Oggi su la
Bugiarda Recalcati invita “la sinistra” a rileggere … Turati! Non
si tratta in senso stretto di una fake news, e del resto c’è da chiedersi se
esista qualcosa di più "fake" dei psicoanalisti. Tuttavia questo è
uno dei tanti sintomi, piccoli e grandi, di tempi a nostro modo difficili, in
attesa di quelli drammatici.
*
Tutti sanno (almeno in altri tempi era così) che Marx
è l’autore de Il Capitale. Molti (in
senso relativo) sostengono pure di averla “letta” quest’opera di Marx. O magari
anche solo sfogliata, che già sarebbe qualcosa. Pochi (in senso assoluto) hanno
qualche reale cognizione sul Capitale
di Marx. Non è raro, invece, d’imbattersi in saggisti, giornalisti, politici,
blogger e affabulatori vari che, citando Marx e il Capitale, asseriscono le cose più invereconde, e sempre la loro
fonte è il sentito dire, cioè l’aver letto o ascoltato puttanate panzane,
le quali rappresentano la merce di maggior scambio e più a buon mercato.
Due esempi tra i tanti di fake news sul tema. Nei
convegni e nei salotti (così come nei manuali, ecc.) quando succede di citare Marx, non manca il riferimento
alla sua
“teoria del valore-lavoro”. Sta di fatto che per Marx “il
punto di partenza così come il punto d’arrivo” della sua indagine scientifica
non è né il valore, né il valore di scambio, né il lavoro, bensì il capitale, e dunque l’esame in tutti i
suoi aspetti della “merce singola come forma elementare” della ricchezza della
società in cui domina il modo di produzione capitalistico.
E, soprattutto, Marx non ha mai usato l’espressione
“valore-lavoro”, coniata invece da un suo critico borghese, ossia da Eugen
Ritter von Böhm-Bawerk. A un livello più basso, diciamo delle osterie di un
tempo e ora nei cosiddetti social, pare
che Marx sia stato il teorico del “comunismo” (e dunque, secondo tale vulgata,
indiretto responsabile dei “gulag”), del quale sembra abbia scritto in lungo e
in largo nelle sue opere. E tuttavia, Marx è uno degli autori “marxisti” che
meno ha scritto sul tema del comunismo. Per esempio, ne Il Capitale del “comunismo” non si parla e il termine ne non vi
compare mai. Una sola vota si legge
“società comunista”, ma senza alcun’altra specificazione.
Per completezza segnalo quanto si trova in Wikipedia a
tale riguardo: “La teoria marxiana del
valore-lavoro prende come base la teoria classica, ma vi apporta alcune
modifiche”. Lo stesso che dire: la teoria copernicana apporta alcune
modifiche a quella tolemaica. Ma ciò che segue è davvero esilarante: “Inoltre Marx recupera la distinzione
fisiocratica fra lavoro produttivo ed improduttivo, per arrivare alla
distinzione fra sovrappiù (plusvalore) e sfruttamento”. E dunque ringraziamo
la scuola fisiocratica e soprattutto la “distinzione” con cui vengono spacciate perline colorate (**).
(*) La vicenda redazionale ed editoriale de Il Capitale. Per la critica dell’economia
politica (questo il titolo integrale), è a dir poco complessa, e per sommi
capi l’ho recentemente riassunta in un post.
(**) «Dalla
concezione dei fisiocratici, i quali concepiscono il profitto (interesse
compreso) semplicemente come un reddito destinato ad essere consumato dal
capitalista, deriva anche l’opinione di A. Smith e dei suoi successori, che l’accumulazione
del capitale sia dovuta alle privazioni personali, al risparmio e all’astinenza
del capitalista. Essi possono fare questa affermazione perché considerano la
rendita fondiaria come l’unica fonte vera, economica, per così dire legittima
dell’accumulazione» (Teorie sul
plusvalore, I, MEOC, XXXIV, pp. 30-31).