Nella questione catalana, e di altri nazionalismi
solo assopiti, quanto conta il fallimento dell’Europa? È questa, credo, la
domanda da cui partire nell’esame di questa disputa tra due nazionalismi. Dopo
oltre mezzo secolo di “costruzione” europea ci troviamo un’Europa della falsa
coscienza (vedi la questione migranti), del business e dello shopping, del
consumo e della rinuncia, dei troppo ricchi e dei molti senza speranza (anche
in Germania). L’Europa di Ventotène appartiene ai sogni del passato.
Un’Europa unita ancora non esiste e non sarà mai fino
a quando prevarranno gli interessi delle singole nazioni, degli agglomerati
capitalistici. Un esempio, per quanto banale, è dato dall’articolo del Welt a proposito dell’accordo italo
francese tra STX e Fincantieri. La preoccupazione tedesca per le sorti della
propria cantieristica navale, alla luce di tale accordo, è normale nella
competizione capitalistica e nella logica degli Stati nazionali (il 90% del commercio mondiale avviene via mare). Scandalizzarsi
di questo fatto, così come di altri, penso alle banche, è semplicemente
puerile. Se si leggono le Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, si possono
cogliere grossomodo le stesse preoccupazioni e il medesimo respiro della
contesa economica. Cinque secoli dopo.
Di quale “casa comune” stiamo parlando? Di quale
parlamento europeo? È l’unica istituzione dell’UE eletta direttamente dal
popolo, ma di poteri reali non ne ha manco l’ombra. Infatti, non esercita alcun
potere legislativo, il quale resta nelle mani dell’esecutivo, in concreto in
quelle della Commissione europea e del Consiglio europeo (composto dai capi di
Stato o di governo): la prima propone il testo di legge, il secondo lo approva
o respinge; il Parlamento ha il solo potere di emettere un parere non
vincolante (*). Chiaro che una regione ricca ed evoluta come la Catalogna
cerchi per sé posto nella Commissione e nel Consiglio europei.
E tuttavia se gli indipendentisti catalani o padani
pensano di ritagliarsi una qualunque effettiva indipendenza in questo coacervo
di poteri istituzionali e potentati occulti, per permettere alle proprie élite
locali gli stessi trucchi, si sbagliano di grosso. Al massimo possono puntare
su una più ampia autonomia amministrativa e fiscale, e ciò costituisce il
massimo sindacale nel quadro del capitalismo mondiale al quale siamo volenti o
nolenti tutti sottomessi. Di Stati e staterelli, dei quali essere sudditi
(lavorare, pagare, votare), ve ne sono anche troppi. Servirebbe dell’altro, ma
non è il caso d’insistere su temi desueti (**).
(*) Per velocizzare l’intricatissimo iter legislativo
(altro che il bicameralismo italiano!), si è adottata una procedura informale
non prevista in alcun trattato europeo: il sistema dei triloghi.
Istituzionalizzati con il loro inserimento nelle “modalità pratiche” della
co-decisione e successivamente nel regolamento del Parlamento, i triloghi sono
riunioni ad accesso ristretto tra Commissione, Consiglio e Parlamento, a cui
partecipano tre gruppi negoziali composti ciascuno da non più di dieci persone
di cui non è possibile conoscere pubblicamente la composizione: una trentina di
persone in tutto, quindi, che a porte chiuse – nessuna trascrizione né
relazione ufficiale esce da questi consessi – cercano la quadra di una proposta
di legge, spesso già in fase di prima lettura (89% dei casi nella settima
legislatura).
Tali riunioni avvengono a Bruxelles in un imponente
edificio dedicato a Justus Lipsius, filologo e umanista del XVI secolo. In
questo edificio sono ospitati sia i vertici del Consiglio dell’unione europea
che quelli del Consiglio europeo. Sarebbe interessante conoscere quanti
cittadini, nella democratica Europa, conoscono questi due organismi, i loro
poteri e le loro funzioni, nonché il ruolo dei triloghi.
