mercoledì 14 novembre 2018

In lode alla pubblica informazione



Quale grado di autonomia può avere un quotidiano, ossia a chi risponde? Alla proprietà, non c’è dubbio, essendo quella editoriale un’attività economica come un’altra. Stesso discorso vale per i canali televisivi, che, quando sono pubblici, rispondono ai vincitori politici di turno. Che qualsiasi buon giornalista possa sottrarsi ai desiderata del padrone lasciamolo dire a Dietlinde Gruber, e sia lasciato credere a chi vuole essere preso per il culo.

Sennonché l’informazione incide in modo decisivo nella formazione della cosiddetta opinione pubblica, e dunque è chiaro il motivo politico sul perché un’attività economica con bilanci perennemente in rosso interessi tanto i capitani coraggiosi dell’imprenditoria e della finanza, ma anche, per fare un esempio di rilievo, la Chiesa cattolica e altri gruppi di potere e di pressione.

L’informazione è un ganglio vitale di questo sistema dominato da “un’oligarchia dinamica incentrata sulle grandi ricchezze ma capace di costruire il consenso e farsi legittimare elettoralmente tenendo sotto controllo i meccanismi elettorali” (Luciano Canfora, La democrazia, p. 331). Non avrei saputo dire meglio.


Insomma, che i media siano funzionali alla lotta politica, alla guerra per bande, non è una novità e non potrebbe essere diversamente. Vero è che ci dovrebbero essere dei limiti all’indecenza, alla calunnia, allo sputtanamento, al “mostro” in prima pagina, e la difesa e la rettifica dovrebbero avere lo stesso rilievo dell’accusa. Un argine che non c’è mai stato e che mai ci sarà. La comunicazione è merce, e il denaro non ha mai odore.

A dare lustro alla presunta indipendenza della stampa ci pensano anzitutto loro, le grandi firme, gli editorialisti e gli opinionisti noti al grande pubblico, che i giornali e le televisioni si contendono a colpi di cospicui contratti d’ingaggio, di gettoni di presenza, promozione dei loro libri. La realtà dello spettacolo include tutto, per cui ogni scorreggia d'autore diventa l’affare prestigioso del momento, valorizzazione intellettuale illusoria per la maggior parte del pubblico pagante.



Gli editorialisti hanno funzioni di diversione ma anche d’indirizzo: possono scrivere come e quello che vogliono, così s’ingenera l’impressione che nei giornali si possa scrivere come e quello che i giornalisti vogliono. Essi possono, entro limiti che conoscono bene, criticare alcuni aspetti del sistema borghese, presentando nobilmente le loro rimostranze al fine di migliorarlo attenuandone le più vistose disfunzioni e contraddizioni. 

Non devono occuparsi necessariamente del fatto quotidiano bruto. La loro indipendenza recintata dà al giornale l’odore dell’imparzialità, la loro stravaganza offre un tocco di brio e il loro coraggio nel sostenere opinioni impopolari dà l’impronta dell’anticonformismo. Se poi a causa di un editoriale si dovesse perdere un contratto pubblicitario, questa fatto diventa la prova aurea dell’indipendenza del giornale.

Il rovescio della libertà dell’editorialista è la non libertà della redazione. Gli editorialisti non hanno influenza diretta sul restante contenuto del giornale, sono ben pagati e i loro nomi stampati in grassetto. Gli editoriali sono articoli di lusso, gli editorialisti dei divi, capitani nella loro vasca da bagno. Il resto del giornale, la parte cospicua del lavoro, è svolta nelle redazioni. Spesso si tratta di un mero lavoro di copia incolla del “foraggio” che passano le agenzie, redazionali pubblicitari camuffati da articoli specialistici, veline lobbistiche, comunicati stampa governativi fatti di annunci volutamente contraddittori e di contraddittorie smentite, di prove tecniche di confusione per sondare le reazioni.

Ai lettori, al grosso pubblico, questo flusso di notizie, apparentemente plurale, può dare l’idea di poter accedere alle fonti e ai fatti. Però se andiamo a vedere i cambiamenti sociali intervenuti in pochi decenni possiamo prendere atto che quanto un tempo consideravamo quasi una mostruosità, oggi passa come lo stato “normale” delle cose. E in tutto ciò l’informazione ha avuto un ruolo non certo marginale nel presentare una certa versione dei fatti e nel citare fonti non proprio disinteressate.

Questo paese è entrato in una nuova fase della sua storia. Oggi la sinistra è fuori scena, liquidata da un lato dalle sue divisioni interne, dai personalismi esasperati, e viepiù dall’assenza di un proprio pensiero, di un progetto che non sia semplicemente il riflesso dell’esistente. Il resto del lavoro l’hanno fatto gli specialisti, non ultimi gli editorialisti, i polemisti, gli economisti e tutto il gruppo di giro che ben conosciamo, con un’operazione di sistematico quanto facile sputtanamento a mezzo stampa di ciò che non rientrava nella parola “mercato”.


10 commenti:

  1. in fondo anche l' involuzione intellettuale segue l' evoluzione per lo meno numerica delle classi

    come fino a 40 anni fa c'era una maggioranza di salariati da blandire, via via si è imposta una maggioranza di ceti medi che vivono sia di notule che di stipendi - integrati da rendite mobiliari e immobiliari- da cui trarre una visione del mondo assolutamente inconseguente: il loro mondo è al collasso, non riesce più a mantenerli, e si voltano dall' altra parte

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    1. quello che è successo nel tardo antico con il cristianesimo

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  2. Effettivamente! L'alternativa all'attuale sistema, quale sarebbe?

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    1. le alternative non s'inventano a tavolino

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    2. l'alternativa sta nel dire che c'è un'alternativa ma che non si inventa a tavolino. Che è un altro modo per dire che un'alternativa non c'è.

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    3. è vero, fino a quando diremo che non c'è resterà un soggetto nascosto

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  3. Ci sarà un motivo se nella classifica internazionale sulla libertà di stampa siamo circa al 70 posto? Consideri il giornale la Stampa un buon giornale? ( se non ricordo male, mi sembrava una tua lettura )
    un saluto
    Roberto B

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    1. il mio è un discorso sulle generali, non riguarda alcun giornale in particolare. ciao

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  4. che poi bisognerebbe anche valutare il fatto : ma al popolo gliene importa qualcosa della verità ?
    Ovvero , di fronte al tornaconto personale a breve termine come si rapporta con il mondo esterno?

    mi diŕete che son pessimista... ma se penso al tifoso sportivo medio.

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  5. Basta vedere come i giornali siano schierati a unanime e solidale difesa delle grandi oper inutili, soprattutto il TAV.
    Tutti a osannare la manifestazione, dopo aver ignorato o coperte di fango le molte e molto piu partecipate iniziative No TAV, tutti esaltare le "passionarie" Si TAV, una delle quali invitava i No TAV a ritirarsi sui monti e "lasciateci vivere!", come se fossero i segusini a voler devastare Torino e non il contrario.
    Quasi nessuno ha avuto da eccepire quando le eleganti signore hanno ammesso candidamente di ignorare i dettagli tecnico finanziari dell'opera, figuriamoci quelli ambientali, che vengono sistematicamente ignorati, come se un tunnel di 56 km fossero una cosa pulita e innocua.

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