domenica 5 marzo 2017

Sono assortiti e distribuiti benissimo



Ieri sera avevo due opzioni: leggere un malloppo dal titolo Dalle fabbriche alle campagne di primavera, oppure ascoltare la trasmissione della Gruber, dov’erano ospiti l’on. Irene Tinagli, economista, il giornalista Riccardo Staglianò e Mario Seminerio, fustigatore simpatico e scapigliato dell’analfabetismo economico. Tema: le nuove tecnologie e la “distruzione di posti di lavoro”. Ho un piede nella fossa e l’altro nel Novecento, tuttavia ho messo volentieri da parte il librone e scelto di sintonizzarmi all’ascolto televisivo dove s’incontrano i più straordinari narratori di nuove idee e progettualità, un plot di variegate e quotidiane proposte per uscire dall’attuale catastrofe psicopolitica.

L’economista deputata del Pd ha affermato insistentemente che se le nuove tecnologie eliminano posti di lavoro in taluni settori sicuramente ne creeranno altri e forse di maggiori in nuovi settori economici di cui ancora ben non sappiamo. Nel suo caso l’inconsapevolezza consiste nel non avere capito che non siamo al solito cambio di fase del capitalismo, e questo è chiaro sintomo di non avere proprio idea delle leggi e delle contraddizioni che agiscono nel modo di produzione capitalistico e danno impulso allo sviluppo delle tecnologie.

L’altro economista e blogger, Seminerio, si associava ad un’idea quasi inedita riferita da Staglianò. La chiosava così:“A me piace molto l’idea di dare una dote [quota] di capitale [delle società] a tutti quelli che vengono al mondo, che è un modo per diffondere la proprietà del capitale e quindi per assicurarsi il futuro”. Sembrava sobrio e sincero quando lo diceva, ma non ci giurerei.



Per quale motivo non è venuto in mente a Marx questa genialata della cedola neonatale? Vado a memoria, mi pare che qualcosa di simile alla compartecipazione agli utili d’impresa fosse nero su bianco anche nello statuto della repubblichina di Salò, perché il Benito l’era pur stato un socialista e gli deve essere piaciuta la formula di Lassalle sul “frutto integrale del lavoro” e l’“ugual diritto”, ecc.. I membri delle sètte socialiste hanno dato la stura alle più diverse concezioni della “giusta” ripartizione, in seguito riprese da “terze posizioni” euforiche e strafottenti.

Con Seminerio si va oltre lo scambio tra quantità di lavoro erogata e salario (roba vintage), sempre però secondo il principio del diritto borghese che ha per base la proprietà. In questo modo si eliminerebbe per sempre anzitutto il conflitto tra capitale e lavoro e ognuno avrebbe interesse a far progredire l’orto comune. Vengono in tal modo a cadere tutte le condizioni sociali per le quali lo schiavo di quegli uomini che si sono resi proprietari delle condizioni materiali del lavoro può lavorare solo col loro permesso, e quindi vivere solo col loro permesso.

Risolto anche e in radice il problema della disoccupazione creato – dicono gli esperti – dalle nuove tecnologie; distribuita la ricchezza, per soprammercato non si avrebbe quel fastidioso surplus che tante grane provoca dal lato della sovrapproduzione e della crisi. Insomma, una quota di capitale a tutti quelli che vengono al mondo risolverebbe finalmente tutte le contraddizioni che finora hanno afflitto soprattutto gli apologeti del capitalismo e primi tra loro gli economisti.

Diventando tutti capitalisti dalla culla alla tomba, ossia proprietari di una quota parte del capitale, sarebbe risolto anche il problema previdenziale, sperando sempre che l’orto del quali siamo comproprietari non fallisca, altrimenti ciao risi e bisi. Poi, per decidere chi tra i proprietari dovrà andare a zappare l’orto si tirerà a sorte: chi fa bingo va a pescare pesci rossi con Seminerio o in biblioteca con Cacciari, gli altri a controllare i famosi robot che faticano per il “necessario”. La ruota della fortuna, l’alba di una nuova era.

