venerdì 27 agosto 2021

Quanto è labile la memoria storica quando è contraria a certi interessi

 

Che cosa dovevamo aspettarci dai dei tagliagole sulle cui bandiere sono iscritti versetti del Corano che certo non incitano alla pace e alla concordia? Abbiamo già dimenticato che solo all’inizio di maggio più di 90 persone sono state uccise nel triplice attacco a una scuola femminile a Kabul. Come in altri casi, le vittime appartenevano all’etnia sciita, gli Hazara. Contrariamente ad al-Qaeda e in gran parte ai talebani, l’IS sunnita, più precisamente lo “Stato Islamico - Provincia del Khorasan” (ISKP o ISIS-K), e le sue propaggini prendono di mira gli sciiti.

Pertanto gli attentati all’aeroporto di Kabul non sono diretti contro gli Usa, ma fanno parte della guerra tra fazioni islamiche e interessi divergenti. È nel sangue delle vittime che tutti inzuppano il loro pane, non parliamo poi della stampa italiana nell’insieme.

*

Di là dei casi di cronaca e dei soliti interessati pasticci comunicativi, per troppo tempo l’Occidente ha eluso che lo stato di diritto e la democrazia hanno una storia spesso difficile e drammatica che risale a molti secoli fa. Non voglio storicizzare l’attualità, ma è fondamentale conoscere il passato per comprendere ciò che siamo o non siamo “noi” oggi e ciò che sono e non possono essere gli “altri”.

Senza la separazione del potere religioso da quello secolare, a cominciare nell’alto medioevo, dapprima nella disputa per le investiture e poi in tutto ciò che ne è seguito, spesso, come detto, di drammatico, non ci sarebbe storia della separazione dei poteri in Europa, nessuna storia del pluralismo e dell’individualismo in Occidente.

In antico si era passati dall’imperatore-deus all’imperatore-Dei gratia. Non è stato facile né breve mettere fine all’uno e all’altro caso.

Bisogna riconoscere che la fondamentale separazione tra leggi divine e leggi terrene, non ha riscontro nelle società modellate dall’Islam.  Questa è la ragione più profonda della resistenza che ostacola lo sviluppo occidentale delle società islamiche (*).

Dopo secoli di fermento in cui nasce, prende forma e si stabilizza l’Islàm, vera rivoluzione per i popoli che ne furono interessati, le società islamiche non sono state suscettibili ad alcun significativo sviluppo, certamente non nel senso di uno stato di diritto libero dalla religione e dai suoi dogmatismi, che anzi si sono fatti man mano più forti e serrati a seconda delle circostanze.

Un passo avanti fu compiuto solo nel secolo scorso in Turchia, a opera di Mustafa Kemal, la più importante figura politica del XX secolo per quanto riguarda il Vicino Oriente, sotto la cui guida fu sconfitta non solo la Grecia nel 1922 ma anche il cosiddetto Esercito del Califfo (l’ultimo sultano ottomano venne a morire, probabilmente avvelenato, in quel nostro San Remo).

Kemal diede avvio, in circostanze storiche straordinarie, a una rivoluzione laica radicale della società turca, al punto da proibire non solo il velo alle donne, l’uso del fez e del turbante, ma anche la barba per i funzionari pubblici e i baffi alla turca per i militari. Sono segni esteriori, però importanti nella psicologia e nel costume sociale di un popolo quanto lo fu l’adozione dell’alfabeto latino, del calendario gregoriano, del sistema metrico decimale, l’apertura all’economia e alla cultura occidentale, ecc..

Tuttavia vediamo oggi come si stia tornando indietro proprio nel momento in cui l’Islam sta riprendendo piede in Turchia (e l’Europa dovrebbe recitare il suo mea culpa), strumentalizzato anche in tal caso politicamente, anche se quasi un secolo di storia non si potrà cancellare d’emblée (senza dimenticare che sono 1,4 milioni di tedeschi-turchi aventi diritto al voto in Germania ...).

Non è bastato il nazionalismo arabo a mutare la storia del Medio Oriente, anzi la sua sconfitta (anche il tal caso l’Occidente e segnatamente gli Usa hanno grosse responsabilità) ha molto a che fare col risorgere (ma non se n’era mai andato) dell’Islam e con ciò che ne è conseguito. Pertanto, quando capiremo che il problema non è costituito semplicemente dal “fanatismo” religioso, che l’Islam non è riducibile a un aspetto meramente “sovrastrutturale”? La vicenda iraniana, pur sul versante sciita, avrebbe dovuto servire d’avanzo: l’autonomia “politica” dell’Islam è capace di svuotare di significato l’organizzazione stessa dello Stato. Non esiste un Islam buono e uno cattivo, non esiste nemmeno un solo Islam, ma l’Islam e la sua storia, l’Islam e le sue appartenenze e contingenze.

