martedì 13 agosto 2019

A proposito di Salvini, di Renzi e Di Maio, e poi di …



È questa una legislatura ancora troppo giovane perché abbia voglia di morire senza aver sperimentato tutte le possibili varianti sopra e sotto il banco. Sappiamo fin troppo bene dove si può spingere la fantasia di una classe politica alle prese con i più meschini interessi personali e di entourage. In tali condizioni, non esiste alcuno spazio reale, sia pure interstiziale, per un qualsiasi reale cambiamento della situazione data. Ciò che si prospetta è sempre e solo la continuazione del rutilante mercato dello spettacolo politico.

Sul concetto di crisi di sistema, l’accordo sembra essere quasi generale, e tuttavia ci si trova più che mai divisi sull’analisi delle cause di questa crisi e sulle sue implicazioni. Anche perché in genere tali analisi trascurano, salvo discuterne gli aspetti per così dire événementiels, quanto è avvenuto negli ultimi decenni dentro i rapporti di produzione e di classe, dentro ogni istituzione ed ogni piega della formazione sociale, nella metamorfosi della forma-Stato in cui si compendia il dominio assoluto del capitale.

Stato che non è più in grado come prima di farsi carico di quei servizi atti a garantire la riproduzione generale delle classi se non nel vortice di un debito pubblico mostruoso e funzionale alla speculazione e alla rendita parassitaria. Se dunque non vogliamo pensare, perché si tratta di una critica ormai giudicata passatista, alle dinamiche di valorizzazione del capitale, che tutto sussumono, poniamo caso a un fatto arcinoto, ossia alle imposte che ineluttabilmente paghiamo mentre le grandi società di capitale versano oboli irrisori in rapporto ai profitti. Il privilegio fiscale è stato uno dei fondamenti del feudalesimo. Non mi pare che sotto tale profilo le cose siano molto cambiate.

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