lunedì 13 ottobre 2025

Il premio Nobel per la Pace a una fascista, golpista e sionista

Il premio Nobel per la Pace è servito spesso come ricompensa e strumento per legittimare la guerra e consacrarne i fautori. Ciò può apparire paradossale, ma in un mondo dominato dalla rapacità e voracità dell’imperialismo non dovrebbe stupire.

Fu assegnato a Henry Kissinger, indiscusso protagonista della scena bellica e golpista degli anni in cui fu segretario di Stato; al premier israeliano Menachem Begin, ex terrorista dell’Irgun e certamente co-responsabile dei massacri di Sabra e Shatila in Libano; ad Aung San Suu Kyi, il cui governo è stato responsabile di violenze genocide contro la minoranza Rohingya del Myanmar.

Barack Hussein Obama II, nella sua autobiografia, ammise di essere rimasto sorpreso dal conferimento del Nobel. Infatti, nello stesso periodo, le truppe americane erano impegnate nelle guerre in Afghanistan e Iraq, ma anche nel mantenimento del campo di Guantanamo, dove molti prigionieri venivano torturati e incarcerati senza processo.

Insomma, l’assegnazione del premio Nobel è spesso controversa, specie quello per la Pace. Per quanto riguarda l’assegnazione a Obama, l’obiettivo del Comitato Nobel nell’assegnare il premio al presidente americano era quello di «accrescere la sua popolarità», come ha spiegato Geir Lundestad, ex segretario del comitato. Dunque una motivazione del tutto politica.

Che l’assegnazione del Nobel della Pace sia spesso dettata da ragioni politiche è nella storia di tale riconoscimento. Un paio di esempi dovrebbero bastare: Lev Tolstoj e soprattutto Gandhi. Simboli universali della nonviolenza, specie Gandhi, che fu candidato nel 1937, 1938, 1939, 1947. Nel 1948, fu nuovamente tra i candidati per questo premio, ma il 30 gennaio, due giorni prima della chiusura delle candidature, fu assassinato. Il Comitato per il Nobel decise di non assegnare il premio poiché nessun candidato vivente era idoneo.

Quest’anno, assegnare il premo al maggior complice di Netanyahu è sembrato un po’ troppo. Tuttavia se non potevano assegnare il premio al suonatore di organetto statunitense, hanno comunque scelto una delle sue abili scimmie, nella persona di Corina Machado. Il Comitato norvegese per il Nobel ha descritto Machado come «una coraggiosa e impegnata paladina della pace [...] una donna che mantiene accesa la fiamma della democrazia in mezzo a un’oscurità crescente».

Non deve sorprendere il Nobel a Machado, poiché l’anno scorso gli fu assegnato il Premio Sacharov per la Libertà di pensiero (Sacharov si rivolterà nella tomba). C’è una indubbia convergenza d’interessi nel promuovere questa patriota della libertà e riportare all’obbedienza il Venezuela nel cortile di casa di Washington.

Ora, se è impossibile segnalare Maduro come chiaro esempio di democratico (in una ipotetica foto degli attuali leader mondiali ci sarebbe un indubbio imbarazzo nella scelta dell’esemplare migliore), va anche segnalato che nell’aprile del 2002, Machado si precipitò al palazzo presidenziale di Caracas per unirsi al tentativo, congiunto tra militari e multinazionali, di rovesciare il presidente venezuelano eletto Hugo Chávez, firmando il famigerato Decreto Carmona a sostegno del colpo di Stato.

Questa eroina della lotta per una “transizione pacifica verso la democrazia”, candidata alla presidenza alle primarie dell’opposizione del 2012, dove raggranellò il 3,7% dei voti, lanciò la sua ONG Súmate per organizzare la destabilizzazione del Venezuela, sostenuta dagli Stati Uniti e finanziati dal National Endowment for Democracy (NED), un’agenzia creata per portare avanti operazioni precedentemente in carico alla CIA.

Come ha riconosciuto il New York Times la scorsa settimana, “Il gruppo che sostiene l’uso della forza è guidato da Maria Corina Machado”, aggiungendo che “Uno dei consiglieri della signora Machado, Pedro Urruchurtu, ha affermato che la donna si stava coordinando con l’amministrazione Trump e aveva un piano per le prime 100 ore dopo la caduta di Maduro. Quel piano prevede la partecipazione di alleati internazionali, “in particolare degli Stati Uniti”. Si può essere certi che quelle 100 ore sarebbero state altrettanto sanguinose di quelle seguite ai colpi di stato in Cile nel 1973 e in Argentina nel 1976.