E che dire dell’uso politico che in primis gli Stati Uniti hanno inteso fare dei movimenti islamisti per assecondare i propri scopi? Poi basti citare i rapporti strettissimi ed economicamente proficui con le monarchie arabe assolutiste. Fa comodo in tal caso eludere i “pilastri della libertà e della democrazia”, esportando solo armi e trastulli costosi in cambio di petrolio, tacendo sul resto. Insomma, quanto è labile la memoria storica, quanta ipocrisia nel deprecare il “terrorismo” altrui.

Dopo vent’anni ininterrotti di guerra, non solo l’ISIS e al-Qaeda restano una minaccia, ma resta una minaccia la politica statunitense. Il suo fallimento strategico ne è una conferma.

(*) Il principio della separazione dei poteri, tra quello religioso e quello temporale, per noi oggi in Occidente è cosa pacifica; non lo è per nulla nell’Islam, dove il concetto stesso di laicità è estraneo. Anche in questo caso la faccenda ha il suo antecedente storico, com’è ovvio. Poiché ogni vera rivoluzione non è mai opera del tutto inconscia, Maometto e i suoi immediati successori sapevano bene quale fosse la portata ideale della nuova religione ai fini della costruzione dell’unità araba e come condizione necessaria per il rafforzamento del nuovo assetto politico. Da lì non ci si è più mossi. Tanto è vero che fino a quando c'è stato un califfo riconosciuto, ossia fino a un secolo fa, egli s'identificava nella stessa persona del sultano. Il tentativo attuale di stabilire un nuovo califfato da parte di un sedicente Stato islamico, va esattamente in questa direzione.  

14 commenti:

  1. Non credo di essere d'accordo. Questi fenomeni andrebbero visti in prospettiva lunga, e quindi occorre capire se il risorgere dell'islam sia permanente o un semplice rigurgito. Secondo me è un rigurgito. Anche il cattolicesimo ha reagito, dopo la Rivoluzione e dopo il positivismo, ma alla fine si è liquefatto al cospetto della società dei consumi, che poi è una manifestazione sociologica dell'avvento onnivoro della tecnologia. Gli stessi figli delle società islamiche sono in parte maggioritaria atei. Non sarò qui fra 50 anni, ma non me li immagino proprio i talebani, o gli ayatollah, a reggere il mondo nell'era dei robot.

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    1. Neanche Berlusconi sarà più tra i vivi per allora. Non mi dire che sono pessimista.

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    2. Non avevo letto la notizia del nuovo ricovero del Cavaliere al quale umanamente auguro di tornare presto nelle Sue ville. Politicamente non gli auguro nulla.

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    3. Ricoverato o no, Berlusconi è rincoglionito. Per me non esiste.

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    4. potere del petrolio?

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  2. Non so se sia un rugurgito di chiusura islamica, posso sperarlo ma non ne sono sicuro..se non arriva dal popolo in misura convincente non sarà mai possibile un cambiamento.
    La rivoluzione bianca dei due Scià (quella in cui i media ci fanno vedere quanto erano moderne le donne in Iran negli anni 70) non è stata accettata dal popolo oltre che dall'islam, donne comprese.
    Da qui a credere all'esportazione della democrazia ok ce ne passa...ma la realtà di base sono anni di dittature...non ci crede nessuno laggiù secondo me alla democrazia...parlo della popolazione civile...
    Posso ovviamente sbagliare..

    Di Berlusconi io non ne sentirò la mancanza..

    Roberto

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  3. Di Berlusconi non sentirò la mancanza né politicamente né umanamente.
    Amen!

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  4. Non sono d'accordo, il fanatismo non è una priorità dell'Islam: i marines che nel Pacifico vedevano piombare gli aerei giapponesi sulle loro navi avranno poi sicuramente parlato dei "musi gialli" come di incivili succubi di una cultura che non conosceva la separazione tra società civile e sfera religiosa, e che non contemplava i diritti individuali. Bin Laden non ha inventato nessun metodo per radicalizzare i suoi seguaci né alcuna tecnica terroristica.
    Esistono società islamiche, come quella marocchina o tunisina, che stanno cercando di tenere il passo con quelle occidentali, né in occidente vi è omogeneità: in Europa conosciamo l'emergenza delle democrazie illiberali pericolosamente ultracattoliche come l'Ungheria e soprattutto la Polonia.
    Anche l'ultramoderno Israele è avviato sulla china della ingerenza costituzionale dell'ortodossia religiosa, con un certo entusiasmo, direi.
    Ricordo, infine, che il concetto di "fondamentalismo" religioso è stato forgiato negli USA, fra le comunità riformate, le più distanti in origine dalla sottomissione ad un apparato cesaropapista e che sono finite per influenzare le amministrazioni americane almeno dai tempi di Reagan (utili al proposito i testi di Gilles Kepel, ad es. "La rivincita di Dio") fino a Trump passando per i teo-con.
    Forse, commossi dalla cronaca, riusciamo a vedere solo il fanatismo degli altri, soprattutto se miserabili.
    (Peppe)

