mercoledì 15 febbraio 2012

Contributi esagerati


Sembra che ci sia una gara, in materia di pensioni, a chi la spara più grossa e su fronti opposti. La signora Gabanelli, per esempio, è una giornalista tosta, ma a volte si atteggia ad ayatollah e mi piace meno. Come per esempio nel caso di quanti – sostiene la giornalista – si trovano a pagare fino a 300mila euro per la ricongiunzione dei contributi dall’INPDAP (Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti dell’Amministrazione Pubblica) all’INPS. Una scelta politica di Berlusconi-Bossi-Tremonti “infilata” nella finanziaria del luglio 2010. Ne parla anche il sito Giornalettismo così come il Post. Naturalmente senza controllare cosa ci sia effettivamente di vero e cosa invece di ... esagerato. Per verificarlo sarebbe sufficiente il portale INPS. Ma andiamo con ordine.

Dice la Gabanelli: La legge dice, in sintesi, che la ricongiunzione dall’Inpdap all’Inps, finora gratuita, perché peggiorativa, diventa onerosa. Il motivo di questa decisione nasce con l’innalzamento dell’età pensionabile delle donne del pubblico impiego, da 60 a 65 anni. Ora, per i dipendenti pubblici ad erogare la pensione è l’Inpdap. Nel settore privato invece la pensione la paga l’Inps, e per l’Inps le donne hanno diritto alla pensione di vecchiaia a 60 anni. Ricordiamo che siamo nel 2010 e l’allora ministro del Welfare Sacconi deve aver pensato che le signore con qualche anno di contributo Inps volessero fare una ricongiunzione di massa e prendersi la pensione di vecchiaia in anticipo, anche se leggermente più bassa. Per impedire questa eventualità, non è stato fatto un provvedimento ad hoc, ma la famigerata legge 122, che riguarda indiscriminatamente tutti, senza calcolare che in questi anni di privatizzazioni, migliaia di cittadini, senza cambiare scrivania, hanno cambiato datore di lavoro, passando dal «pubblico» al «privato» (dai Comuni, agli elettrici, ai telefonici), e non sono loro a scegliere dove versare i contributi, perché le regole sono decise da altri. Ora a questi lavoratori, se non vogliono perdere anni di contributi già versati, l’Inps chiede di versarli una seconda volta. Per chi fa domanda di ricongiunzione, la cifra può raggiungere i 300.000 euro.

L'urlo di disperazione è arrivato in Parlamento; ad accorgersi del disastro è stata la deputata del Pd Maria Luisa Gnecchi, che ha impiegato un anno a convincere tutti i gruppi parlamentari a porre rimedio, e nel luglio 2011 ha presentato una mozione, votata all'unanimità, per annullare la legge 122. […] Il problema è che si sono messi a bilancio gli ipotetici incassi, ed ora per rimediare occorre trovare la copertura, e i soldi non ci sono.

Perciò la Gabanelli chiede al ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Elsa Fornero, di modificare questa norma che costringerebbe i cittadini a versare per due volte i contributi e vedersi così ridurre drasticamente la pensione .

Ma le cose non stanno esattamente così. Non è vero che per andare in pensione questi dipendenti debbono pagare il doppio o comunque cifre astronomiche. La ricongiunzione contributiva è un’opportunità introdotta con la legge n. 29 del 1979 e permette, a chi ha versato in diverse gestioni, di unificarli presso un’unica gestione per avere un’unica pensione. Questa facoltà è stata sempre gratuita per i lavoratori dipendenti (non lo era per gli autonomi). Dal 1° luglio 2010 le cose sono cambiate. Per via della legge n. 122/2010, chi vuole fruire della ricongiunzione, dipendente o autonomo, deve pagare il trasferimento dei contributi. E fin qui la Gabanelli dice bene. Ciò che non dice è altro e, come spesso accade, si tratta dell’essenziale.

Questi lavoratori sono gli ultimi “fortunati” a poter ancora andare in pensione con il vecchio sistema retributivo di calcolo della pensione; e sono anche le lavoratrici donne che, con la ricongiunzione, riescono ad aggirare i nuovi e più alti limiti d’età per la pensione fissati per i pubblici dipendenti (66 anni), di fatto anticipandola di quattro anni (62 anni).

Ma chi vuole andare in pensione senza pagare un euro ha a disposizione la totalizzazione, la quale prevede il calcolo contributivo (che ora, fatto salvo il presente esempio, vale per tutti), il che significa una certa perdita in termini di importo della pensione. Perciò qui viene meno un vantaggio e un’opportunità riservata ancora a pochi, ma non è affatto vero che questi lavoratori se non pagano perdono anni di contributi già versati.

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