oggi è impossibile ignorare i problemi di sostenibilità. e allora perché essere contro la cd "decresita"? per l'uso che se ne fa e per ciò che essa nasconde. quando il padrone dice che bisogna tirare la cinghia, sempre intende la nostra, non la sua. su un tema serio come quello del limite allo sfruttamento delle risorse andrebbe fatto un discorso più serio, cominciando col dire che la decrescita è incompatibile con un sistema che nel primo articolo del suo statuto, perna la sua stessa ragion d'essere, ha scritto: non produco beni, non produco merci se non per produrre plusvalore. ciao
RispondiEliminasi sull' ultimo periodo della tua risposta siamo d' accordo.
RispondiEliminaTranne che in realtà è dal 1973 che ha smesso di produrre plusvalore. (se vuoi un po di numeri....)
Che decrescita e sistema capitalista siano incompatibili è indiscutibile. ma decrescita e austerità sono due cose radicalmente diverse. Come decrescita e recessione sono due cose diverse..
decrescita è riassunta benissimo nel presente articolo http://www.energybulletin.net/stories/2012-02-16/fight-century
austerità è lo scenario B
spero che riusciate a leggere l' inglese
Smesso di produrre plusvalore dal 1973? Forse ti riferisci alla caduta tendenziale del saggio di profitto? Ma anche così non avrebbe senso. Il plusvalore è intrinseco al modo di produzione capitalistico, dunque non può mai venir meno (sarebbe come dire che noi dal 1973 abbiamo smesso di respirare EPPURE viviamo).
EliminaAd ogni modo ho scritto un articolo fortemente critico sulla decrescita, prendendo spunto anche da questo blog, che ammiro molto. Se sei interessato, e se lo è Olympe, posso pubblicarlo tra i commenti (ma è lunghetto).
nel 1973 l' economia reale, quella basata sulla produzione di beni, ha smesso di produrre plusvalore. per andare avanti, per respirare se preferisci, è nata la bolla del debito che adesso stà scoppiando. ma con le buone o con le cattive decrescere ci tocca: questa è la crisi finale: Marx aveva ragione e torto allo stesso tempo. l' impero sta per crollare: ENTRO 19 anni gli USA faranno la fine dell' URSS e si torna al medio evo 2.0. le poi se da qualche parte hai messo l' articolo commento volentieri.
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