martedì 9 dicembre 2025

Il discrimine


 I nostri valori, chi li difenderà?

La rapida ascesa di un’economia può creare problemi al capitale di altre economie, perché il suo successo limita la capacità di vendita di altri. Semplice aritmetica. In fondo è questa la ragione della diffusa paura della Cina: aumentate i vostri consumi interni e smettete di inondare i mercati occidentali con i vostri prodotti a prezzi più vantaggiosi. Anche con i dazi, effettivi o solo minacciati, la fine dei vantaggi competitivi della Cina non è all’orizzonte. Sarà principalmente questo basilare motivo economico il discrimine nel prossimo futuro tra la pace e la guerra su scala mondiale. Al bisogno pioveranno motivazioni politiche, etiche e altro, per cui il capitalismo e i relativi rapporti tra Stati non c’entreranno per nulla.

lunedì 8 dicembre 2025

Come bambini

 

Il meteo prometteva neve, poca. E così il bianco è tornato a coprire i vivi nelle loro zone di comfort in cemento/vetro e i morti nei cimiteri. Per il resto, siamo pressappoco al dicembre 1941. Già in guerra con la Russia e ora anche con gli Stati Uniti. Di follia in follia, tra un vin brûlé e l’altro. Come fosse una ragione d’essere, un gioco di bambini.


sabato 6 dicembre 2025

L'attesa

 


Le nostre ferite quotidiane assumono spesso la forma dell’esaurimento. Esaurimento su tutto, corsa senza fine su una specie di tapis roulant. Come possiamo rimanere connessi alla realtà, alle sue immagini, alle sue reti, senza crollare? Lo so, lo sappiamo, la prima domanda che ci dovremmo porre è: ma chi ci obbliga a correre? Poi, chi trae beneficio dal farci correre dietro a noi stessi in questo modo, anche se ci sfinisce? Eh, già rispondere a questo significa rimettersi sul tapis roulant. E invece scelgo di fermarmi, di tirare il fiato mettendomi in una attesa tranquilla e senza ansia, a -6° nella stazioncina di Niendorfer. 

giovedì 4 dicembre 2025

La chimica della geopolitica

 

Forse sapete già tutto sul terbio, tuttavia lo racconto lo stesso. È il cugino, da parte di padre svedese, di erbio, itterbio e ittrio. È un drogante, migliora le proprietà di vari materiali. Per procurarselo bisogna rivolgersi ai cinesi e ci vogliono mesi, mentre i perfidi statunitensi se lo procurano dalla stessa fonte in poche settimane. Da quanto precede, avrete capito che: 1) il terbio appartiene al gruppo delle terre rare (lantanidi); 2) che la chimica riguarda la competizione geopolitica e commerciale, dunque non è come la fisica teorica, diventata un ramo della teologia.

Il processo di estrazione di terre rare non è solo economicamente costoso, ma ha anche gravi conseguenze ambientali. Ciò solleva la questione della sostenibilità delle energie rinnovabili, che si basano su tecnologie che consumano grandi quantità di metalli.

Ieri, la Commissione Industria dell’UE ha presentato a Bruxelles nuovi piani per l’approvvigionamento di terre rare (RESourceEU). A tale riguardo, sta circolando un rapporto allarmante dell’agenzia di stampa statunitense Bloomberg. Secondo il rapporto, le aziende statunitensi stanno giocando duro nella lotta per l’accesso alle terre rare, eliminando sempre più i concorrenti europei che potrebbero esaurire queste materie prime insostituibili nel giro di pochi mesi. Bloomberg basa le sue conclusioni sulle dichiarazioni di trader di materie prime e imprenditori con una visione diretta dell’attività di mercato.

Il piano presentato dalla Commissione Industria prevede investimenti dedicati per “catene del valore integrate delle materie prime critiche con l’Ucraina, i Balcani occidentali e il suo vicinato meridionale”. Insomma, nelle trincee ghiacciate gli ucraini non stanno soffrendo e morendo per nulla.

Inoltre, “l’UE sostiene l’Alleanza per la produzione di minerali critici del G7, guidata dal Canada”. Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca ha accelerato le guerre per le risorse. Washington ha messo gli occhi sulle risorse minerarie della Groenlandia, così come lo scazzo con Ottawa riguarda soprattutto le terre rare e non la pesca del salmone. Il Canada possiede ingenti giacimenti di terre rare e intende dedicarsi non solo all’estrazione, ma soprattutto alla lavorazione.