Alleata di quel pagliaccio di Edmundo González Urrutia, che sulla base di un sondaggio telefonico guidato dagli USA, si era auto proclamato presidente del Venezuela pur avendo perso le elezioni, il fulcro dell’attività politica di Machado è stata la promozione di sanzioni e misure coercitive che hanno aggravato la crisi economica del Venezuela.

Machado ha dichiarato: «Maduro ha trasformato il Venezuela nella più grande minaccia alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti e alla stabilità della regione». Basterebbe questa dichiarazione per escluderla dall’assegnazione del Nobel, se tale assegnazione non fosse del tutto politica e condizionata dagli interessi statunitensi ed europei.

Insieme a personaggi come Meloni e Milei, Machado è firmataria della carta del Forum di Madrid lanciata dal partito fascista spagnolo VOX.

sabato 11 ottobre 2025

Una fede debole

 

Ieri sera, ormai casualmente, posto che cerco di evitare di vedere personaggi dell’onestà intellettuale di I. Bocchino, ho assistito alla trasmissione condotta dalla signora Gruber. Presente in studio Francesco Rutelli. Stavo per cambiare canale quando è stato inquadrato il più potabile (per me, ovviamente) Massimo Cacciari. Verso la fine della puntata, il Rutelli se n’è venuto fuori con la parolaccia “popolo”. A che Cacciari è sbottato: “Ma quale popolo, il popolo non esiste, è un’astrazione, come l’uomo; esistono invece gli uomini ...”. E qui s’è interrotto, è rimasto a mezz’aria, forse a causa di un versamento di bile che ne ha impedito la consecutio. Immagino volesse altrimenti continuare così: «esistono gli uomini, in carne ed ossa, con i loro precisi interessi; quanto al popolo, non esiste sociologicamente e politicamente, ma esistono le classi sociali. Dunque dobbiamo parlare di rapporti tra le diverse classi sociali, con interessi non solo diversi, ma diametralmente opposti». Ecco, questo avrebbe dovuto aggiungere.

Gli esponenti del centro-sinistra, già incerti nella loro fede liberale e deboli in quella cattolica, mancano di un proprio carattere ideologico nella comunicazione mediatica, semmai ne fossero capaci. Per quanto riguarda segnatamente il prof. Cacciari, che invece di salda fede sarebbe capace, anch’egli dimostra qualche titubanza di troppo. Ma del resto comprendo che: 1) non vuole passare per marxiano, cosa che infatti egli non è; 2) gli viene congeniale l’iconografia che si è data come personaggio dello spettacolo televisivo.

venerdì 10 ottobre 2025

Un prima e un dopo

 

C’è comprensibile euforia tra i palestinesi di Gaza, almeno tra quelli che ci vengono mostrati. Ma immagino vi sia anche ansia poiché di questi “accordi” non sappiamo nulla di preciso, salvo qualche dettaglio. Il resto deve ancora venire, se verrà. L’importante che la strage s’interrompa, che arrivino gli aiuti, che vi sia reale accesso all’acqua e alle cure.

C’è troppa euforia in Europa e negli USA, specie dalle parti di Washington. Il che mi fa pensare che qualcuno c’è o ci fa. Hamas non può sparire da un giorno all’altro, né possono sparire i palestinesi da Gaza (e dalla Cisgiordania). Chi poteva se n’è già andato e per chi resta il destino è segnato. Vivrà di sussidi, di elemosine, di servitù e umiliazioni. Non meno che di apartheid, di rancore e rabbia, di desiderio di vendetta. La borghesia araba ha rilevati responsabilità in ciò che è accaduto negli ultimi decenni.

Non diversamente dalla borghesia israeliana ed ebraica in genere, responsabile a vario titolo della bulimia del progetto sionista. Un progetto che ha avuto e continua ad avere l’appoggio un po’di tutti, senza rendersi conto del pericolo che esso rappresenta. I volenterosi carnefici di Netanyahu, con o senza divisa, hanno avuto dei complici. Il “lavoro sporco” fatto a Gaza non potrà essere dimenticato, non potrà essere cancellato dalla propaganda sionista, dal cinico tentativo di cancellare Gaza con la martellante riproposizione mediatica della persecuzione antiebraica nazi-fascista.

