giovedì 26 agosto 2021

Débâcle strategica americana: dall'Afghanistan all'Ucraina

 

Se la Cina fosse in grado di estendere la Belt-and-Road dal Pakistan fino all’Afghanistan, ad esempio con un’autostrada da Peshawar a Kabul, aprirebbe una via di terra più breve per accedere ai mercati del Medio Oriente. È questo uno degli esempi della débâcle storica e strategica statunitense (ed Europea) in Asia centrale.

Altro esempio: con il ritiro degli Stati Uniti, Pechino può offrire ciò di cui Kabul ha più bisogno, vale a dire non ingerenza politica e investimenti economici. L’Afghanistan a sua volta otterrebbe costruzione d’infrastrutture e industrie, settori in cui le capacità della Cina sono in questo momento probabilmente ineguagliate, e l’accesso a giacimenti minerari non sfruttati, inclusi litio, ferro, rame e cobalto (litio e cobalto sono indispensabili per fabbricare le batterie per auto elettriche).

L’Afghanistan fino ad ora è stato un pezzo attraente ma mancante dell’enorme puzzle cinese. Agli Usa e all’Europa resterebbe, dopo vent’anni di occupazione, la gestione dei profughi afghani, già 80.000 gli evacuati. Si tratta in maggioranza di mussulmani, solo in parte impiegabili come forza-lavoro e peraltro non qualificata.

Tutto ciò sta avvenendo mentre a Kiev si è tenuto lunedì il vertice inaugurale della cosiddetta “Piattaforma Crimea”, che ha come scopo il tentativo del governo del presidente Volodymyr Zelensky di costruire il sostegno internazionale per un’offensiva contro la Russia per “restituire” la penisola di Crimea all’Ucraina.

Al vertice hanno preso parte funzionari di 44 paesi e organizzazioni varie, compresi i rappresentanti di tutti i 30 membri della NATO.

Zelensky ha aperto la conferenza denunciando l’”aggressione” russa e accusando Mosca di militarizzare la penisola e di perseguitare i tartari di Crimea, una minoranza musulmana che vive nella penisola nel Mar Nero.

I partecipanti al vertice hanno rilasciato una dichiarazione congiunta dove tra l’altro si invita la Russia ad aderire all’iniziativa e ad avviare colloqui per restituire la Crimea all’Ucraina, un invito che è stato ovviamente ridicolizzato da Mosca.

La Crimea, penisola nel Mar Nero, storicamente ha fatto parte della Russia, ma fu trasferita per decreto alla repubblica ucraina (una delle 15 repubbliche sovietiche) nel 1954 da Nikita Krusciov. Si trattò di una cessione esclusivamente amministrativa, poiché la sua popolazione è in maggioranza russa (il 90% parla russo e il 30% conosce l’ucraino) e nessuno si sarebbe sognato di staccare effettivamente la Crimea dalla Russia.

La Crimea è stata annessa alla Russia nel marzo 2014, a seguito di un colpo di stato d’estrema destra finanziato e orchestrato dagli Stati Uniti a Kiev. All’epoca si tenne un referendum sull’integrazione della Crimea alla Russia che ricevette il sostegno di oltre il 95 per cento della popolazione della Crimea.

Il Washington Post, in quell’occasione, precisamente il 6 marzo 2014, riportava un articolo di Henry Kissinger: “Ma sappiamo dove stiamo andando? Nella mia vita ho visto quattro guerre iniziate con grande entusiasmo e sostegno pubblico, ma poi non sapemmo come porre fine a tre di questi conflitti, dai quali ci siamo ritirati unilateralmente. La questione è come finisce una guerra, non come comincia”. E specificatamente sull’Ucraina: “Anche dissidenti famosi come Aleksandr Solzenicyn e Joseph Brodsky hanno insistito sul fatto che l’Ucraina è parte integrante della storia russa e, anzi, l’Ucraina è Russia”.

