Secondo il cancelliere tedesco in pectore, Friedrich Merz, è necessario perseguire “l’indipendenza” dagli Stati Uniti perché il governo americano è “in gran parte indifferente al destino dell'Europa”.
Mi pare di aver spiegato domenica scorsa uno dei motivi essenziali di questa disaffezione di Washington per l’Europa: “Trump sta cercando un ridispiegamento di risorse militari dal teatro europeo per utilizzarle altrove, in ultima analisi, per concentrarsi sul bersaglio centrale dell’aggressione militare statunitense: la Cina. Stesso discorso vale anche per il suo approccio ruffiano alla Russia”. Forse nel tempo se ne accorgeranno anche i distratti commentatori dei media.
Veniamo alla “dipendenza” dagli Stati Uniti per quanto riguarda il gas. L’anno scorso l’UE ha importato il 17 per cento del suo gas dagli Stati Uniti. Più della metà del GNL americano viene consegnato in Europa. Le importazioni di gas norvegesi, ad esempio, sono più del doppio di quelle degli Stati Uniti. Sulla base di questi dati sembra che Friedrich Merz possa aver buon gioco, tuttavia bisogna considerare che gli USA sono il partner commerciale più importante per la Germania e l’UE.
Trump vuole esportare più petrolio e gas per ridurre il deficit commerciale con gli USA. I suoi dazi sulle merci europee incombono. Per parlare solo di gas e rendersi completamente indipendenti dagli Usa è necessario acquistare il gas da altri produttori e puntare sulla cosiddetta “energia verde” (sulla fusione nucleare mi pare ci siano troppe premature speranze). Questa in sintesi la situazione attuale e non sono buone notizie quelle di puntare sugli inverni caldi e l’indebolimento dell’economia nella maggior parte dei paesi europei.
In prospettiva, l’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE) prevede un eccesso di offerta globale entro la fine del decennio. Si prevede che entro il 2030, sulle navi di tutto il mondo verrà trasportato il 50% in più di GNL, grazie all’espansione della produzione negli Stati Uniti e in Qatar.
Gli Stati Uniti rimarranno il maggiore esportatore di GNL al mondo nel prossimo futuro, inoltre, per quanto riguarda invece il petrolio, è sempre bene tener presente che molte compagnie petrolifere hanno sede negli Stati Uniti. Allo stesso tempo, il mercato è così teso che qualsiasi interruzione o allarme potrebbe far salire i prezzi. I giochi di potere sul gas statunitense potrebbero quindi rivelarsi molto costosi per l’Europa.
Tra l’altro, nel settore energetico globale sono le aziende private e non i politici a determinare gli scambi commerciali. Le multinazionali e i commercianti di materie prime decidono quali quantità di petrolio e gas importare e dove consegnarle. I prezzi e i contratti di fornitura a lungo termine dettano il ritmo.
Altro brutto segnale: l’oro, questo vile metallo che molti sapienti ritengono inutile quale equivalente universale, dall’inizio del 2024 è aumentato del 44 per cento, con un aumento dell’11 quest’anno. Il prezzo dell’oro è ora appena sotto i 2.900 dollari l’oncia (90 euro il grammo), un massimo storico, con previsioni che potrebbero presto arrivare a oltre 3.000 dollari.
Sebbene l’impatto sul sistema finanziario non sia così evidente, è chiaro che sotto la superficie si stanno accumulando tensioni e contraddizioni.
La corsa all’oro ha portato a scene mai immaginate prima. I commercianti hanno spostato fisicamente l’oro da Londra, il principale hub commerciale di questo metallo, a New York. Tale è stato il movimento che il governatore della Banca d’Inghilterra ha dovuto offrire rassicurazioni all’inizio di questo mese dicendo che c’è “ancora molto oro”. La corsa all’oro ha causato una coda lunga settimane per far uscire l’oro dai caveaux di Londra, sconvolgendo l’impegno della London Bullion Market Association di effettuare le consegne entro due o tre giorni.
I sapienti dell’economia politica sostengono che “l’oro non svolge più il ruolo che svolgeva in passato”. Apparentemente. Non affrontano la questione del perché, nell’attuale sistema di valute fiat, ci sia stata una svolta verso l’oro nel periodo recente e perché sia stata guidata da diverse banche centrali. Le valute fiat hanno prevalso dopo che il presidente Nixon ha tagliato il legame tra il dollaro USA e l’oro il 15 agosto 1971. Ne ho scritto in questo blog diverse volte.
In un rapporto sulla domanda di oro pubblicato il 10 febbraio, il World Gold Council, il principale organismo del settore, ha affermato che nel 2024 la domanda di oro ha raggiunto un nuovo record di 382 miliardi di dollari, di cui 111 miliardi solo nell’ultimo trimestre dell'anno.
Secondo il rapporto, la domanda delle banche centrali e quella dei mercati emergenti sono state il principale motore dell’aumento, con acquisti che hanno superato le 1.000 tonnellate di oro per il terzo anno consecutivo. “L’incertezza geopolitica ed economica rimane elevata nel 2025 e sembra più probabile che mai che le banche centrali torneranno a rivolgersi all'oro come asset strategico stabile”, afferma il rapporto.
Per quelli che la buttano sempre in caciara, vale la pena sottolineare che la crescente domanda di oro non è iniziata con la vittoria elettorale di Trump e le sue (presunte) mattane.
Uno dei fattori chiave è stato il congelamento da parte dell’amministrazione Biden di 300 miliardi di dollari di asset della banca centrale russa all’inizio ufficiale della guerra in Ucraina. I governi e le loro banche centrali si sono trovati improvvisamente di fronte alla realtà: la supremazia del dollaro avrebbe comportato che anche loro avrebbero potuto essere soggetti a sanzioni simili se avessero incrociato il cammino degli Stati Uniti.
Il mantenimento della supremazia del dollaro è una questione esistenziale per l’imperialismo statunitense. È il ruolo della sua moneta come valuta fiat globale che gli consente di accumulare enormi deficit di bilancio in un modo impossibile per nessun altro Paese.
Friedrich Merz dice che è necessario perseguire “l’indipendenza” dagli Stati Uniti? Cazzate buone per i suoi elettori impauriti.