Il
capitalismo “è il male assoluto”, come sostiene Michael Moor nel suo
documentario Capitalism: A Love Story?
E la “democrazia”, sempre seguendo il regista statunitense, è il suo rimedio?
La prima affermazione è il prodotto di un sentimento emotivo, mentre la seconda
professa un’illusione. Per una minoranza di persone il capitalismo è il bene
assoluto, ossia il loro. Per molti altri (ma sempre di meno) il capitalismo è
diventato l’unico sistema economico possibile. Altri ancora, e sono la
maggioranza, lo subiscono e basta.
Il
modo determinato in cui gli uomini producono e riproducono la loro vita
immediata, e cioè la struttura dei rapporti determinati, necessari,
indipendenti dalla loro volontà, in cui essi operano ad ogni determinato grado
di sviluppo delle forze produttive è ciò che chiamiamo modo di produzione. Il
capitalismo, in sé e per sé, non va dunque giudicato secondo parametri
etico-morali. È un modo di produzione.
Come ebbe a scrivere Marx, nel V capitolo de Il Capitale, critica dell’economia politica: “non è quel che viene fatto, ma come viene fatto, con quali mezzi di lavoro, ciò che distingue le epoche economiche”.
Il
capitalismo viene inteso nella dimensione etico-morale come male poiché esso
rivela oggi come non mai le proprie insanabili contraddizioni, prima tra tutte
la disuguaglianza tra chi ha troppo e chi troppo poco a fronte di uno sviluppo della
produttività del lavoro senza precedenti, laddove sono create le condizioni per
offrire il necessario ad ognuno, ossia un’abitazione, assistenza sanitaria,
istruzione, lavoro, eccetera. In altri termini balza agli occhi di ognuno,
sotto i rigori della crisi economica, un’ingiustizia sociale e delle disparità
sempre meno tollerabili.
Ciò
che chiedono questi begli spiriti è “democrazia”. Eccola qui la parolina magica.
Tuttavia la democrazia è sovrastruttura (tenuto fermo, sia chiaro, che la
sovrastruttura sociale non è semplicemente acqua fresca). La famosa democrazia
ateniese escludeva, dalle assemblee e dalle decisioni, la maggioranza della popolazione,
e proprio la più attiva dal punto di vista economico. Nella nostra epoca, gli
Stati Uniti sono visti generalmente come uno dei paesi più democratici del
mondo, se non addirittura il più democratico. E però è il paese occidentale
dove maggiore è la disparità tra ricchi e poveri, dove, per esempio, quasi 50
milioni di persone acquistano cibo con i food stamps.
Tutta
la cialtroneria di “sinistra”, riformista, progressista e radicale, non è il
comunismo che vuole. Non più, e anzi giammai. Disillusa da Babbo Natale con il
volto di Stalin, da un sedicente comunistmo inchiodato sulla carne di società semi-arcaiche, ora questa sinistra coltiva
una nuova illusione, quella di un capitalismo dal volto umano, di un
capitalismo più democratico e welfare generoso. Questo è il punto politico
vero, che per molti aspetti riguarda la crisi stessa della sinistra variamente
denotata.
Resta
dunque aperta la questione del capitalismo, nella sua dimensione reale, non in
quella sognata e agognata. Pertanto bisogna prendere in esame la questione
della crisi storica del capitalismo, del modo di produzione capitalistico e
della sua contraddizione fondamentale. È appena il caso di ricordare che è il capitale
stesso la contraddizione in processo, per il fatto che esso tende a ridurre il
tempo di lavoro a un minimo, mentre, d’altro lato, pone il tempo di lavoro come unica misura e fonte della ricchezza.
Laddove
non fosse ancora chiaro, sto parlando del carattere storico e transitorio della
forma-valore. Tanto per dirne una comprensibile anche agli apologeti 4.0, la
quantità di lavoro erogato nella produzione è sempre meno la fonte principale per la creazione di ricchezza della
società. Questo fatto porta a notevoli fraintendimenti nella pseudo scienza economica
borghese, e per altro verso rivela la differenza tra la profezia che tira ad
indovinare e il lavoro scientifico che indaga la formazione sociale
capitalistica come fenomeno oggettivo prima ancora di qualsivoglia analisi.
