Era una delle consuete lattiginose giornate di mezzo autunno. Alla prof venne una delle sue, ossia l'idea di appiopparci un tema breve (un’ora per svolgerlo), uno di quei titoli stravaganti per i quali era celebrata in tutto il distretto scolastico: descrivi una mela. Il sarcasmo più triviale ebbe la stura, se dai banchi dei maschi la banana fu la più citata, non mancarono però riferimenti colti tra i più comuni prodotti dell'orticoltura.
Avrei potuto prenderla larga, ob ovo, da Adamo ed Eva, poi setacciare la mitologia classica, e finire in gloria con l’etichetta discografica dei Beatles (Macintosh era ancora lontana). La prof, in tal caso, avrebbe così motivato il proprio giudizio: ti ho chiesto di descrivere una mela, non di raccontare una delle tue fiabe.
Avrei potuto, dicevo, ma il destino scoccò un'altra freccia. Per un misterioso cortocircuito mentale mi accinsi, con convinta determinazione, a descrivere non una mela ma una pera! Sempre di un pomo si tratta. Citai alcune specie del frutto, un po' diverse per forma, colore, grana della polpa e di gusto. Allungai sul modo di prepararle cotte al forno, caramellate con un po' di zucchero e un pizzico di cannella.
La prof non la prese bene, non credette nemmeno in via d’ipotesi alle mie giustificazioni, e la grave insufficienza che iscrisse sul registro né fu la logica conseguenza.
La prof non la prese bene, non credette nemmeno in via d’ipotesi alle mie giustificazioni, e la grave insufficienza che iscrisse sul registro né fu la logica conseguenza.
Anni dopo incontrai la prof su un mezzo pubblico. Dopo i saluti e i convenevoli di rito, chiesi alla prof se ricordasse l’episodio non proprio commendevole dello scambio della mela con la pera. Sorrise. Lessi nei suoi occhi l'immutata incredulità e perciò evitati d’insistere sulla mia buona fede.
Da quasi mezzo secolo ogni tanto mi chiedo come possa essermi accaduto un fatto del genere. Vero è che vivo in un paese dove è normale spacciare una cosa per un'altra, e tuttavia quell’episodio rimane per me inspiegabile, e non credo basti rilevare che le mele cotte non mi piacciono. Già sento tra me e me la valida obiezione che avrebbe opposto la buonanima della prof: non ti ho chiesto di descrivere una mela cotta, né tantomeno uno strudel.
Da quasi mezzo secolo ogni tanto mi chiedo come possa essermi accaduto un fatto del genere. Vero è che vivo in un paese dove è normale spacciare una cosa per un'altra, e tuttavia quell’episodio rimane per me inspiegabile, e non credo basti rilevare che le mele cotte non mi piacciono. Già sento tra me e me la valida obiezione che avrebbe opposto la buonanima della prof: non ti ho chiesto di descrivere una mela cotta, né tantomeno uno strudel.
Lessi in seguito, su un quotidiano locale, della tragica morte della prof. Viaggiava con un’amica a bordo di una cinquecento, quando, ad un incrocio sul limite tra Mestre e Favaro Veneto, furono travolte e uccise da un camion che non aveva rispettato lo stop. Il camion finì la sua corsa nel fosso, il suo carico rovesciò sull’asfalto e tutt’intorno presentando un'insolita scena ai soccorritori. Tranquilli, non trasportava mele e nemmeno pere, bensì delle angurie.
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