(**) Almeno fino a quando lo schema di una rivoluzione resta indissociabile dalla presa di potere da parte di un’avanguardia (per quanto questi specialisti si dichiarino ben disposti in termini di questione sociale e di proletariato), e dunque sino a quando non saranno definitivamente seppellite tutte le ideologie preconcette di riferimento.
«La società è malata, depressa. Sta nascendo una nuova specie di uomini-bestie, individualisti, privi di ogni ideale sociale, pieni di disprezzo verso il prossimo. Ostili a tutto ciò che è umano, le élite dominanti perseguono il turpe disegno di una società neo-schiavistica. Da una parte una moltitudine di paria privi di diritti, chiusi in un mega-reclusorio gestito da algoritmi atti a sorvegliare ogni attimo della nostra vita ed a plasmare e distorcere bisogni e sogni. Al lato opposto una confraternita di milionari arroccata nei suoi fortilizi inespugnabili sorvegliati da robot armati fino ai denti».
RispondiEliminahttp://sollevazione.blogspot.it/2017/10/no-alla-sorveglianza-di-massa.html
Te lo segnalo perchè è sconsolante ma molto calzante alla fase attuale in cui i funzionari dell'europa non sono altro che efferati kapò . ciao g.
Ma quale "casa comune" , la UE è una creazione americana ( e quindi del suo super-capitalismo) per avere una centrale gestionale al disopra delle diverse "neo-colonie" ( il famoso "ce lo chiede Leuropa" )
RispondiEliminaws
è la dinamica imperialista che soffia sulla brace di tante nuove piccole patrie, in altri termini è il processo di aggregazione di un polo imperialista europeo che suscita scissioni atte a ridisegnarlo in maniera più omogenea, a mio modo di vedere non il suo fallimento. questo movimento "spontaneo" delle borghesie a interagire in maniera più efficiente può anche confliggere con la precedente strutturazione storico-politica, distillata da altri scenari interni ed internazionali, e il momento cruciale della crisi ne fa erompere tutta la necessità -se si vuole battere la concorrenza. come si sa la storia la scrivono i vincenti: una legittimazione che affonda nel passato la si trova, se non c'è la si inventa, però è il presente che chiama a queste opzioni.
RispondiEliminaIl manifesto di Ventotene (quello originale) presentava un progetto federale di natura squisitamente politica che aveva la presunzione di imporsi come accordo win-win al tritacarne che è lo sviluppo economico unitario al capitale. E, nonostante la presunzione di cui sopra, la necessità reale e non ideale di creare una terza, per i tempi, e originale aggregazione emerge abbastanza chiaramente -se non altro per contenere le stirpi gemaniche che sciamavano per l' europa -e l'america. Fu un disegno delineato dall antifascismo, che di per sè non ha per nulla -oggi lo sappiamo- contenuto anticapitalista. Tutto questo non è neanche estraneo alla attuale crisi della forma bipartitica (o bipolare) della democrazia rappresentativa e al deficit di democrazia di cui parli. L' assetto post bellico, finito nei fatti da un pezzo, sta finendo anche nella sua rappresentazione politica e geopolitica.
Il capo dei Mossos d'Esquadra, la polizia catalana, adesso è un eroe perché andrà a processo per non avere massacrato tutte, ma proprio tutte le vecchiette ai seggi referendari, come avrebbero voluto i fascisti al potere a Madrid. Io però ricordo che qualche anno fa, ad essere massacrati dai Mossos a Barcellona erano i lavoratori in sciopero contro l'austerità e i tagli di lavoro, salari e diritti.
RispondiEliminaQuindi il capo delle guardie nere del capitalismo catalano diventa un eroe per essersi (blandamente, passivamente) schierato a favore di un referendum indipendentista. Siamo ancora tanto, tanto lontani dall'alba.