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    1. Ed infatti ho scritto:
      "Non esiste un Islam buono e uno cattivo, non esiste nemmeno un solo Islam, ma l’Islam e la sua storia, l’Islam e le sue appartenenze e contingenze".
      Quindi ho citato l'esempio della Turchia, della fase del nazionalismo arabo. Ciò non toglie che in generale questa separazione è difficile o assente.

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    2. Onestamente:il fondamentalismo cattolico mi preoccupa meno di quello islamico. Diverso sarebbe se fossi nato nel secolo XVI.

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  5. Sono 12.000 anni che, col perverso accordo tra sciamani&guerrieri, il Potere controlla economicamente e politicamente la società. Con la paura ultraterrena, la violenza terrena e qualche contentino.
    A Roma Panem et circenses, nel medioevo farina, feste e forca. Così è stato fino alla Rivoluzione francese e quella russa che ha mandato in soffitta gli Assolutismi. È cambiato qualcosa con l’avvento della “democrazia”? Sì, ma in peggio. Il controllo sociale, attraverso l’ottundimento di menti e coscienze, è diventato ancora più invasivo.
    Nel 1550 Etienne de La Boètie fotografa la situazione nel suo “Discorso sulla servitù volontaria”. Poi Galileo e l'Illuminismo.
    Da quel momento in poi c’è una accelerazione geometrica dello sfruttamento della popolazione.
    Con la II° rivoluzione industriale nasce la scienza della persuasione; la Propaganda.
    Lo psicologo Gustave le Bon nel 1895 diede alle stampe il fondamentale Psicologia delle folle. In tale scritto, Le Bon analizza il comportamento sviluppato dalle persone nel momento in cui formano dei gruppi più o meno numerosi, arrivando a sostenere che all'interno di una folla emerge e prende il sopravvento una sorta di «coscienza collettiva» indipendente da quella dei singoli che la compongono, una coscienza che risponde a dettami «inconsci», sentimenti che possono essere abilmente guidati da personalità carismatiche che sono in grado di comunicare direttamente con questa enorme «coscienza».

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  6. Sono 12.000 anni che, col perverso accordo tra sciamani&guerrieri, il Potere controlla economicamente e politicamente la società. Con la paura ultraterrena, la violenza terrena e qualche contentino.
    A Roma Panem et circenses, nel medioevo farina, feste e forca. Così è stato fino alla Rivoluzione francese e quella russa che ha mandato in soffitta gli Assolutismi. È cambiato qualcosa con l’avvento della “democrazia”? Sì, ma in peggio. Il controllo sociale, attraverso l’ottundimento di menti e coscienze, è diventato ancora più invasivo.
    Nel 1550 Etienne de La Boètie fotografa la situazione nel suo “Discorso sulla servitù volontaria”. Poi Galileo e l'Illuminismo.
    Da quel momento in poi c’è una accelerazione geometrica dello sfruttamento della popolazione.
    Con la II° rivoluzione industriale nasce la scienza della persuasione; la Propaganda.
    Lo psicologo Gustave le Bon nel 1895 diede alle stampe il fondamentale Psicologia delle folle. In tale scritto, Le Bon analizza il comportamento sviluppato dalle persone nel momento in cui formano dei gruppi più o meno numerosi, arrivando a sostenere che all'interno di una folla emerge e prende il sopravvento una sorta di «coscienza collettiva» indipendente da quella dei singoli che la compongono, una coscienza che risponde a dettami «inconsci», sentimenti che possono essere abilmente guidati da personalità carismatiche che sono in grado di comunicare direttamente con questa enorme «coscienza».

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  7. Sì, Anonimo. Ma dimmi, in confidenza: ti chiami Ernesto? Ernesto Bignami?

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  8. son saltate le virgolette sull'ultimo paragrafo e la conclusione: il Potere agisce e chi subisce reagisce come può.

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