mercoledì 7 dicembre 2016

Non tutto è stato errore e sconfitta


In questi ultimi giorni post referendari, dunque dopo la sonora sberla sortita delle urne, tutti i commentatori scoprono il disastro, la disperazione e la tensione sociale che serpeggia e pronta ad esplodere. Sono senza vergogna. Un disastro, peraltro, molto più grave ed esteso di quanto si ammetta e i prossimi mesi e anni lo confermeranno a volontà. Un disastro che chiama in causa l’insieme della classe dirigente italiana ed europea, poiché essa ha creduto che il capitalismo vittorioso non avesse più bisogno né del sostegno effettivo della gente comune né del senso di giustizia sociale.

E tuttavia, per fare il caso nostro, molti di questi disgraziati del Partito democratico pensano di avere il 40 per cento dell’elettorato dalla loro parte, e insistono ancora con i loro alambicchi per regalarci altre indigeribili alchimie, a cominciare dalla legge elettorale. Vivono in un’altra dimensione rispetto al resto del paese reale, e parlano solo a se stessi. Con loro la resa dei conti non è finita, su questo non c’è dubbio.

*


Sono in molti ormai a cogliere, seppur con molto ritardo, la trasformazione rivoluzionaria della realtà economica e politica, strutturale e sovrastrutturale in atto. Solo che non ne colgono il segno, la direzione. Pensano che ciò venga a conciliarsi, in qualche modo, con una nuova fase dello sviluppo del capitalismo, che presto o tardi la crisi sarà risolta e ogni cosa tornerà a fiorire per suo conto. Nulla di più fallace. Siamo ben dentro a un processo di cambiamento che va avanti con la forza di una legge di natura e che ci mostra con inedita evidenza il carattere storico e transitorio della forma-valore.

Certo, siamo ben lungi da metodi e forme della produzione e distribuzione sottratti alla logica capitalistica (e non mi riferisco alle fole sulla cosiddetta “decrescita”), da nuovi metodi e forme della cultura, dell’acquisizione e della finalizzazione del sapere umano, della ricerca scientifica, della formazione, eccetera. Tuttavia è lo stesso carattere di necessità del capitale nel suo movimento, nel suo divenire e nella sua crisi, che ci offre la possibilità reale del suo superamento. Che non è e non potrà essere faccenda di breve momento, ma un processo di molte generazioni, così com’è avvenuto per ogni nuova formazione storico-sociale.

*

Per quelli che invece mostrano impazienza, che vorrebbero vedere “il cambiamento” spuntare dietro l’angolo, con la fregola di esserne se non protagonisti quantomeno testimoni, vale rilevare quanto poco automatico sia il mutamento e quanto invece sia lento e contraddittorio il cambio di mentalità. Tra questi ci sono anche quelli che ancor oggi alimentano l’illusione che modificando i rapporti di produzione – schematicamente ridotti a rapporti giuridici di proprietà dei mezzi di produzione – anche la “mentalità” si trasformerebbe, quasi per incanto. Quanto poco meccanica fosse però questa relazione di causa-effetto, l’ha mostrato l’esperienza del Novecento.

A tale riguardo, mi sovviene quanto scriveva molto opportunamente Marx, nel Diciotto brumaio, ossia che “la tradizione di tutte le generazioni scomparse pesa come un incubo sul cervello dei viventi”. E per averne evidenza, a proposito di quanto è accaduto nel Novecento, sarebbe bastato leggere i classici della letteratura russa, per esempio Gončarov, Turgenev e Aleksandr Herzen, tanto per non citare i soliti Gogol' e Dostoevskij, o Lu Xun per quanto riguarda la Cina. Sia chiaro, non tutto di quelle esperienze è stato inutile, non fu solo illusione, non tutto fu errore, e soprattutto non tutto è stato sconfitta.



11 commenti:

  1. "Tra questi ci sono anche quelli che ancor oggi alimentano l’illusione che modificando i rapporti di produzione – schematicamente ridotti a rapporti giuridici di proprietà dei mezzi di produzione – anche la “mentalità” si trasformerebbe, quasi per incanto. Quanto poco meccanica fosse però questa relazione di causa-effetto, l’ha mostrato l’esperienza del Novecento".

    Nel mio piccolo, non mi sovviene che il ricordo dell'esperienza URSS, ma lì i rapporti di produzione erano sotto il controllo dello Stato (capitalismo di Stato). Pertanto non vi fu modifica dei rapporti di produzione.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. e infatti scrivo: schematicamente ridotti a rapporti giuridici di proprietà dei mezzi di produzione

      Elimina
  2. Grande post. Dovrebbe essere posto in cornice del blog, in alto a destra, con la dicitura: «Ricetta».

    RispondiElimina
    Risposte
    1. PROBLEMA:
      “Sono in molti ormai a cogliere, seppur con molto ritardo, la trasformazione rivoluzionaria della realtà economica e politica, strutturale e sovrastrutturale in atto”.

      SOLUZIONE:
      “Tuttavia è lo stesso carattere di necessità del capitale nel suo movimento, nel suo divenire e nella sua crisi, che ci offre la possibilità reale del suo superamento. Che non è e non potrà essere faccenda di breve momento, ma un processo di molte generazioni, così com’è avvenuto per ogni nuova formazione storico-sociale”.
      Post quasi completo.
      V’è però un’altra soluzione che i capitalisti usano per impedire l’emancipazione sociale ed il superamento del sistema: mettere il 50% dei poveri contro l’altro 50%.

      Elimina
    2. il divide et impera è vecchio come il cucco, si sa. c'è un'altra cosa che ho scritto:
      Siamo ben dentro a un processo di cambiamento che va avanti con la forza di una legge di natura e che ci mostra con inedita evidenza il carattere storico e transitorio della forma-valore.

      Elimina
  3. "..che il capitalismo vittorioso..."

    vittoria geopolitica di una cordata contro un' altra, chè dal punto di vista dei rapporti sociali il capitale stava già messo bene dalla controrivoluzione degli anni trenta, in cui si distinse il processo sociale che Stalin si intestò e che complicò parecchio le cose al movimento proletario internazionale (purghe interne, Cina, Spagna ecc)

    Certo Olympe non intende trattenere nulla di questo novecento che descrivo, forse solo che il capitalismo non cascherà mai da solo per propria crisi -che gli è connaturata

    RispondiElimina
  4. il mio riferimento non era al divide et impera, ma allo scioglimento del nodo gordiano con la spada.

    RispondiElimina
  5. Tutto giusto nel post e nei commenti, ma tornerei per poche righe sulla "sonora sberla" data anche ai "disgraziati" del PD, per dire che la sberla stessa sarà riassorbita e ignorata: nuovo incarico a Renzi, legge elettorale infame e la riforma costituzionale che ci viene fatta inghiottire per qualche orifizio. (Mi sembra che in tutta Europa, dal referendum greco alla brexit alla nostra acqua, si sia imparato bene a dare il contentino referendario per far spettacolo televisivo senza tener conto dei risultati, anzi, dopo aver montato lo psicodramma, ci fanno esser contentissimi del ritorno all'ordine). Vogliamo scommettere? La saluto affettuosamente, Ale

    RispondiElimina
  6. un altro (stephen hawking) che non può cogliere la direzione, nonostante una "certa onestà"

    http://www.repubblica.it/economia/2016/12/07/news/le_e_lite_imparino_l_umilta_o_il_populismo_sara_trionfante-153609352/

    g

    RispondiElimina