Per
contro, il comunismo non è un atto di fede, l’attesa vana che il miracolo si
compia nella Betlemme liberata dal capitalismo, che l’utopia finalmente si
realizzi in qualcosa di preordinato. Che cosa sarà il comunismo? A coloro che
mostrano fretta di vedere il futuro paradiso, che hanno la fregola di
camminarci sopra, risponderò parafrasando un noto passo di Marx: a questa
questione si può rispondere solo scientificamente, e componendo migliaia di
volte la parola uguaglianza con la parola libertà non ci si avvicina alla
soluzione del problema neppure di una spanna.
Comunque
la pensiate, buon natale.
ciao Olympe, buon natale
RispondiEliminaun abbraccio
EliminaIl capitalismo, in sé e per sé, non va dunque giudicato secondo parametri etico-morali. È un modo di produzione. ..
RispondiEliminacon immensi risvolti etico-morali ( e culturali) , quindi per quanto giustamente la si debba razionalizzare la questione non e' puramente "scientifica".
ws
PS: buon natale anche a te a tutti "gli uomini ( &donne :-)) di buona volontà".
la mia osservazione si riferisce alla definizione di Moore, la quale è di ordine etico-morale. un giudizio che non spiega nulla delle reali contraddizioni che muovono il capitalismo. anche i modi di produzione antecedenti il capitalismo annoveravano "immensi risvolti etico-morali", tuttavia dal punto di vista dell'analisi critica di tali modi di produzione non vale nulla definirli quali "mali assoluti" poiché essi contemplavano la schiavitù e la servitù. sotto molti punti di vista etico-morali il capitalismo è anzi superiore ad essi.
Eliminaciao
La penso come te, grazie a te che hai espresso il pensiero, e cerco - per quanto posso e riesco - di adeguarlo al tuo, ossia a quello di colui che formulò la Critica dell'economia politica.
RispondiEliminaBuon Natale
quello che scrivo non credo sia esattamente sovrapponibile a quanto scriveva lui, se non nelle intenzioni. molto meglio l'originale come tu sai. ci sentiamo via mail
EliminaPeccato che questo non poter avere idea precisa di cosa ci sarà dopo, insieme all'averne una che ovviamente è sbagliata (parlo di quella che uno può essersi fatto guardando a Urss, Cina, ecc.), freni un pochino. O sarà che non si è giunti ancora al punto in cui non c'è nient'altro da perdere se non le proprie catene. E tuttavia anche lì c'è da temere possano sorgere problemini tra diverse ipotesi scientifiche. Sull'analisi e sulla pars destruens, naturalmente, niente da obiettare.
RispondiEliminaBuon Natale, Olympe.
Oh, quanto a problemini e dubbi ve ne sono per tutti i gusti. Se la necessità tira la corda da una parte, dall'altra a tirare c'è l'imprevedibilità del caso. Per quanto ci riguarda personalmente, ciò che sarebbe veramente interessante sapere è in quale cavolo di segmento del processo storico c'è capitato di vivere. Nemmeno questo sapremo.
RispondiEliminaCaro Dottore, buon Natale a te e ai tuoi cari.
Buone feste:
RispondiEliminaLa scena dell'internazionale dal film "Italiani brava gente"
Ciao,g
grazie e ricambio. ciao
EliminaRicambio l'augurio di cuore.
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RispondiEliminasecondo me le età dell'uomo (come individuo) si possono caratterizzare in base all'atteggiamento verso il Natale. Nella prima età uno è felice che venga il Natale perché pensa che sarà più felice. Nella seconda età uno non sopporta il Natale perché sa benissimo che non cambierà niente. Nella terza età uno accoglie il Natale di buon grado perché, anche se sa che non cambierà niente, si gode l'assenza dal lavoro e la buona cucina.
P.S non penso che ci siano segmenti storici qualitativamente diversi gli uni dagli altri.
p.p.s.Sul''ultimo post scriptum in effetti ho qualche dubbio. Buon Natale.
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