martedì 30 agosto 2011

Sisifo nel paese dei bastardi



Caro amico e compagno di viaggio, dopo cinque anni di levatacce per prendere la corriera, la testa sui libri il pomeriggio e tutte le feste comandate, finalmente agguantavi il diploma. Poi l’università con lode. Quindi, per concorso e senza raccomandazione (non ne avevi bisogno), entravi nel più prestigioso ente di ricerca. Un anno in America, dove insegnavi, tra l’altro, a cucinare e condire la pasta come si deve. Poi i contatti in Europa, gli studi e le pubblicazioni, il tuo contributo ad alcuni brevetti, insomma i sacrifici e le soddisfazioni di una carriera. Negli ultimi anni, a causa dei tagli di bilancio, il lavoro di ricerca era diventato routine, mera sopravvivenza. Stanco anche della vita di pendolare, mi raccontavi della tua pensione prossima ventura, dell’itinerario progettato, salute permettendo, con tua moglie per la vecchiaia. E invece ieri sera, tornato a casa, affaccendato, sentivi questa notizia: «il calcolo sull'età pensionabile verrà effettuato solo in base agli "effettivi anni di lavoro" e non terrà più conto degli anni di servizio militare prestati e degli anni universitari». Pensasti: la solita boutade di Brunetta-Sacconi-Calderoli. E invece no, da questa mattina sai che non andrai più in pensione tra poco, ma dovrai attendere ancora alcuni anni, incrociando le dita perché nel frattempo questi falliti rancorosi non ne inventino un’altra.

2 commenti:

  1. io invece lavoravo di giorno e studiavo la sera e durante i week-end perché i miei genitori non potevano mantenermi.
    Trovo giusto che i figli di papà che hanno potuto laurearsi comodi comodi non avendo lavorato prima, lavorino dopo.

    RispondiElimina
  2. due cose sbagliate non ne fanno una giusta

    RispondiElimina