lunedì 2 dicembre 2024

Fino al limite estremo oltre il quale “capita qualcosa”

 


I primi 10 titoli per capitalizzazione sull’S&P 500, il più importante indice azionario statunitense, valgono attualmente oltre il 35% del listino. Di questi, i “magnifici sette”, vale a dire Apple, Nvidia, Microsoft, Amazon, Alphabet, Meta e Tesla pesano per il 30% delle 500 maggiori capitalizzazione di Wall Street. Tale concentrazione azionaria influenza necessariamente e più che proporzionalmente l’intero indice azionario.

Per dare un’idea di ciò che sta avvenendo, il gruppo californiano Nvidia, produttore soprattutto di processori grafici, negli ultimi 12 mesi ha guadagnato in Borsa oltre il 187% e, nel biennio, è salito più del 785%. Ad eccezione di Amazon e di Walmart, nessuna di queste realtà oligopoliste, annovera un numero di dipendenti tale da poter essere raffrontato con la loro enorme capitalizzazione. Tutto ciò alla faccia di coloro che per decenni hanno sostenuto che le nuove tecnologie avrebbero creato nuovi e maggiori posti di lavoro.

Pare evidente che le conseguenze di tale concentrazione possono essere valutate sia sotto il profilo economico finanziario, ossia del controllo sulla produzione e sui prezzi (in una tacita collusione mantengono elevati i loro prezzi anche quando cambiano i costi o le condizioni di mercato), ma anche e soprattutto sotto l’aspetto politico (non pensiamo solo a Musk, ma all’oligopolio bancario, quello di banche private e sistemiche che fissano le condizioni monetarie dell’attività economica globale, quindi alla condizione degli Stati che hanno abbandonato la propria sovranità in materia monetaria, oppure l’oligopolio sulle materie prime o delle tecnologie strategiche, nella ricerca e nella sanità).

C’è chi pensa ancora che la politica economica possa essere decisa dai parlamenti e dai governi; oppure, cosa di per sé ridicola, di poter regolamentare la speculazione, che altro non è che un gigantesco gioco d’azzardo dove i broker ormai altro non sono che delle patetiche figurine di un vecchio album Panini.

Scopriamo così che il Capitale nelle sue epifanie estorsive ha cambiato pelle, non è più quello di soli trent’anni fa. Del resto, non era Engels che, il 12 marzo 1895, scrivendo a Conrad Schmidt si chiedeva: “Forse la feudalità è mai stata corrispondente al suo concetto?”. Dunque il Capitale procede nel suo divenire e nella sua forma divenuta, vale a dire fino al limite estremo oltre il quale “capita qualcosa”, le cose cambiano, si produce un salto, una rottura, una discontinuità qualitativa, una rivoluzione!


6 commenti:

  1. Engels è diventato English. Certo, conosceva bene la lingua, però... :)

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  2. Pensi sia necessaria una avanguardia?

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    1. Al momento c'è bisogno di una retroguardia

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    2. @ragionier

      Io credo proprio di sì. Non si va da nessuna parte senza un'avaguardia!

      F. G.

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  3. Concordo assolutamente sul procedere dialettico, la crisi profondissima in cui versano gli Stati Uniti nasce dai meccanismi dell'accumulazione del capitale e della valorizzazione della rendita. Ma il salto rivoluzionario che si auspica potrebbe non avvenire ed accadere un ulteriore regresso. Non sempre si possono trovare pronti al momento dei protagonisti come Lenin.

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