Quando si tratta di difendere il portafoglio della medio-alta borghesia, le ringhiose posizioni di Eugenio Scalfari e Vittorio Feltri nella sostanza coincidono. Tutti possono vedere chiaramente in questi giorni ciò che in modo più o meno mascherato avviene da decenni, cioè l’attiva e diretta collaborazione della cosiddetta “sinistra” al trasferimento della ricchezza a favore dei super-ricchi e delle fasce sociali medio alte (sopra i 100mila euro). Tale trasferimento è avvenuto e continua ad attuarsi anzitutto in tre modi: con la riduzione di salari e pensioni, il favoreggiamento dell’evasione fiscale, lo smantellamento e il conseguente saccheggio della proprietà industriale e immobiliare pubblica (si ricorderà la livida faziosità che sempre ricorre nel sostenere che è produttivo ed efficiente solo ciò che è privato). I numeri parlano chiaro, le “riforme” del mercato delle braccia e del welfare portano le firme di entrambi gli schieramenti, il saccheggio dei beni pubblici il marchio trasversale dei grandi potentati multinazionali e della classe digerente nazionale.
Negli anni Novanta c’era da battere la crisi e l’instabilità della lira. Con gli accordi del luglio 1993 fu sepolta definitivamente la scala mobile e ogni adeguamento automatico dei salari. Quella fu la prima e fondamentale vittoria del padronato. Quindi si passò a riformare le pensioni, a più riprese. Basta con i 35 anni di contributi, bensì a 40, poi a 41 e ora si va ben oltre. C’era da entrare nell’euro e si chiesero nuovi sacrifici ai soliti noti. Poi vennero le riforme del mercato del lavoro che introdussero il precariato e il caporalato legale. Ora le donne in pensione a 65 nel pubblico impiego e ora anche nel privato. Tagli alla spesa sociale a tutto spiano, alla scuola (ma incremento abnorme dei contributi a quella privata), e a tutto quello che non porta profitto immediato.
Ha ragione Antonio Polito quando scrive sul Corriere che “il quasi ventennio di Seconda Repubblica non è proprio tutto da buttare”. Per la sua classe, s’intende.
Nessun commento:
Posta un commento