Si stupiscono per come parla e si agita la presidente del consiglio, sia che si trovi in parlamento e sia che si esibisca alle adunate dei suoi camerati. Non vedo alcun motivo per stupirsi: non parla per dire qualcosa, ma per ottenere un certo effetto. Non è la sola a comportarsi in questo modo.
In questi tempi di massacro linguistico diffuso, è diventato normale parlare per ottenere un certo effetto e non per dire qualcosa di concreto, di razionale. Quasi non ci accorgiamo più delle svolte linguistiche e degli spostamenti semantici. Esempio: usare l’aggettivo “patriottico”, e altri termini e frasari tipicamente parafascisti, sta diventando di uso comune.
Di che cosa ci dovremmo stupire? Del resto, siamo stati preparati, predisposti per tempo, a questa svolta semantica. Il significato reale del discorso pubblico (ma in gran parte vale anche per quello privato) non ha più importanza.
L’addomesticamento è diventato realtà già attraverso l’algoritmo. Non è forse un fatto che la nostra esistenza è stata interamente digitalizzata, che sono gli algoritmi a determinare il nostro profilo: ciò che siamo, ciò di cui abbiamo bisogno e desideriamo? Siamo diventati dei semplici interruttori di un vasto circuito integrato, autorizzati ad accendere o spegnere, e basta.
Questo è un fatto sul quale dovremmo riflettere e preoccuparci anche più degli atteggiamenti e del frasario di fascisti e criptofascisti oggi sdraiati sugli scranni del potere.
Hyperpolitik
RispondiEliminahttps://www.wired.it/article/analfabetismo-funzionale-italia-ocse/
RispondiEliminahttps://tinyurl.com/p55ckput