Ricevere una lettera è spesso una piacevole sorpresa, soprattutto in un ambiente in cui la comunicazione è prevalentemente digitale. Scrivere una lettera aggiunge un tocco personale e sincero, rendendo il messaggio più memorabile e prezioso. Dimostra che si è dedicato del tempo a pensare, a preparare un messaggio personalizzato, che può rafforzare il legame con il destinatario.
Donald Trump ha pensato che una lettera è un oggetto tangibile, che può essere conservato, riletto e custodito con cura. Può diventare un ricordo prezioso, a differenza dei messaggi digitali che possono essere cancellati o dimenticati. Con lui al potere la comunicazione e le pratiche diplomatiche sono cambiate radicalmente. Ha imposto a più di mezzo mondo dei dazi a mezzo lettera. Lettere che hanno la forma e il tono di ukase zaristi. Quelli di Trump non sono dazi, ma sanzioni.
Ha sbandierato i suoi ukase contro Canada, Messico, Europa, Giappone e, più recentemente, qualsiasi Paese che si allinei ai BRICS+ (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica, Iran, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Indonesia ed Etiopia) considerati “antiamericani”. Né risparmia dichiarazioni oltraggiose contro i leader politici.
Trump ha dimostrato più che mai la sua capacità di alienare i rapporti con gli altri Paesi, al punto da abbandonare gradualmente la diplomazia tradizionale, incarnata da segretari di Stato, diplomatici e ambasciatori. È un presidente che crede che la diplomazia si eserciti tra capi di Stato e considera la vittoria di qualcuno come la sconfitta di qualcun altro.
Non aveva forse assicurato, durante la sua seconda campagna presidenziale, che avrebbe risolto la guerra in Ucraina “in 24 ore” se fosse stato rieletto? È lui, ancora una volta, a svolgere costantemente il ruolo di intermediario tra il governo israeliano e Hamas per un cessate il fuoco. I risultati si sono visti.
Bastardi fare un titolo così
Punta tutto sull’effetto annuncio, sulla nozione di autorità e sul potere verticistico. Come del resto fa Meloni, con la differenza che Roma sul piano internazionale conta meno di Ouagadougou. Lui sogna di vincere il Premio Nobel per la pace, Meloni invece quello dell’economia, com’è ci è stato annunciato.
L’incarnazione personalizzata della diplomazia è accompagnata da una comprovata volontà di sconvolgere i partenariati, le alleanze tradizionali degli Stati Uniti, per creare una forma di incertezza al fine di posizionare il Paese come capace di apportare un nuovo equilibrio e di cambiare un certo numero di cose.
Le dichiarazioni di Trump si inseriscono in un contesto multidimensionale: le ben note minacce doganali, la brusca cessazione dei finanziamenti da parte dell’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID) e di alcune università di fama mondiale come Harvard. Quindi le ambizioni espansionistiche.
Il desiderio smisurato di impadronirsi unilateralmente della Groenlandia (e le Isole Faroe?), ma soprattutto la pretesa di annettere il suo vicino, il Canada. Non ha nemmeno il senso delle proporzioni: il Canada ha una superficie maggiore rispetto agli Stati Uniti, e dimensioni ancora molto più vaste se non si considera l’Alaska, che è lo Stato più grande degli Usa.
Trump ha ripetutamente affermato che il Canada dovrebbe diventare la 51a stella, che sarebbe “l’unica cosa sensata” da fare: “La linea di demarcazione artificiale tracciata molti anni fa scomparirà e finalmente avremo la nazione più sicura e più bella del mondo”. Trascurando il fatto che Carlo III è ancora formalmente il capo dello Stato del Canada.
Tra i canadesi ha preso piede un patriottismo da supermercato. Del resto, come altro possono difendersi dalla protervia trumpiana? Il Canada non ha le armi atomiche, come invece le possiede l’Italia, stoccate a Ghedi ed Aviano. La parola d’ordine dei canadesi è: acquistare prodotti locali piuttosto che provenienti dagli Stati Uniti. Ancora più significativo è il fatto che i canadesi stiano evitando le destinazioni dell’aggressivo vicino. Serve a poco il boicottaggio, ma rincuora.
A proposito: a giugno, la ministra danese per gli Affari Digitali (sic!), Caroline Stage, aveva annunciato la sua intenzione di abbandonare software e servizi Microsoft a favore del software tedesco Libre Office. Gente che vuole tornare a far luce con le candele.
Sulla falsariga trumpiana viaggia anche la fantasia della Meloni, a proposito delle sue illusioni di fare dell’Albania una colonia ove scaricare quella che considera monnezza.
Alla fine, Donald concede al suo avversario una tregua. L’ultimo annuncio, anzi l’ultima sua lettera da lontano, impone una dura sanzione alla UE, ma a partire dal 1° agosto. Ma noi ci abbiamo un bazooka, lungo e grosso.
Fuori degli Stati Uniti, il trumpismo appare attraente a diversi leader e forze politiche, di varia destra e fascistoidi. Resta da capire quanto dureranno a lungo queste nuove pratiche politiche e postali. Al momento non c’è da sperare di avere qualcosa di più decente.
Inserisco il link al tuo post sulla mia pagina di facebook - se preferisci di no, fammelo sapere (ti ho chiesto se posso farlo nei commenti al tuo post "Macchierà Israele per sempre" ma credo ti sia sfuggito) - tra le varie del web che leggo vedo ascolto con i miei stretti limiti di lingua il tuo riscoperto blog post mi placa anche se parli degli stessi orrori e follie che sembrano dominare le menti e i comportamenti della nostra specie - ma forse è così qui, Italia Europa Occidente, non è dominio mentale globale, e comunque grazie.
RispondiEliminaNulla osta da parte mia. Ciao
EliminaLibre Office è un software open source che fa tutto quello che fa Microsoft Office, ed è gratis. Magari tutte le istituzioni facessero come i danesi...
RispondiEliminaIl balletto dei dazi e in politica estera potrebbe riflettere una lotta tra il presidente e il cosiddetto deep state? Trump è fortemente ricattabile su molte questioni, per esempio i suoi rapporti ventennali col puttaniere del Mossad Epstein.
Pietro
Non ho nulla contro LibreOffice, ma non è semplice sostituire dall’oggi al domani i sistemi operativi, specie quelli della pubblica amministrazione. Non parliamo poi dell’utenza standard, ormai abituata a Microsoft Office e al Mac. Infatti in danimarca non l’hanno fatto. Sebbene LibreOffice possa aprire e salvare molti formati di Microsoft Office, mancano alcune funzionalità avanzate di Microsoft Office e l 'interfaccia utente è obsoleta per chi è abituato per esempio a mac. Inoltre, possono sorgere problemi di compatibilità e può aprire e modificare i file PDF, ma la modifica dei PDF è più complessa. Eccetera.
EliminaQuando si stancheranno di Trump lo metteranno a terra (o sotto).