Sorgerebbe qui un lieve problema: supposto uguale il rendimento della “dote”, resterebbe sempre tra i piedi il problema della disuguaglianza, poiché nell'applicazione di un’uguale misura non si tiene conto che gli individui sono disuguali (e non sarebbero individui diversi se non fossero disuguali), e perciò sono misurabili con uguale misura solo in quanto vengono sottomessi a un uguale punto di vista, in quanto vengono considerati soltanto secondo un lato determinato. Ma questi sono dettagli filosofici.

Una corrente del pensiero economico accademico, dopo lunghi tormenti, ha finalmente trovato la quadra per un capitalismo dal volto umano, non importa se tanto o poco borghese. Costoro hanno l'abitudine di considerare e trattare la distribuzione come indipendente dal modo di produzione, e perciò di rappresentare la società capitalistica come qualcosa che si aggiri principalmente attorno alla distribuzione.

Peraltro e normalmente questi economisti non fanno distinzione fra plusvalore e profitto, ossia ignorano che le leggi del movimento del saggio di profitto non coincidono con quelle del saggio del plusvalore. La confusione tra plusvalore e profitto (ma non solo questa), porta gli economisti borghesi alle più stravaganti teorie su tutti gli aspetti decisivi dell’economia politica e segnatamente per quanto riguarda la caduta del saggio del profitto e le cause delle crisi. Del saggio del profitto è sconosciuto il ruolo fondamentale che esso svolge e perché il suo movimento è alla base della crisi del modo di produzione capitalistico. A cascata sciorinano le loro idee sulle nuove tecnologie e i loro relativi miracolosi rimedi.


Pertanto non ci si deve meravigliare del fatto che essi non riescano ad andare oltre alle solite vuote e spesso risibili proposte come quella sulla “dote” di capitale da assegnare a tutti coloro che hanno la sventura di nascere in un mondo dove ignoranza e pressapochismo sono distribuiti benissimo.

12 commenti:

  1. non saranno i robot a lasciarci disoccupati e senza reddito ma il loro uso capitalistico. è l' obbligo alla valorizzazione del capitale che in ogni caso ci lascia a casa, che riesca o meno

    su una cosa i tre dalla gruber erano tutti d' accordo: rafforzare e omogeneizzare il sistema fiscale, come se
    la fiscalità non fosse anch' essa un fattore produttivo -e quindi competitivo- tra sistemi-paese. giusto seminerio ha colto la possibilità di tensioni commerciali-geopolitiche tra stati a proposito dell' esazione

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    1. vai a spiegarglielo. ma lo sanno benissimo, è il gioco delle parti

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  2. A volte, mi lascio tentare dalla fantasia che le obiezioni sopra presentate possano avere spazio nel contraddittorio, in diretta, per vedere l'espressione dei loro volti (compreso quello della sora Lilli) e ascoltare le loro repliche.

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    1. Caro Amico, ma tu vuoi scherzare, un contraddittorio con alla base le contraddizioni REALI del modo di produzione capitalistico? Già un blogger mi ha tratteggiato a fenomeno da barzelletta, come personaggio di indole irascibile e violenta. E poi ci vuole physique du rôle per la tv, ossia la giusta faccia tosta (per usare un'espressione moderatissima).

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    2. in quanto a faccia seminerio lo vedevo un pò rigido, come avesse le emorroidi infiammate, ma comunque rimane parecchio sopra la media

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    3. concordo, rimane parecchio sopra la media

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  3. La Tinagli entrò in politica col feroce Monti, e ricordo che fu ridicolizzata in TV da nientepopodimeno che l'illustre economista piddino Boccia. Che Boccia, dico Boccia, sia riuscito a ridicolizzare coram populo la Tinagli - una batracomiomachia - dà l'idea dello spessore professionale e intellettuale della signora. La quale, incredibilmente, ancora è invitata a parlare in pubblico. Non sapevo fosse passata al PD, ma non mi meraviglia affatto.

