-->
La
mano invisibile dei seguaci di Smith ha trovato da molto tempo la risposta
soddisfacente: il debito pubblico, l’illusione di una miniera d'oro di carta
stampata. Tra l’altro, il debito pubblico si rivela un deterrente potente del
preteso meccanismo democratico dei controlli e dei bilanciamenti, poiché
risiede al di fuori del controllo popolare.
La
teoria economica insegna che il denaro è un equivalente universale di tutti le
merci: è esso stesso una merce per eccellenza. Sennonché il valore intrinseco di
tale merce non è più dato della componente in metalli preziosi, ma è una
cambiale, intangibile convenzione, carta colorata scambiata senza problemi per
beni reali.
Questo
denaro fittizio non è altro che un costrutto di civiltà, di contratti sociali
che tengono insieme la società tanto quanto la sua economia la mantiene viva e
la evolve, alimentando la nostra cieca fiducia in un futuro la cui presunta
certezza di solvibilità autorizza il corso di meri segni di valore
convenzionali.
Il
caso classico è costituito dagli Stati Uniti, con il suo capitale finanziario
(ovvero l’illusione di esso), i quali si sono evoluti in un impero debitore
attraverso le garanzie di Wall Street, laddove il dollaro è diventato – dopo la
seconda guerra mondiale – il riferimento obbligato di tutte le altre valute del
mondo, l'equivalente universale di tutti gli equivalenti. Una
promessa/scommessa forte e ampiamente accettata, se non altro perché il 54% di
qualsiasi cosa prodotta nel mondo portava il marchio made in USA, e dal punto di vista geostrategico gli Stati Uniti
hanno goduto ininterrottamente per quasi un decennio del monopolio nucleare,
nonché di un vantaggio geografico come nessun altro impero prima dall’ora.
Anche
dopo, quando non vi è più stata la copertura aurea ad esso collegata ai tempi
dello shock del 1971, il sistema incentrato sul dollaro è sostanzialmente
rimasto intonso, salvo la necessaria svalutazione del biglietto verde e una diversa
fluttuazione dei cambi internazionali.
Gli
USA hanno garantito la continuità del libero scambio, le linee oceaniche aperte
(controllate dalla Marina USA), il flusso senza ostacoli del petrolio e delle
altre materie prime, l’intervento nelle situazioni di crisi, ecc.. Questa la
vera forza del dollaro USA, che in cambio finanzia le massicce spese del
Pentagono e sostiene la supremazia americana.
Pertanto,
i veri pilastri della sua supremazia sono stati, per tutto il periodo
postbellico e fino ad oggi, il Tesoro degli Stati Uniti/Wall Street e il
Pentagono, cui s’è aggiunto per ultimo quel formidabile pilastro tecnologico
che ha la sua sede più importante nella Silicone Valley, senza dimenticare, fin
dalle origini, l’apporto di Hollywood, una leva ideologica di straordinaria
potenza.
La
capacità degli Stati Uniti di mantenere l’ordine mondiale (il proprio ordine)
ha iniziato a erodersi ancor più rapidamente della capacità dei suoi avversari
di sfidarla. L'incapacità di gestire i crescenti costi sostenuti per l'ordine
imperiale ha solo aumentato la rivolta popolare interna e la pressione politica
per abbandonare del tutto la sua "missione". Il risultato è stato
l’elezione di Trump!
Sennonché
la “dottrina” Trump non fa che prendere atto dello scontro con una superpotenza
demografica ed economica qual è ora la Cina, e dunque che i cambiamenti di
potere provocano abitualmente dei controbilanciamenti. Tuttavia gli USA sono
incapaci di sfuggire alle loro logiche suprematiste interiori e al fascino
profondamente radicato della nostalgia conflittuale, ossessionati dall'armamento
sia in patria e sia all'estero.
E
ciò ovviamente non sarà senza conseguenze.
Anche
per quanto riguarda la Cina e le sue ambizioni imperiali, così come non bisogna
sottostimarle, allo stesso modo esse non vanno però esagerate. La sua élite
parla un fluente inglese, padroneggia le tecnologie, procederà ancora in
importanti acquisizioni azionarie, tuttavia 1,4 miliardi di cinesi, per
tradizione, per cultura e soprattutto per condizione, resteranno cinesi: cioè
centinaia di milioni di contadini poveri e decine di milioni di proletari urbani
supersfruttati. Tutto parte da dentro, da casa: senza il supporto di un’adeguata
e robusta base di partenza, non c'è cambio di gioco. Nonostante tutte le vie
della seta, la casa della Cina è l'Asia.
Immagino che sia un refuso. Decine di migliaia?! Forse decine di milioni... ma anche di più! Comunque non sottovalutare la Cina. Il tempo lavora per lei!
RispondiEliminamilioni, ovviamente, molte grazie
Elimina...e nel mezzo noi e i nostri cuginetti d'oltralpe e al di là del mediterraneo che ancora non sanno se vogliono diventare grandi o restare bambini...
RispondiElimina