Il presidente fantoccio della NATO, Zelensky, reclama la “piena sovranità ucraina” non solo sulla Crimea ma anche sulla città portuale di Sebastopoli, che funge da base della flotta del Mar Nero della Marina russa. Dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991, il porto di Sebastopoli era stato affittato alla Russia dai successivi governi ucraini. L’intento degli USA è stato proprio quello di privare la Russia della sua base navale, oltre quello di minacciare la Russia ai propri confini.

La conferenza di Kiev è una palese provocazione. Vi hanno partecipato i presidenti di Lettonia, Lituania, Estonia, Polonia, Slovacchia, Ungheria, Moldavia, Slovenia e Finlandia, mentre il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Angela Merkel erano assenti (il ministro degli Esteri italiano assente giustificato per impegni a Punta Prosciutto, frazione di Porto Cesareo).

L’assenza della cancelliera Merkel è stata particolarmente significativa poiché aveva lasciato Kiev il giorno precedente dopo l’incontro con Zelensky, col quale aveva discusso le ricadute tra i due paesi dovute al completamento del gasdotto Nord Stream 2, che porterà il gas russo direttamente in Germania attraverso il Mar Baltico. Il completamento del gasdotto riduce significativamente l’importanza dell’Ucraina per i mercati energetici europei e la priva di circa 2 miliardi di euro di tasse annuali per il transito del gas.

Prima di incontrare Zelensky a Kiev, la Merkel aveva incontrato il presidente russo Vladimir Putin a Mosca.

È ovvio che Zelensky sia in disaccordo per via del Nord Stream 2, ed è stato sostanzialmente preso alla sprovvista quando l’amministrazione Biden ha annunciato a luglio di aver raggiunto un accordo con Berlino per non opporsi al completamento del Nord Stream 2. Zelensky è atteso a Washington per incontrare Biden il 31 agosto.

Biden proprio quel giorno avrà un forte mal di testa.

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Nota per i “democratici” di casa nostra: la scorsa settimana il governo Zelensky ha vietato per decreto il sito web, molto seguito, dell’opposizione strana.ua (repertorio visibile solo su YouTube). Il sito è stato uno dei pochi media in Ucraina ad aver riportato notizie sulle violenze dei vari gruppi nazionalisti militanti di estrema destra del paese e sulla dilagante corruzione all’interno del governo ucraino.

All’inizio di febbraio, Zelensky ha fatto chiudere tre popolari stazioni televisive prevalentemente in lingua russa (ZiK, 112 Ucraina e NewsOne), affiliate con il leader dell’opposizione filo-russa Viktor Medvedchuk, a sua volta arrestato e accusato di “alto tradimento” dal governo ucraino.


4 commenti:

  1. 1)LE TERRE RARE

    Kabul non è l'Afghanistan, è una città dell'Afghanistan.
    La Capitale, la più importante certamente, ma è solo una piccola, piccolissima parte, del Paese.

    Questa ovvia considerazione serve a stabilire che le drammatiche scene della fuga, le interviste e le notizie che provengono da quel Paese, riguardano la Città ed i suoi abitanti.
    Nessuno si chiede cosa succede nel resto del Paese.

    A parte la "resistenza" di Massoud, confinata tra le montagne a nord est, nessuna notizia arriva dalle altre parti.

    Bisogna farsi una domanda :
    Come mai i talebani son riusciti ad occupare TUTTO l'Afghanistan in così poco tempo?
    Evidentemente con l'aiuto del Popolo afghano, quello che vive fuori da Kabul.
    Certamente con l'aiuto delle tribù locali che hanno dato man forte alle bande talebane.

    In conclusione, i 30mila di Kabul, assiepati all'aereoporto sono solo una picccola parte dei circa 40 milioni di afghani presenti sul territorio.
    Sbagliato quindi affermare che gli afghani stanno scappando dal loro Paese.
    È un modo del tutto scorretto di presentare le cose.
    Ma i media ci hanno abituato anche al peggio di questo.

