La notizia è questa: le migliori aziende sanitarie d’Italia sono cinque e sono, manco a dirlo,
tutte del Nord, di cui ben tre del Veneto: l’Asl 8 Berica di Vicenza; l’Asl Euganea a Padova,
quella Dolomiti a Belluno.
Penso di conoscere molto bene la sanità veneta, e la prima cosa che mi è venuta in mente
leggendo la notizia è la condizione in cui versano certi ospedali del Veneto. Non solo quelli
per così dire in fondo alla classifica, semiabbandonati, ma soprattutto quelli a metà
classifica. Che a raccontare certi fatti non ci si crederebbe.
Bisogna leggere i commenti inviati dai cittadini veneti a Zaia a proposito delle liste d’attesa
per quanto riguarda i pazienti oncologici ... Sono irriferibili. La realtà sanitaria pubblica
veneta è molto più sfaccettata di come la descrivono le “classifiche” e la propaganda, stante
il fatto che evidentemente in altre regioni mediamente il livello è pessimo ovunque.
Mancano medici e infermieri, il che è vero. Ma anche la sanità veneta, così come le altre, è
diventata un mercato. E che mercato! La cosa ha origini lontane, ma penso che la svolta
decisiva si si avuta con il Covid. I medici si devono essere posti una semplice domanda: ci
hanno chiamato “eroi”, ma poi siamo rimasti nell’aurea mediocritas. Dunque, perché farsi
il mazzo per guadagnare gli stessi soldi di un idraulico, di una estetista, oppure di un
dentista?
Racconto due fatti per dare un’idea. Un paio di mesi fa stavo facendo i complimenti a un
cardiologo perché anche la sua seconda figlia in quei giorni si era laureata. Ho chiesto se si
fosse laureata in medicina. La risposta è stata quasi brutale e così riassumibile: mai in
medicina. Turni massacranti, soddisfazioni zero, rischi molti e pochi soldi. Sia chiaro: ci
sono anche i cardiologi di “grido”, ma non era questo il caso di specie.
Dovevo prenotare una visita presso uno specialista di un ospedale pubblico. Non prima di
90 giorni, e già mi andava di lusso. Il primario di quel reparto ha aperto (lo sanno tutti) una
sua clinica (non so in quali forme giuridiche) a pochi chilometri dall’ospedale. Ho telefonato
la settimana scorsa e mi è stato fissato l’appuntamento per il giorno 28. Ho chiesto: 28
dicembre? No, risponde stupita la segretaria, per il 28 novembre. Solo due giorni d’attesa.
Stessa cosa per una risonanza magnetica presso l’ospedale di Castelfranco Veneto: tempi
d’attesa biblici. Con 324 euro ho ottenuto la risonanza per lo stesso 28 novembre, ore 18.
L’esito l’ho scaricato il giorno dopo.
È quello che chiamano il ”libero mercato”. Se sei solvibile, puoi accedere alle cure, altrimenti
aspetti. Liberamente. E tra un’attesa e l’altra, magari tiri le cuoia. Sempre liberamente. È ciò
che avviene comunemente anche nelle migliori aziende sanitarie d’Italia. E, tutto sommato,
è giusto così.