lunedì 3 dicembre 2018

Il senno di poi non fa la storia


Il Sole 24 ore di ieri pubblicava un’intervista a Romano Prodi, in realtà un articolo etnogastronomico a firma di Paolo Bricco (dove il prefisso "etno" sta ovviamente per emiliano). L’unica cosa di rilievo che dice Prodi riguarda la globalizzazione: “La globalizzazione ha fatto una selezione dura e dolorosa, ma ha anche plasmato e migliorato il tessuto produttivo italiano”. Selezione dura e dolorosa soprattutto a spese dei ceti sociali medio-bassi, salvo rilevare “il desiderio di autorità che si è propagato nel mondo”. Non una parola sulle cause di tale insorgente “desiderio” e su ciò che ci riserva.

Prodi pensa invece ai suoi “imprenditori delle piastrelle, che hanno accompagnato e attraversato la nostra storia fin dal Boom economico. Hanno dominato a lungo il mondo”. E ciò mentre, soggiungo a mia volta, la polizia uccideva i braccianti di Avola e la Fiat schedava il popolo sovrano. Tanto per citare.

Il resto dell’intervista è a base di “mortadella, salame, prosciutto crudo e pezzi di parmigiano reggiano portati dall’oste”, e che il Professore – assicura Bricco – “nemmeno guarda” per mantenere la linea. Quindi “tortellini di magro, bistecche di manzo, insalate” e, per finire in gloria, “mascarpone e ananas”.

È quel Prodi silurato da Renzi durante il voto per l’elezione del presidente della repubblica. Un Renzi d’accordo con Berlusconi. Il senno di poi non fa la storia, ma aiuta a comprenderne i paradossi: con Prodi al Quirinale le cose sarebbero andate diversamente ed è probabile che oggi Salvini non sarebbe diventato l’asso pigliatutto.

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