    Nel clamore delle notizie, suscita comunque sorpresa il silenzio cinese.
    Ma chi segue con un po' d'attenzione la politica estera di Pechino, sa che questo silenzio é tipico del Governo che, da sempre, bada più al sodo che alle chiacchere.

    Come mai i Cinesi si mostrano così disponibili verso i talebani pur non avendo nemmeno un briciolo di cose in comune?
    Perché i talebani rappresentano l'oggi, l'Afghanistan il sempre.
    E così come hanno fatto col precedente Governo, mirano a firmare contratti pluriennali per lo sfruttamento del territorio.
    Chi lo comanda, ai Cinesi non importa.

    Oggi la Cina estrae 350mila tonnellate di rame dall'Afghanistan. Le riserve di Mes Aynak, tra le più grandi al mondo, potrebbero contenere sino a 5,5 milioni di tonnellate di rame di alta qualità e grazie ad un contratto trentennale, sono di "proprietà cinese"

    Vorrei fare un passo indietro, scusandomi con voi per la lunghezza del post, ma mi serve per spiegare meglio questo interesse cinese.

    L'Afghanistan possiede giacimenti di rame pari a circa 60 milioni di tonnellate, 3 miliardi di tonnellate di ferro, ma soprattutto, circa 2 miliardi di tonnellate di Terre Rare.
    Cosa sono?
    Sono tutti quei metalli che oggi, ma soprattutto domani, serviranno per "guidare" la tecnologia.
    Sono Gallio, Germanio, Antimonio, Niobio, Silicio metallico, Tantalo, Tungsteno, ecc.
    Comprendono, inoltre, i metalli del gruppo del platino (Rutenio, Rodio, Palladio, Osmio, Iridio e Platino) e un ulteriore gruppo di 17 elementi, le Terre rare per l’appunto, con particolari proprietà magnetiche, che li rendono idonei per la gran parte delle tecnologie verdi., in particolare, il Lantanio, il Cerio, il Praseodimio, il Neodimio, il Promezio, il Samario, l’Europio, il Gadolino, il Terbio, il Disprosio, l’Olmio, l’Erbio, il Tulio, l’Itterbio, il Lutezio, lo Scandio e l’Ittrio.

    Senza queste Terre Rare, non è possibile costruire smartphone, tablet, computer, elettrodomestici e televisori.
    Sono necessari, in campo medico, nell’ambito di trattamenti oncologici e per gli apparati di risonanza magnetica (MRI); nell’industria della difesa, dove vengono usate per la costruzione di droni, di sistemi radar, sonar, laser e di guida, e come componenti dei motori a reazione dei missili.

    Vi pare poco?
    La quantità di questi Elementi, varia a seconda delle applicazioni: in un cellulare troviamo 50 millligrammi, in un condizionatore invece 120g, in una macchina Toyota PRIUS 15 kg, in un aereo F-35, sino a 416 kg.

    Le quantità salgono a 1818 kg in un nave da guerra e addirittura raddoppiano in un sottomarino militare.

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  2. 2)
    Vi ricordate la transazione dal legno al carbone nel XIX secolo e quello dal carbone al petrolio nel XX secolo?

    Allora furono l'Impero britannico e poi gli Usa ad assicurarsi lo sfruttamento (monopolio) di queste fonti energetiche.

    Oggi, in silenzio, è la Cina che s'accaparra quello che domani sarà indispensabile.

    E lo farà con o senza i talebani, perché, come ho detto, quello che conta è il suolo afghano e non certo il di lui Popolo.

    Coinvolgere in un "percorso umanitario" la Cina è a dir poco una richiesta stravagante.

    Davanti alle Terre Rare non ci sono Diritti che tengono, non ci sono Donne picchiate, Uomini uccisi e Persone che cadono dagli aerei.

    C'è altro e si chiama futuro tecnologico.

    Con o senza i talebani.

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