domenica 5 agosto 2018

Della ragion borghese


Siamo passati dagli chefs d'Etat agli chefs de cuisine. Si può intenderla anche come una fortuna. A tale riguardo cito una curiosità che riguarda Napoleone. In quel dell’isola di Sant’Elena non se la passava al meglio delle sue non frugali abitudini. Si doleva soprattutto dell’assenza o carenza di certi viveri di conforto, che qualche anno dopo, nella sua branda da campo e nel l’imminenza della morte, elencherà con struggente e quasi commovente dettaglio. Ad ogni modo, anche sotto l’aspetto alimentare, l’ex imperatore se la passava meglio delle migliaia di boeri che quasi un secolo dopo soggiornarono nella stessa isola, sempre ospiti di sua maestà britannica (*).

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L’intera Europa non se la passava bene nel 1816. Quello fu detto l’anno senza estate. Nevicava copiosamente nelle pianure in luglio e non vi furono raccolti di cereali, d’uve, d’erbe e frutta. Si moriva letteralmente di fame. Si emigrava in massa, ma anche di là dell’Atlantico la situazione climatica non era molto diversa. Dagli Stati dell’est degli Stati Uniti si migrava in massa verso l’ovest. Fu quella la prima massiccia migrazione verso il mitico west.

Tutto ciò fu l’effetto diretto ...


... dell’esplosione del vulcano indonesiano Tambora (aprile 1815). Il getto di polveri e materiali raggiunse i 43 km d’altezza, provocando dalle 71.000 alle 121.000 vittime. Una violenza 20 volte superiore a quella che distrusse Pompei nel 1871 BP. La famosa eruzione del Krakatoa (1883) per quantità di polveri emessa fu di un terzo inferiore a quella del Tambora. Le due bombe sul Giappone dell’agosto 1945 al confronto, salvo che per il numero delle vittime e le radiazioni, furono due petardi.

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Anche i Maya, la civiltà cosiddetta del mais, si ecclissò a causa di eventi climatici avversi: decenni di periodi secchi con perdite idriche superiori al cinquanta per cento ne hanno causato il collasso sociale, e questo ben prima dell’industria del carbone e dell’impiego degli idrocarburi. Dunque la natura è la prima responsabile dei mutamenti climatici, lenti o repentini, su scala locale o anche globale. Tuttavia il cambiamento climatico causato dal massiccio inurbamento, dall’industrializzazione e dall’immissione in natura di quantità abnormi di sostanze altamente inquinanti, ha aggiunto all’azione delle forze naturali una dimensione di pericolosità senza precedenti.

Dal XIX secolo, metà delle zone umide sulla Terra sono andate perse. Chiunque sia nato oggi vivrà da adulto in un mondo in cui a malapena un decimo della superficie terrestre non sarà stato modificato dall'uomo e dove vivranno quattro miliardi di persone in aree permanentemente minacciate dalla siccità.

Nove dei dieci anni più caldi sono stati registrati in questo breve scorcio di secolo. Gli estremi aumentano in modo misurabile. Il numero di record di calore in tutto il mondo si è moltiplicato, incluso quello della siccità e quello delle inondazioni. L'atmosfera sta letteralmente uscendo rapidamente dal suo equilibrio a causa del cosiddetto effetto serra, con flussi inaspettati e livelli di alta pressione bloccati per mesi nell'emisfero settentrionale, tanto che i vecchi schemi meteorologici stanno cambiando.

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Poco c’entra cercare responsabilità nei comportamenti dell’”uomo”. Questo genere di chiacchiere avvilenti lasciamole ai preti e ad altri insulsi ideologi. Qui stiamo parlando della razionalizzazione senza ragione, cioè della valorizzazione capitalistica, della malattia della ragion borghese che s’impadronisce di tutta la società. Le stesse dinamiche economiche che producono l’innalzamento delle temperature, la depredazione delle risorse e la devastazione degli habitat indispensabili alla vita e alla riproduzione delle specie faunistiche e vegetali, sono responsabili dell’annichilimento del paesaggio e dell’alterazione e distruzione del patrimonio storico-artistico per adattarlo alle redditizie esigenze turistiche.

Non mancano le conoscenze e i mezzi tecnici di controllo e previsione per misurare con esattezza scientifica tali mutamenti e stravolgimenti della biosfera. A fronte di questa situazione drammatica, dovrebbe essere normale attendersi delle proposte che – andando alla radice dei problemi – indicassero la strada per un rovesciamento completo di prospettiva e di paradigma. E invece i risultati fallimentari delle iniziative che si propongono di gestire e regolare il capitalismo sono sotto gli occhi di tutti, e del resto la protezione dell’”ambiente” è diventata un pretesto per nuove occasioni di profitto (e di corruzione) da parte dell’industria “ecologica”.

Il riformismo, di qualunque colore politico, viene utilizzato non per affrontare le contraddizioni quali si presentano realmente, ma come mezzo per attenuare il loro contrasto e trasformarlo, per quanto possibile, in armonia. Pertanto l’idea di trasformare la società per via democratica non oltrepassa il quadro delle compatibilità borghesi, cioè non va oltre i limiti propri del borghese, piccolo o grande che sia. In altre parole, la borghesia nel suo insieme tende nella teoria agli stessi compiti e alle stesse soluzioni a cui l’interesse materiale e la situazione sociale spinge il singolo borghese nella pratica.

(*) Quello del cibo è uno degli aspetti fondamentali della cultura di un popolo e di ogni singolo individuo. Personalmente ho sempre avuto in sospetto chi fa mostra di non avere alcun interesse, e anzi disprezzo, per il cibo e la cultura che l’accompagna.

3 commenti:

  1. Segnalo questo articolo che mostra lo stato dell'arte di parte della élite americana faccia al problema ambientale.

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    1. grazie, Luca.
      infatti è solo l'altra faccia del riformismo. non si vuole capire che il processo di accumulazione segue le sue leggi e che non c'è alcuna riforma possibile che possa arrestarlo. c'è un limite logico a tale processo, ma perché diventi anche un limite storico non bastano né le mie chiacchiere né quelle altrui.

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  2. Crescere avendo come unico scopo la crescita,è come un tumore:
    "una massa di tessuto che cresce in eccesso ed in modo scoordinato rispetto ai tessuti normali".

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