lunedì 3 ottobre 2016

Qualcosa di nuovo, anzi d'antico



La contraddizione tra mercati finanziari e crollo dell'economia reale diventa sempre più esplosiva. Per decenni, le attività finanziarie sono state equivalenti, per dimensioni, al prodotto interno lordo globale. L'aumento della finanziarizzazione, a partire dal 1980, ha portato ad una situazione in cui tali attività rappresentano più del 360 per cento del PIL mondiale. Vale ricordare che la finanza non crea alcun nuovo valore, trasferisce e distrugge ricchezza. È una partita a rubamazzo.

Siamo in presenza di due dinamiche oggettive interconnesse: da un lato la stagnazione in atto nell'economia mondiale, caratterizzata da sovrapproduzione, bassi livelli di crescita e minori investimenti, e dall’altro lato lo sviluppo di una massiccia bolla finanziaria, dovuta – come direbbero gli economisti borghesi – all'insufficiente remunerazione del capitale investito, concetto dietro il quale si nasconde la caduta del saggio del profitto (*).

Mentre il nostro dibattito economico interno verte sui decimali (**) e quello politico vede lo scontro tra fondamentalismo elettorale e neobonapartismo (***), le contraddizioni insolubili dell'economia capitalistica mondiale stanno alimentando tensioni geopolitiche che per molti aspetti ricordano la storia tormentata della prima parte del 20° secolo. Tutto ciò è espressione di una crisi globale del sistema capitalista che porta inesorabilmente ad un conflitto generale (****).

(*) La caduta tendenziale del saggio del profitto è collegata con un aumento tendenziale del saggio del plusvalore, ossia del grado di sfruttamento del lavoro. Il saggio del profitto diminuisce non perché il lavoro diviene meno produttivo, ma perché la sua produttività aumenta. L’aumento del saggio del plusvalore e la diminuzione del saggio del profitto non sono che forme particolari che costituiscono l’espressione capitalistica della crescente produttività del lavoro.


(**) Economisti e altri simili funzionari del capitale, quando sono alle prese con gli zero virgola, mi ricordano una storiella giapponese, quella dei nove ciechi alle prese con un elefante. Ognuno di essi è alle prese con una data parte del pachiderma, e ognuno cerca d’indovinare con quale strano essere ha che fare. E però anche quando questi scribacchini affrontano il problema nella sua totalità, ossia il tema della crisi da un punto di vista globale e delle sue contraddizioni fondamentali, il risultato non cambia. Concentrati ad interpretare i fenomeni attraverso i quali si manifesta la crisi, le cause e gli sviluppi di questa restano per loro questioni inafferrabili.

(***) Anche se non lo cita, nell'ultimo editoriale di E.S. è evidente la lettura del libro di David van Reybrouck (Contro le elezioni). Lo segnalo ai lettori avidi e curiosi.

(****) Perfino la neutrale e pacifica Svezia ha deciso di reintrodurre il servizio militare di leva.


7 commenti:

  1. gent.ma, manca la nota 3 (***). grazie

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  2. E quindi? Si può fare qualcosa, o possiamo solo prenderne atto? Dobbiamo solo osservare l'evoluzione della cosa, passivamente?
    E' troppo avere una risposta mirata?

    Buona giornata

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    1. A questa domanda è già stata data risposta mille volte.

      La storia ha dinamiche sue proprie sulle quali il singolo o non può influire, oppure se anche si trova nella posizione politica ed economica per farlo, non può che agire all'interno di esse. Non si tratta di fatalismo o di credere nella predestinazione. Ciascuno di noi può fare qualcosa, nel breve raggio d'azione della propria vita quotidiana, qualcosa di nobile, razionale e non suicida (allo stato attuale una sollevazione non solo non avrebbe possibilità di successo, ma non è nemmeno concepibile).

      A puro titolo di esempio, è possibile smettere di andare a votare, cioè smettere di dare il proprio avallo al sistema vigente. Smettere di credere che dando il voto a quest'imbroglione piuttosto che a quell'altro le cose possano cambiare. Sembra poco, ma non è così poco.

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    2. Sig. Mauro, lei prende fischi per fiaschi.
      Ma chi ha mai parlato del "cosa può fare il singolo" scusi?

      E poi, sono 10anni che non vado più a votare, e non solo alle nazionali, ma anche regionali e comunali. E persino ai referendum abrogativi, che non abrogano un emerito cazzo (vedai l'acqua pubblica).

      E' dell'organizzazione di classe che non si parla, è questo il punto. Come ci dovremmo organizzare, e chi siamo "noi".
      Spero di essermi spiegato.

      La saluto

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  3. Solo per una definizione più corretta della citazione.
    La parabola dei sei saggi ciechi e dell'elefante si trova nel Canone buddista (UdanaVI,4,66-99) e dovrebbe essere inserita nei libri di testo delle elementari (casomai Das Kapital alle superiori, va bene anche Pinocchio per i meno dotati o semplicemente pigri).
    L'implicazione è che ciascuno tende a rappresentarsi l'elefante -realtà a seconda della percezione che ne ha attraverso il proprio limitato apparato conoscitivo ragion per cui quidquid recipitur ad modum recipientis recipitur. Sarebbe meglio evitare di cedere alla tentazione di teorizzare, accolto un brandello di verità ne facciamo con azzardo una teoria globale.
    A mio parere paragonare toutcourt gli economisti a dei saggi , anche se entrambi ciechi, sembra riduttivo: i primi unicamente di denaro trattano.

    ****
    Forse la precauzione svedese più che ad un conflitto futuro è rivolta verso possibili e futuribili problematiche migratorie.

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    Prendiamo atto che le banche oggi ci tolgono d'emblée 25 euro. Tutto il resto prima e in corso d'opera.
    Il segno dei tempi, il segnale di un paese ricco (!?) ma in crisi profonda, con una grandissima paura di perdere quelle comodità guadagnate, forse in alcuni casi a basso costo, per cui si evince con facilità quali valori possano emergere da 'gente' che pensa solo alla propria tasca.

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    1. la mia non è una citazione ma il riassunto di una storiella giapponese resa funzionale al tema trattato

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