Nella sua essenza
il capitalismo non è cambiato e non può mutare, e tuttavia negli ultimi
decenni ha sviluppato la sua forma storica
definitiva, quella della grande centralizzazione monopolistica nell’ambito
della cosiddetta globalizzazione, anche se non ha ancora mostrato, se non per
cenni, la struttura dei rapporti sociali che andranno a sostituire, nel tempo
lungo, quelli attuali. Sono però già presenti i motivi della sua rivoluzione sociale e antropologica,
e siamo testimoni del rapido estinguersi di un mondo che per certi aspetti durava
da sempre.
*
Che in questi nostri anni non aggraziati s’avanzi un
filone pieno di barbarie credo non si possa negare. Pur deplorando i
comportamenti della società di cui si fa parte, sappiamo di non essere immuni
delle sue stesse colpe e ci interroghiamo sul domani che intuiamo irto di ancor
maggiori difficoltà e terribili agguati.
Ci chiediamo se la nostra civiltà potrà sopravvivere
all’irrompere di strati etnici e sociali che fino a pochi anni fa ne erano estranei,
ma dovremmo ancor più chiederci se crediamo realmente possibile che questo
sistema possa sostenere ancora a lungo il peso delle proprie contraddizioni. Su
questo punto le astrazioni di politici ed economisti creano solo illusioni e
miti, in un quadro di estesa connivenza e tortuose miserie.
Nonostante tutti i progressi della scienza e della
tecnologia non siamo riusciti ad assicurare alla società una base più umana e
siamo impotenti di fronte a una disgregazione e un caos che fomenta paure
esplicite e inquietudini segrete. È vero che nel mondo talune estreme povertà
paiono diminuire, ma è altrettanto certo che nell’insieme, tanto più in
rapporto allo sviluppo economico raggiunto, le diseguaglianze si sono fatte
sempre più stridenti e intollerabili.
E perciò appare stucchevole e falso il dibattito (si fa per
dire) politico e culturale attorno ai grandi temi della nostra epoca, un
dibattito schematicamente semplicistico per ciò che riguarda la realtà
effettiva del capitalismo, che anzi viene in ogni modo esorcizzato nel nome,
come se a rimettere a posto le cose bastasse qualche decimale di Pil di una
ripresa economica instabile e momentanea.
Settori sempre più ampi della società avvertono il
peso insopportabile di questa inconcludenza e decadenza, e non sarà certo, per
quanto riguarda i casi nostri, l’ampio vivaio di aspiranti dittatorelli che
potrà rovesciare le sorti, già segnate, di un paese sempre più spaccato tra chi
tira la carretta con sempre maggiore difficoltà e coloro che proprio da tale
debolezza e difficoltà traggono ulteriore profitto.
Quel "sua" corsivo del primo periodo è al contempo inquietante e carico di aspettative.
RispondiEliminaDialettica del linguaggio :)
infatti, il corsivo non è casuale
Eliminaciao
bei post Olympe!
RispondiEliminagrazie!
Elimina"Sono però già presenti i motivi della sua rivoluzione sociale e antropologica".
RispondiEliminaÈ possibile che lei faccia qualche esempio sui motivi già presenti?
Grazie
caro Anonimo, le suggerisco di adottare un nike, per es.: Oblomov
Elimina"Sono però già presenti i motivi della sua rivoluzione sociale e antropologica".
EliminaÈ possibile che lei faccia qualche esempio sui motivi già presenti?
Grazie, Oblomov.
P.S: forse voleva scrivere nick (name) e non nike.
Saluti da Oblomov.
lapsus calami :)
Eliminai commentatori hanno giustamente sottolineato il succo del post e della questione
RispondiEliminaProvo a rispondere per me
La novità del capitalismo odierno è il tutt'uno composto da rapporti di produzione e forze produttive."Le forze produttive sono più che mai mediate dai rapporti di produzione; forse così completamente che essi proprio per questo appaiono come l’essenza; si sono completamente trasformati in una seconda natura." Per questo oggi il lavoro non solo è ancora la base reale dell' accumulazione, ma più estesamente è replicare il rapporto di sfruttamento e dominio in ogni momento, capillarmente.
Questo io intendo come Sua rivoluzione sociale
Esattamente
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