Anche un certo numero di paesi africani ha iniziato a lavorare su progetti a diversi stadi, tra cui il Sudafrica (Progetti Glenover e Phalaborwa), l’Angola (Progetto Longonjo), il Madagascar (Tatalus), il Malawi (Kangankunde, uno dei più grandi giacimenti di terre rare al mondo), il Mozambico (Projet Xiluvo REE), la Namibia (Lofdal Heavy), l’Uganda (Progetto Makuutu), e la Tanzania (il Progetto Ngualla).

L’accordo di pace tra la Repubblica Democratica del Congo e il Ruanda, del 27 giugno 2025, garantisce agli Stati Uniti l’accesso a diversi siti di estrazione del litio. E tuttavia, nell’ambito della Belt and Road Initiative, i colossi industriali cinesi, come Zijin Mining, stanno già sfruttando siti chiave, tra cui la più grande riserva di litio al mondo a Manono , nel sud-est della RDC.

L’’Europa, un erbivoro in un mondo di carnivori, sta diventando sempre più “introspettiva” (pensa alle sanzioni alla Russia), mentre le economie del Mediterraneo orientale e meridionale diventeranno il fulcro principale per la crescita del commercio e degli investimenti africani. Il presidente turco Erdoğan ha già effettuato 60 visite ufficiali nel continente tra il 2002 e il 2024.

Ma non solo. Anche l’Australia, sebbene sia già il secondo produttore mondiale di terre rare, si impegna costantemente a sviluppare nuove fonti per ridurre il predominio cinese, in linea con gli interessi di Washington. Alcune società australiane sono attualmente attive nei progetti, per esempio in Tanzania (progetto minerario Ngualla con la società Peak Rare Earths).

Il Giappone, da parte sua, sostiene progetti africani sulle terre rare dal 2010, ad esempio in Namibia e Sudafrica, attraverso la Japan Oil, Gas and Metals National Corporation.

La Cina è il principale importatore mondiale di minerali di terre rare, con quasi 130.000 tonnellate. Questa dipendenza è spiegata da limitazioni geologiche: Pechino non possiede tutti i 17 elementi delle terre rare. Il suo vero potere risiede nella raffinazione (oltre il 90% della capacità globale). Il potere non deriva solo dal possesso delle risorse, ma anche dalla capacità di controllarne l’estrazione e le tecnologie ad esse associate. In altre parole, la Cina non possiede tutto, ma nulla le sfugge.

La Cina, nel corso degli anni si è offerta come partner chiave per l’Africa. Offre investimenti e finanziamenti nelle infrastrutture in scambio di risorse e diritti di esplorazione mineraria ed energetica nel continente africano.

Nelle profondità abissali del Pacifico si cela un tesoro ambito: noduli polimetallici, ricchi di cobalto, nichel e altri minerali. Queste risorse sono oggi al centro delle ambizioni geopolitiche globali. La zona di Clarion-Clipperton, che si estende per 4,5 milioni di chilometri quadrati tra le Hawaii e il Messico, è particolarmente apprezzata. Si ritiene che le sue riserve di nichel e cobalto superino quelle presenti sulla terraferma, aprendo la prospettiva di una vera e propria “corsa agli abissi”.

Nel 2025, la Cina ha ottenuto l’autorizzazione dall’Autorità Internazionale dei Fondali Marini per avviare i test di estrazione. Nel frattempo, il Giappone prevede di lanciare la sua più ambiziosa missione mineraria in acque profonde nel 2026, con l’obiettivo di estrarre giacimenti a una profondità di 5.500 metri vicino all’atollo disabitato di Minami-Torishima (vicino Iwo Jima).

Non esiste transizione verde, né internet, né nanoricerca medica, né armi avanzate, né intelligenza artificiale, né praticamente nessuna soluzione tecnologica senza le terre rare. Insomma, le questioni geoeconomiche sono un po’ più complesse di come ci vengono di solito presentate dai media.

mercoledì 3 dicembre 2025

Quello che Gruber e i suoi amichetti tacciono o minimizzano

 

Nel 2025 i terroristi con la svastica israeliana hanno assassinato più palestinesi nella Striscia di Gaza che nei due anni precedenti. È stato l’anno con il numero più alto di vittime dall’inizio dell’occupazione nel 1967. Questa è la conclusione di un rapporto pubblicato lunedì da The Platform, un’alleanza di 13 organizzazioni ebraiche per i diritti umani.

