lunedì 11 marzo 2024

Non eravamo soli

 

Tutt’altro. Fino a un tempo relativamente recente assieme a noi vivevano altri individui del genere Homo. In certi casi una promiscuità molto stretta. Così ci raccontano Telmo Pievani e Giuseppe Remuzzi sul Corriere della Sera del 3 marzo. E fin qui, per dirla con Gianni Morandi, chi se ne importa. Sennonché, oltre al 2-4 per cento del DNA del famoso Neanderthal, pare condividiamo un cincinnino di quell’acido nucleico fondamentale anche con un’altra (misteriosa) specie del genere Homo.

Possiamo ben dire che le nostre ataviche nonne si sono concesse ampie libertà sessuali. Del resto, se non vi sono state costrette con la forza, mi pare difficile che potessero negarsi alle profferte di un atletico e prorompente esemplare di Neanderthal. Il quale ci ha trasmesso la predisposizione al diabete e un po’ anche a quella dell’infarto. Forse anche schizofrenia e malattie autoimmuni, scrivono gli autori dell’articolo citando uno studio pubblicato di recente su Nature. Donne e buoi dei paesi tuoi ammoniva un mio bisavolo con molta ragione.

E non finisce qui per quanto riguarda i frutti di quegli accoppiamenti. Nell’articolo si legge che “uno studio condotto in provincia di Bergamo nelle aree più colpite dall’infezione da Covid-19 suggerirebbe che geni che derivano dai Neanderthal possono spiegare come mai certi individui hanno manifestazioni così gravi di malattia da richiedere ospedalizzazione o addirittura cure intensive”. E poi, parliamoci chiaro, con quel dialetto che non si capisce un’ostia ...

Chi è dunque il terzo incomodo? Tutto è riconducibile a un primo reperto: l’ossicino di un dito mignolo di una quattordicenne scoperto in Russia, nell’ormai nota grotta di Denisova, sui Monti Altai. Dunque un’antenata di Putin e una parente stretta, almeno dal punto di vista filogenetico, di Neanderthal. Insomma, l’Homo sapiens, arrivato in Eurasia dall’Africa molto tempo dopo i Neanderthal e i Denisoviani, è un ibrido. Altro che radici semitico-ariane, porca puttana.

A proposito di radici giudaico-cristiane. Paolo Mieli (pare ne esista più di un esemplare) il 4 marzo pubblicava, su un foglio che di solito si occupa di cani e gatti, una recensione a un libro di Sante Lesti dal titolo accattivante: Il mito delle radici cristiane dell’Europa. Dalla Rivoluzione francese ai giorni nostri (Einaudi).

Mieli, nel recensire il libro di Lesti, cita imprescindibili volumi di diversi altri autori: Federico Chabod, Peter Ulike Burke, Pierre-Simon Ballanche, Daniele Menozzi, Edmund Burke, Louis de Bonald, Giorgio Barberis, il verboso François-René de Chateaubriand, Claude-Henri de Saint-Simon, Augustin Thierry, Augustin Sénac, l’immancabile Joseph de Maistre, Félicité de Lamennais, l’inossidabile Vincenzo Gioberti, Jaime Balmes, l’ecumenica Francesca Perugi, la docente di Christianity and Ecology Valentina Ciciliot, eccetera. Tutti autori della specie Homo sapiens sapiens, la stessa specie dei Paolo Mieli (Rai 3, Raistoria, La7, ovunque presenti).

Il tutto per sottintendere che Bergoglio ha provocato, con certe sue incaute dichiarazioni, un bel casino e spetterà ai “prossimi Papi lasciare [il mito delle radici giudaico-cristiane dell’Europa] in soffitta o riportarlo in auge a seconda delle necessità del momento”.

Personalmente mi pongo domande molto più semplici, anche grezze se si vuole. Discendendo la specie dell’Homo sapiens dall’ordine dei primati, dalle famigliole degli ominidi, facendo parte del variegato genere Homo e condividendo parte del patrimonio genetico con i Neanderthal, i Denisoviani e probabilmente anche con altre specie dello stesso genere, più o meno quando la nostra preclara specie è diventata oggetto/soggetto degno di salvezza eterna?

Eh sì, qualche implicazione teologica salta agli occhi. Tipo, i figli dei neanderthaliani avuti da donne sapiens hanno goduto delle stesse prerogative soteriologiche delle loro madri, e nel caso anche i figli avuti con i denisoviani? La progenie frutto di questi amplessi, dopo quante generazioni si è decontaminata sufficientemente da diventare degna dell’attenzione di Yahweh e poi dell’amore misericordioso di Gesù Cristo? La Madre di Costui, pur vergine, era intonsa anche da percentuali di DNA allogene? Urgono a questo fine analisi molecolari sulle sante reliquie.

13 commenti:

  1. "quando la nostra preclara specie e' diventata oggetto/ soggetto degno di salvezza eterna" Buddha Sakiamuni ha detto che non c'e un inizio

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  2. Post come questo (alle 4.55 di mattina!) sono meglio di una buona colazione: mettono di buon umore per tutto il giorno. Mi hai fatto pensare a Vittorio Gassman: buon attore nel repertorio tragico ma assolutamente fuoriclasse in quello comico.

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  3. e pensare che senza "incroci" saremmo stati dei Bonobo:
    https://ilbolive.unipd.it/index.php/it/news/bonobo-stringono-alleanze-anche-fuori-loro-cerchia

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  4. L'evoluzionismo da solo può togliere credibilità a tutte le Scritture. Il fatto è che l'intero impianto poggia sul peccato originale. Tolto quello, tolto tutto.

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    1. non per nulla si son magnati i frutti dell'albero della conoscenza, in tal modo prendendo coscienza di quanto fosse schiavista il padrone. questo è quanto ci raccontano gli ebrei. ma ci credono anche gli islamici, con adamo nelle vesti di califfo. quanto al peccato, stesso albero. poca fantasia e tanto sincretismo.

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    2. nessuno che m'avverta che c'era scritto "un esemplare" con l'apostrofo.

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  5. Ho dovuto controllare il termine soteriologico su Google. Adesso so una cosa in più.
    Sono un ignorante in via di redenzione.
    Intanto frequento i blog giusti.
    Grazie

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  6. ad una attenta osservazione il soggetto e l'oggetto, non si trovano, c'e solo una imputazione mentale. Sakiamuni insegno' anche metafisica, 84mila sutra. Non basta una vita per leggere tutto quello che ha detto, mica la bibbia che si appoggia sul comodino prima di addormentarsi. Trascendere soggetto oggetto e' una dimensione spirituale illuminante , e' quello che dovrebbero fare tutti coloro che seguono un sentiero spirituale cristiani buddisti islamici. Sakiamuni lo racconta meglio nel 600 BC.ancora meglio Nagarjuna, che ha tradotto i testi del Buddha storico per renderli piu comprensibili.

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