sabato 13 aprile 2019

La casa della Cina



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La mano invisibile dei seguaci di Smith ha trovato da molto tempo la risposta soddisfacente: il debito pubblico, l’illusione di una miniera d'oro di carta stampata. Tra l’altro, il debito pubblico si rivela un deterrente potente del preteso meccanismo democratico dei controlli e dei bilanciamenti, poiché risiede al di fuori del controllo popolare.

La teoria economica insegna che il denaro è un equivalente universale di tutti le merci: è esso stesso una merce per eccellenza. Sennonché il valore intrinseco di tale merce non è più dato della componente in metalli preziosi, ma è una cambiale, intangibile convenzione, carta colorata scambiata senza problemi per beni reali.

Questo denaro fittizio non è altro che un costrutto di civiltà, di contratti sociali che tengono insieme la società tanto quanto la sua economia la mantiene viva e la evolve, alimentando la nostra cieca fiducia in un futuro la cui presunta certezza di solvibilità autorizza il corso di meri segni di valore convenzionali.

Il caso classico è costituito dagli Stati Uniti, con il suo capitale finanziario (ovvero l’illusione di esso), i quali si sono evoluti in un impero debitore attraverso le garanzie di Wall Street, laddove il dollaro è diventato – dopo la seconda guerra mondiale – il riferimento obbligato di tutte le altre valute del mondo, l'equivalente universale di tutti gli equivalenti. Una promessa/scommessa forte e ampiamente accettata, se non altro perché il 54% di qualsiasi cosa prodotta nel mondo portava il marchio made in USA, e dal punto di vista geostrategico gli Stati Uniti hanno goduto ininterrottamente per quasi un decennio del monopolio nucleare, nonché di un vantaggio geografico come nessun altro impero prima dall’ora.


Anche dopo, quando non vi è più stata la copertura aurea ad esso collegata ai tempi dello shock del 1971, il sistema incentrato sul dollaro è sostanzialmente rimasto intonso, salvo la necessaria svalutazione del biglietto verde e una diversa fluttuazione dei cambi internazionali.

Gli USA hanno garantito la continuità del libero scambio, le linee oceaniche aperte (controllate dalla Marina USA), il flusso senza ostacoli del petrolio e delle altre materie prime, l’intervento nelle situazioni di crisi, ecc.. Questa la vera forza del dollaro USA, che in cambio finanzia le massicce spese del Pentagono e sostiene la supremazia americana.

Pertanto, i veri pilastri della sua supremazia sono stati, per tutto il periodo postbellico e fino ad oggi, il Tesoro degli Stati Uniti/Wall Street e il Pentagono, cui s’è aggiunto per ultimo quel formidabile pilastro tecnologico che ha la sua sede più importante nella Silicone Valley, senza dimenticare, fin dalle origini, l’apporto di Hollywood, una leva ideologica di straordinaria potenza.

La capacità degli Stati Uniti di mantenere l’ordine mondiale (il proprio ordine) ha iniziato a erodersi ancor più rapidamente della capacità dei suoi avversari di sfidarla. L'incapacità di gestire i crescenti costi sostenuti per l'ordine imperiale ha solo aumentato la rivolta popolare interna e la pressione politica per abbandonare del tutto la sua "missione". Il risultato è stato l’elezione di Trump!

Sennonché la “dottrina” Trump non fa che prendere atto dello scontro con una superpotenza demografica ed economica qual è ora la Cina, e dunque che i cambiamenti di potere provocano abitualmente dei controbilanciamenti. Tuttavia gli USA sono incapaci di sfuggire alle loro logiche suprematiste interiori e al fascino profondamente radicato della nostalgia conflittuale, ossessionati dall'armamento sia in patria e sia all'estero.

E ciò ovviamente non sarà senza conseguenze.

Anche per quanto riguarda la Cina e le sue ambizioni imperiali, così come non bisogna sottostimarle, allo stesso modo esse non vanno però esagerate. La sua élite parla un fluente inglese, padroneggia le tecnologie, procederà ancora in importanti acquisizioni azionarie, tuttavia 1,4 miliardi di cinesi, per tradizione, per cultura e soprattutto per condizione, resteranno cinesi: cioè centinaia di milioni di contadini poveri e decine di milioni di proletari urbani supersfruttati. Tutto parte da dentro, da casa: senza il supporto di un’adeguata e robusta base di partenza, non c'è cambio di gioco. Nonostante tutte le vie della seta, la casa della Cina è l'Asia.

3 commenti:

  1. Immagino che sia un refuso. Decine di migliaia?! Forse decine di milioni... ma anche di più! Comunque non sottovalutare la Cina. Il tempo lavora per lei!

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  2. ...e nel mezzo noi e i nostri cuginetti d'oltralpe e al di là del mediterraneo che ancora non sanno se vogliono diventare grandi o restare bambini...

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