Oltre 70.000 morti nella Striscia di Gaza sono stati ufficialmente registrati per nome e cognome. Almeno 10.000 corpi sono ancora sepolti sotto le macerie e vengono faticosamente recuperati. Secondo i dati forniti dagli stessi assassini, circa l’80% delle vittime erano civili. Però si sta ancora discettando sulla cittadinanza onoraria a Francesca Albanese, rea di dire ciò che pensa e rappresenta la realtà di questo sterminio.

Circa un milione di palestinesi sono stati sfollati dalle loro case nella Striscia di Gaza nel 2024, e sono saliti a quasi due milioni nel 2025: circa il 90% della popolazione totale. La distruzione nella fascia costiera ha raggiunto una portata inimmaginabile: interi quartieri, l’intero sistema di approvvigionamento idrico, l’agricoltura, ospedali, asili, scuole, università ed edifici amministrativi sono stati distrutti.

Secondo il rapporto delle di 13 organizzazioni ebraiche per i diritti umani, a luglio 13.000 bambini erano gravemente malnutriti. Ad agosto, secondo la principale classificazione internazionale della sicurezza alimentare (IPC), Gaza City è stata dichiarata in stato di carestia. A ottobre, 461 persone erano morte di fame, tra cui 157 bambini.

Il rapporto evidenzia anche i massacri nei centri di distribuzione alimentare gestiti dalla Gaza Humanitarian Foundation (GHF), sostenuta da Stati Uniti e Israele. 2.306 persone sono state uccise in questi punti di distribuzione da terroristi ebrei o mercenari locali e straniere della GHF, molte delle quali colpite deliberatamente: uomini, donne e bambini. Quasi 17.000 sono rimasti feriti.

l rapporto mette a nudo anche la situazione in Cisgiordania: nel 2023 e nel 2024 sono stati documentati almeno 1.200 attacchi da parte dei coloni contro i palestinesi, nel 2025 è iniziata una vera e propria espulsione di massa. Quarantaquattro comunità palestinesi sono state distrutte e “sostituite” da nuovi insediamenti ebraici. Quasi 3.000 persone sono state sfollate, tra cui 1.326 bambini. Secondo il rapporto, il 2025 segna la transizione dalla discriminazione istituzionalizzata a una nuova politica di espropriazione. I sionisti stanno inventando nuove narrazioni storiche ed espropriando terreni appartenenti ai palestinesi.

Nel frattempo, le carceri israeliane sono diventate luoghi di tortura sistematica. Almeno 98 palestinesi vi sono morti; sono stati torturati a morte, non hanno ricevuto cure mediche e non hanno ricevuto cibo a sufficienza in condizioni disumane. Il numero dei prigionieri è salito a oltre 9.000, 3.577 dei quali sono in “detenzione amministrativa”, ossia senza accusa né condanna.

Israele vuole creare l’impressione che la storia e l’archeologia del Paese siano esclusivamente ebraiche, ogni memoria della cultura palestinese viene sistematicamente cancellata. A febbraio, l’UNESCO, la Banca Mondiale e altri hanno stimato che oltre il 53% dei siti culturali e del patrimonio culturale della Striscia di Gaza fosse stato distrutto o danneggiato; a ottobre, l’organizzazione delle Nazioni Unite ha pubblicato un elenco di 114 siti interessati.

Ecco le cifre che i giornalisti grandi firme non ci danno. A cominciare da quella madonna invetriata della Gruber. Tutto ciò a confronto di una ragazzata, ossia qualche cestino rovesciato e un paio di scritte nella redazione di un quotidiano.

Il rapporto delle 13 organizzazioni ebraiche per i diritti umani conclude: “I crimini contro l’umanità sono ormai diventati una realtà quotidiana, su cui nessuno indaga e per i quali nessuno è ritenuto responsabile”. Vai Gruber, indaga sui siti porno.