    Su Seminerio il mio giudizio non è sereno anche per via della questione dell'euro. Al di là della simpatia o antipatia per il personaggio e il suo CV - ha avuto a che fare con l'istituto Bruno Leoni, un covo di autentici estremisti del capitalismo - fatico a distinguerlo dai tanti illusionisti che passano il tempo a cercare di allungare la vita al sistema che arricchisce i loro datori di lavoro. Di positivo ha che almeno non fa il liberista a spese dello Stato, a differenza di non pochi economisti accademici.

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  4. Anch'io, come Luca, sogno che gli argomenti esposti in modo esemplarmente chiaro in questo blog possano avere spazio, un giorno spero prossimo, nel cosiddetto contraddittorio del cosiddetto dibattito pubblico. Perché diventi l'autentico contraddittorio di un autentico dibattito.

    Hans

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    1. oh, da quanto tempo non ti sentivo più ...

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    2. Intervengo di rado, perché non riuscirei ad apportare utili spunti al confronto.

      Ma sono un lettore assiduo, e - come ho accennato qualche tempo fa - il mio modo di pensare ai problemi economici è oggi, grazie a questo blog, molto più consapevole delle incongruenze e false spiegazioni di cui è prodigo il pensiero mainstream.
      Fino a sette anni fa credevo, nella mia ingenua fiducia verso la "scientificità" delle teorie economiche borghesi, che fossero contraddizioni e petizioni di principio solo apparenti: uno studio più approfondito e attrezzato di quelle teorie mi avrebbe condotto a comprendere ciò che ancora non capivo.
      Oggi ne vedo l'impotenza cognitiva ed euristica, la debolezza logica mascherata dal raffinato armamentario di sistemi di equazioni a derivate parziali, la natura ideologica contraffatta da una pretesa neutralità tecnica.

      Tale maschera, tale falsa coscienza, la riconosco infine nei discorsi - sempre uguali al di sotto delle escandescenze contingenti o "di fazione" - dei corifei di questo sistema tolemaico.

      Hans

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  5. 《È vero che gli economisti ci raccontano che gli operai resi superflui dalle macchine trovano lavoro in nuove branche dell’industria.
    Essi non osano sostenere direttamente che gli stessi operai che vengono licenziati trovino un rifugio in nuovi rami di lavoro. I fatti gridano troppo forte contro questa menzogna. Essi si limitano ad affermare che per altre parti costitutive della classe operaia, per esempio per quella parte della giovane generazione operaia che era già pronta a entrare nel ramo dell’industria rovinato, si apriranno nuovi campi di impiego. Ciò costituisce, evidentemente, una grande soddisfazione per gli operai colpiti. Ai signori capitalisti non mancheranno carne e sangue freschi da sfruttare; si lascerà che i morti seppelliscano i loro morti. È questo un conforto che i borghesi concedono più a se stessi che agli operai. Se tutta la classe dei salariati fosse distrutta dalle macchine, che cosa terribile per il capitale, il quale senza lavoro salariato cessa di essere capitale!
    Ma supponiamo pure che gli operai, che le macchine hanno eliminato dal lavoro direttamente, e tutta quella parte della nuova generazione, la quale già era in attesa di essere assunta in quel ramo, trovino una nuova occupazione. Credete voi che tale occupazione sarà retribuita come quella che è andata perduta? Ciò sarebbe in contraddizione con tutte le leggi dell’economia. Abbiamo visto come l’industria moderna tenda sempre a sostituire a una occupazione complessa, superiore, una occupazione più semplice, di ordine inferiore.
    Come potrebbe dunque una massa di operai, che le macchine hanno espulso da una branca dell’industria, trovare rifugio in un’altra, a meno che non sia pagata peggio, con un salario inferiore?》

    [Lavoro salariato e Capitale]

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    1. e tutto ciò Marx lo scriveva a 29 anni, 170 anni fa esatti!
      il conflitto tra lavoro salariato e capitale non è cambiato, così come non sono state risolte (perché irrisolvibili) le contraddizioni del capitalismo

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