L’intero contesto storico e politico è stato negato. Hamas è un’organizzazione islamista e nazionalista a lungo favorita da Israele come contrappeso all’OLP, trasformata in uno strumento compiacente, che ha portato all’ascesa degli islamisti più radicali in Palestina. L’attacco di Hamas è stato descritto come un atto di terrorismo improvviso (non è stato un attacco a “sorpresa”) che ha colpito un Israele pacifico, anziché come una reazione ai 75 anni di brutale oppressione dei palestinesi e alla trasformazione di Gaza in una prigione a cielo aperto. C’è un prima e un dopo.

giovedì 9 ottobre 2025

Se lo merita

 

Quest’anno il Nobel per la Letteratura ha un nome impronunciabile; quello per la Pace potrebbe avere ugualmente un nome impronunciabile, ma per altri motivi.

Personalmente avrei conferito il Nobel per la Letteratura all’innominabile che si agita alla Casa Bianca, per la sua opera The Art of the Deal, che raggiunse lo status di bestseller negli Stati Uniti e fu adottato alla Bocconi alla fine degli anni ’80, quindi per i suoi post sulla piattaforma Truth Social e per aver saputo scegliere le parole migliori. Non a caso ha arricchito la lingua americana con neologismi originali come “covfefe” (vedi alla relativa voce) o “Gulf of America”, che sono diventati parte del linguaggio quotidiano. Nonché per la struggente descrizione delle isole di Langerhans, che saranno presto annesse agli Stati Uniti.

Propongo la seguente motivazione: “Ha plasmato la letteratura mondiale per anni, le sue brevi opere in prosa sui social media irritano, spaventano, divertono e rattristano. Come uno specchio grottesco e deformante, rivelano le profondità dell’esistenza umana e, in ultima analisi, rivelano la realtà del potere altrimenti mascherato. Questo risultato è ancora più impressionante se si considera che i suoi colpi di genio letterario di solito nascono spontaneamente nel giro di pochi minuti, mentre mangia cheeseburger o in bagno”.

Non mi resta che segnalarlo per il Nobel 2026 per la Fisica, per il 2027 per quello della Chimica e per il 2028 quello per la Numismatica.

Due errori nello stesso titolo, complimenti.

La sinistra politica ha le idee chiarissime

 

Si dice che la sinistra non ha un programma, un progetto di trasformazione sociale e una speranza di profondo rinnovamento, non ha questo e manca di quell’altro. Non è vero, la sinistra ha le idee chiarissime e un carattere di classe ben definito: vuole gestire bene il capitalismo! Con la sinistra la borghesia ha regnato sovrana da quel dì.

Quando la sinistra è stata, per anni e anni, al governo, i suoi leader avevano l’ambizione di voler dimostrare il loro valore come ministri, una loro presunta neutralità tecnica e cercare il sostegno delle classi dirigenti più spesso di quanto non fossero interessati a onorare i loro impegni verso chi li aveva eletti.

Il disfacimento ideologico della sinistra trova una semplice spiegazione nella posizione di classe sia dei suoi leader che del suo parterre. Chi sono gli autori del famigerato Jobs Act e di tante altre nefandezze che sarebbe pleonastico elencare? Perfino Carlo Donat Cattin era più a sinistra di questa accozzaglia che non si sa bene a chi e a che cosa stia a sinistra.

Più schizofrenica che mai nella sua frammentazione (è un dato storico), la sua autentica posizione è liberista e le sue dichiarate tendenze sono quelle di avvicinarsi al centro-destra (ma ne è respinta). Quali sono le sue rivendicazioni sociali ed economiche, qualcuno le conosce? Il minimo salariale? Rivendicare santa Caterina?

La sinistra usa la retorica per mobilitare le masse, ma solo per deluderle e metterle a tacere quando va al governo. Allorché giura di sostenere lo Stato borghese con l’obiettivo di rimanere al potere il più a lungo possibile. Per consolidare la propria posizione di potere, cerca il riconoscimento e il sostegno della classe media superiore e del mondo degli affari.

Ma le plebi non sono sciocche all’infinito, non votano più o votano per una destra che, se anche priva di un capitale culturale adeguato, è però capace di una sintesi ideologica, per quanto rozza, demagogica e populista. Una destra che accetta la logica economica dei mercati, ma che parla di sicurezza e promuove un discorso sull’immigrazione e di nazione che unisce chi ancora ci crede o gli conviene.