La comunicazione mediatica non è mai innocente. Ci vogliono far credere che il problema dei problemi sarebbe rappresentato dal fatto che a capo del governo c’è un vecchio puttaniere e uno dei maggiori filibustieri italiani.
Insomma, ci dicono che tolto di mezzo il porco, il sistema sarebbe riformabile in meglio. Un po’ come la storia delle cosiddette liberalizzazioni che hanno ingrassato di profitti i padroni e moltiplicato i monopoli, creando precarietà, subappalto e salari da fame.
Togliere di mezzo Berlusconi (cosa in sé lodevole, ovviamente) servirà alla borghesia illuminata per farci digerire meglio le prossime purghe, a cominciare dai nuovi patti di stabilità imposti dalla UE. Il tempo sarà galantuomo e dimostrerà, ancora una volta, che cambiano i manici, ma i culi restano sempre gli stessi.
Scriveva Roberto Scarpinato, procuratore aggiunto di Palermo, il 26 agosto 2009, sul Corriere della sera, una frase illuminante sullo stato delle cose:
“una classe dirigente nazionale tra le più premoderne, violente e predatrici della storia occidentale, la cui criminalità si è estrinsecata nel corso dei secoli in tre forme: lo stragismo e l’omicidio politico, la corruzione sistemica e la mafia. Tre forme criminali che essendo espressione del potere sono accomunate non a caso da un unico comun denominatore, che è il crisma stesso del potere: l’eterna impunità garantita ai mandanti eccellenti di stragi e omicidi politici e ai principali protagonisti delle vicende corruttive”.
Può un popolo irretito dall’idiozia televisiva più oscena liberarsi da tutto questo?
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