Bisogna voler un gran bene davvero a questo paese per occuparsene ancora. Non dunque alla borghesia grassa e cinica, alla classe dirigente “più violenta d’Europa”, bensì al popolo minuto e laborioso. Malgrado tutto, ma proprio tutto, resiste ancora.
Non è questa una fase, al tramonto, inedita; nemmeno dal punto di vista dell’umorismo. Però surclassa le altre: nessun ex equo con il passato, primeggia solitaria sul podio della repubblica. La degradazione accelerata dell’ideologia della classe al potere ha aperto una crisi, soprattutto culturale, permanente, la cui esplosione alla luce del sole è trascritta nella cronaca oleosa e criminale di ogni giorno.
Il presidente del consiglio ieri al parlamento ha dimostrato realmente la sua cifra di statista, soprattutto quando ha citato la Salerno-Reggio Calabria. Nulla esprime meglio questa situazione dell’antica frase: In girum imus nocte et consumimur igni. Giriamo intorno nella notte e siamo divorati dal fuoco.
Sono ora, mentre scrivo, le sette del mattino. Oggi la borsa di Milano chiuderà negativa, con forti ribassi e il differenziale dei titoli di Stato supererà la soglia psicologica di 400 punti rispetto a quelli germanici. Il doppio rispetto solo a tre mesi fa. Si dirà: e chi se ne frega, bot non ne ho. Sì, d’accordo, ma gli interessi li paghiamo noi, con le tariffe e il taglio della spesa, con le tasse. Il popolo minuto, non le consorterie grasse.
Scrive oggi il buon sammaritano Eugenio Scalfari: «il bene dell'Italia sta tutto nei programmi del governo». No, il bene dell’Italia sta in chi lavora, spesso per quattro palanche, e paga, paga sempre le “manovre” e le strambate di ogni governo. Perché i governi sono in fondo tutti uguali, comitati diversi della medesima borghesia. Il male sta proprio in questi governi, in quelli di Amato, Prodi, D’Alema, Berlusconi-Bossi, quanto meno complici di mediocrità. Su questo punto, non ci sono smentite, si può solo dire che forse quello è stato meno sciagurato di quell’altro. Forse; gran consolazione per chi questa mattina è già in giro per il mondo a 700-900 euro al mese e sente parlare di “crescita” da gente milionaria che nello stesso momento sta scorreggiando tra le lenzuola di seta.
"E chi se ne frega bot non nè ho". Non vorrei essere pessimista, ma il default di uno Stato implica che qualunque debitore eviterà di pagare quanto deve, in primis le banche (per chi ha strumenti di investimento bancari). E non se la passerà bene neanche chi non ha nulla, perchè sarà il primo con il culo per terra. Per non parlare dei percettori di pensioni o stipendi pubblici. Cosa diversa per chi i soldi ce li ha all'estero, ma la debacle borsistica di oggi ha riguardato l'Europa intera e gli Usa, quindi bisogna vedere pure in cosa sono investiti. C'è poco da stare allegri.
RispondiEliminaè esatto. non mi spingevo fino al default, cioè al fallimento, parlavo di oggi e domani, cioè l'aumenro dell'onere sul debito.
RispondiEliminache a pagare sia sempre, per prima, la povera gente non è una novità
Quello che dite è vero ma non si può nemmeno sperare che le "ricette" liberiste e folli di questi governanti mondiali funzionino e i mercati si riprendano prolungando ancora questa agonia di iper produzione e rincorsa alla crescita. Lo scossone in qualche modo deve pure arrivare. Io francamente se la borsa continua a crollare, anche se non ho nulla e so di rischiare il culo trovandomi ancora peggio di come sto, sono contento. Questo sistema deve sprofondare, tutti devono capire quanto è pericoloso continuare a vivere in un sistema di produzione capitalistico, e per quel poco che ho imparato se non ci si sbatte forte il muso la lezione non si impara.
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