Dietro l’offensiva militare dei “ribelli” siriani si nasconde il gioco delle ambizioni e dei calcoli politici delle potenze regionali. Non ultima Israele, che punta a dominare tutta l’area. E la Turchia, per motivi diversi.
Sono trascorsi tredici anni da quando la Siria è precipitata in una sanguinosa guerra civile. Tredici anni e più di 300.000 morti, un milione di feriti e sei milioni di esiliati. Per quattro anni, però, si credette che la guerra dormisse. Un cessate il fuoco, firmato nel 2020, tra i ribelli islamici e l’esercito di Bashar al-Assad aveva stabilizzato il paese. A parte qualche raro bombardamento e incursioni di commando su entrambi i lati della linea del fronte, non vi furono offensive importanti.
Il 27 novembre, i ribelli islamici di Hayat Tahrir al-Sham (HTS), ex fazione di al-Qaeda che controlla parte del nord-ovest del Paese, hanno ripreso le armi per marciare verso Aleppo, seconda città del Paese controllata da al-Assad dal 2016. Un’offensiva chiamata sobriamente “Deterring Aggression”. In tre giorni Aleppo è caduta e la sua cittadella millenaria è stata ricoperta dalle bandiere della “Siria libera”. Oltre alla sorpresa dell’attacco, è stata sorprendente l’efficacia militare dell’offensiva, che è arrivata ad occupare Damasco. Ma, per comprendere le ragioni di questo successo militare, è agli alleati dei belligeranti che dobbiamo guardare più da vicino.
Innanzitutto, l’Iran. Il regime ufficiale della Siria e l’Iran erano alleati da decenni. Un’alleanza che risale alla rivoluzione iraniana, epoca in cui Iran e Siria avevano un nemico comune: l’Iraq. Mentre Bashar al-Assad reprimeva nel sangue il desiderio di libertà del suo popolo, il regime dei mullah gli dava una mano, e ancor più i combattenti del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica, detti anche “consiglieri militari”.
Durante la presa di Aleppo, i combattenti guidati dall’Iran si trovavano da tutt’altra parte. Con gli scontri tra Hezbollah e Israele, il regime iraniano ha dovuto rimpatriare parte delle sue forze nel sud del Libano. I combattenti dell’HTS hanno semplicemente colto l’occasione per attaccare. Quanto ai russi, alle prese con la guerra in Ucraina, potevano fornire solo pochi aerei militari.
Oltre alla tempestiva debolezza dei suoi alleati, l’esercito ufficiale siriano ha sofferto del sostegno fornito dai turchi ai ribelli islamici. Com’è noto, la Turchia è molto presente sul territorio siriano. Dispone addirittura di un proprio contingente di uomini, l’Esercito nazionale siriano (ANS), che riunisce tra i 20.000 e i 35.000 combattenti addestrati, equipaggiati e pagati dalla Turchia. Parallelamente alla recente offensiva, l’ANS ha lanciato un proprio assalto. Questa volta non contro l’esercito di Bashar, ma contro i nemici giurati della Turchia: i curdi. Dal 2016, una piccola enclave attorno alla città di Tall Rifaat ospita un’amministrazione curda. Il gruppo paramilitare affiliato ai turchi ha attaccato questa roccaforte dei curdi siriani, a margine dell’offensiva dei ribelli islamici, fino ad occuparla completamente e poi assediare Manbij. Pare si sia giunti ora a un accordo per il cessate il fuoco.
La Turchia lotta contro i curdi, ma gestisce anche la crisi dei rifugiati siriani. Ankara accoglie più esuli del regime di Bashar di tutti gli altri paesi messi insieme. Ad oggi, si ritiene che più di 3,5 milioni di siriani in fuga risiedano in Turchia. Una situazione che crea dissensi all’interno della popolazione al punto da farsi sentire sempre di più alle urne. Quest’estate le autorità turche hanno addirittura denunciato veri e propri “pogrom” anti-siriani. Per il regime turco, l’espansione delle aree controllate dagli islamisti siriani faciliterebbe il ritorno di numerosi profughi in Siria, liberati dalla minaccia di Bashar al-Assad. Questo è uno dei motivi per cui la Turchia è ben felice di essersi sbarazzata di Bashar al-Assad.
Che cosa accadrà ora della Siria? Quello che già successe alla carcassa del turco, cioè all’impero ottomano. Troppe identità etniche e religiose, troppi interessi divergenti, e dunque la cosa più probabile è che della Siria sia fatto uno spezzatino, dove ognuno lotterà per avere il proprio boccone, compresa la Russia per le sue basi aeree e navali a Tartous e Hmeimim.
Il bersaglio grosso, per i sionisti e gli islamici sunniti, resta comunque l’Iran.
https://tinyurl.com/ycyf45y4
RispondiEliminaQuindi, il lento ma costante lavorio di dissoluzione dello stato iraniano, è solo una questione di tempo?
RispondiElimina************×***********×
Nessun'altra struttura di potere ha trascorso il 21° secolo uccidendo milioni di persone in guerre di aggressione, circondando il pianeta con centinaia di basi militari e lavorando continuamente per schiacciare qualsiasi gruppo che si opponga ai suoi dettami in qualsiasi parte della terra. Non la Cina. Non la Russia. Non l'Iran. Non Cuba. Non Bashar al-Assad. Solo l'impero degli Stati Uniti ha tiranneggiato e abusato del mondo fino a questo punto nei tempi moderni.
(copiato da un commento su Facebook, quanta verità in essa)
F. G.
Tutto è a tempo
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