giovedì 20 novembre 2025

Safari

Ogni notte si fa più pesante con l’attesa del giorno seguente. In questa stagione poi ... E penso a quando eravamo bambini: sapevamo che i nostri genitori avevano dei progetti. Vedevamo nei loro occhi aspettative più grandi, più consapevoli e più distanti delle nostre. Non le capivamo tutte, ma le sapevamo.

A che punto è questa guerra, e quell’altra? E la prossima, dove? Non sappiamo più bene cosa stia succedendo. Ora ci raccontano di cecchini a Sarajevo nel weekend. Pagavano per uccidere. Sparare sui civili, donne e bambini compresi, come se si trattasse di una battuta di caccia. Uccidere gli anziani era gratis. Questa cosa, se fosse vera, sarebbe enorme.

I cani sono migliori degli umani. Certo, abbaiano, sbavano e puzzano, come gli umani del resto, ma loro non hanno bisogno di molto; una palla o un giocattolo li tiene occupati all’infinito. A volte piccoli litigi tra loro, ma è raro. Di diverse linee e razze, il più delle volte vanno d’accordo e si divertono insieme, ci danno meravigliose lezioni di vita.

Anche ciò che avviene a Gaza e in Cisgiordania è safari. Come già il 7 ottobre 2023 a parti invertite. Mi chiedo: com’è possibile che la popolazione ebraica di Israele accetti che il proprio governo compia, in suo nome, un genocidio? Com’è stato possibile che in due anni, nelle manifestazioni di piazza contro Netanyahu, la gran parte dei cittadini israeliani abbia chiesto a gran voce la fine della guerra a Gaza unicamente in nome della liberazione degli ostaggi?

In fondo, proveniamo da una mentalità preistorica piuttosto simile: i cani con il branco e noi con la tribù. Loro, i cani, aiutano persone di ogni classe sociale, genere ed età, di ogni estrazione religiosa e sessuale, e persino con diverse convinzioni politiche.

Com’è possibile che la popolazione russa accetti che il proprio governo, in suo nome, continui una guerra contro una popolazione che fino a qualche decennio fa era parte della popolazione russa? Com’è stato possibile che dal 2014 la popolazione ucraina abbia accettato che il proprio governo, in suo nome, iniziasse una guerra contro una popolazione con la quale condivideva la stessa nazionalità e la stessa lingua?

Grandi cimiteri sotto la luna, scriveva Bernanos a proposito della guerra civile spagnola. Chi legge più Bernanos? Qualche mese fa ho letto i diari di Luca Pietromarchi, e mi chiedevo: come poteva, questo galoppino che per conto di Galeazzo Ciano sovraintendeva l’organizzazione della cooperazione bellica italiana, descrivere in modo così asettico ciò che avveniva in Spagna?

Pietromarchi inframmezzava il suo racconto tra quello di una cena e la recensione di un film che aveva visto. E però in seguito la repubblica italiana “nata dalla resistenza” gli conferì l’incarico di ambasciatore. Tante storie come la sua. Dunque, perché dovrei meravigliarmi di Sarajevo, di Gaza e di molto altro? La storia non si ripete mai uguale, ma la strage è la stessa.

Era il XX secolo, quando le principali nazioni europee si univano con fervore al governo di un Duce, di un Führer o di un Caudillo. Ma ora, nell’epoca dell’intelligenza artificiale? Sembra il delirio di un guidatore al buio con gli occhi iniettati di sangue. 

mercoledì 19 novembre 2025

Sangue operaio

 

Mentre ferve la polemica sulla candidata al Quirinale (sembra sgradita all’attuale titolare del Soglio Presidenziale stesso), si chiude definitivamente la vicenda della giovane apprendista operaia Luana D’Orazio, mamma di un bambino, la quale nel 2021 fu stritolata in un “orditoio”. Una morte orribile che vide i due titolari dell’azienda, indagati per omicidio colposo e rimozione dolosa delle cautele antinfortunistiche, patteggiare una pena rispettivamente ad un anno e sei mesi e due anni. Con la condizionale, ovviamente.

Li chiamano “incidenti sul lavoro”, vengono raccontati in tono drammatico e fatalista, puntando sull’accettazione sociale (uno scherzo del destino). In realtà sono omicidi premeditati e più in generale crimini contro l’integrità fisica e mentale dei lavoratori.

Nel corso dell’inchiesta, l’ingegner Carlo Gini, consulente della pubblica accusa, documentò che il macchinario era impostato per lavorare senza il sistema di sicurezza: “La macchina presentava una evidente manomissione con un altrettanto evidente nesso causale con l’infortunio”. Senza quella manomissione del macchinario, i vestiti di Luana non si sarebbero impigliati nell’orditoio.

Di questo tipo di “manomissioni” ne ho viste centinaia, moltissime dita e mani tranciate, in un paio di casi entrambe le mani e parte degli avambracci troncati di netto sotto le presse. Sempre lo stesso motivo: le “sicurezze” vanno disattivate altrimenti rallentano l’intensità del ritmo del lavoro e fermano la produzione troppo spesso.

Le nozioni di produttività e di efficienza economica non sono concetti asettici e neutrali, ma risultano inestricabilmente dall’interazione combinata di tecniche di produzione e dominio.

Anche quando si parla di “comportamenti a rischio” da parte dei lavoratori, si trascura il fatto che i lavoratori sono spesso esposti a rapporti di lavoro precari (apprendisti, giovani poco qualificati, neoassunti, lavoratori temporanei), il che riduce significativamente la loro consapevolezza dei rischi e riduce anche l’autonomia nello svolgimento del lavoro, rendendo impossibile esercitare il loro diritto di recesso da una situazione che hanno ragionevoli motivi di ritenere rappresenti un pericolo grave e imminente per la loro vita o la loro salute: “o così, oppure stai a casa”.

Pertanto, la questione degli omicidi e infortuni sul lavoro si pone come un problema politico e sociale, prima ancora che giudiziario. In tutti i casi, compreso quello di Luana, i procedimenti si concludono con blande condanne e secondo una logica assicurativa, ossia di mero risarcimento monetario del “danno”.

I responsabili sono certamente i padroni e i loro complici sono facilmente individuabili a livello politico, ossia tutti quelli che favoriscono o accettano passivamente che l’organizzazione del lavoro sia e resti il prodotto di un sistema di potere a spese del sangue operaio.


martedì 18 novembre 2025

Il pollo fritto e la prossima crisi finanziaria

 

Il ristorante Kkanbu Chicken di Seul è un locale molto modesto dove si mangia prevalentemente una delle specialità ... americane: il pollo fritto. Un posto dove eviterei di mangiare, dunque. Alla fine di ottobre, ad un tavolo stavano seduti a sorseggiare birra e mangiare pollo fritto tre poveracci: l’amministratore delegato di Nvidia, con il vicepresidente di Samsung Electronics e l’amministratore delegato di Hyundai Motor Company. È bastato questo perché nel giro di pochi giorni il prezzo delle azioni dei ristoranti e dei fornitori di pollo fritto sudcoreani schizzasse fino al 20%.

Questo aneddoto illustra ciò che tutti sanno: gli speculatori investono in qualsiasi cosa abbia a che fare con l’intelligenza artificiale e in qualsiasi cosa anche lontanamente correlata al clamore suscitato dall’AI. La qual cosa potrebbe ricordare cosa accadde tra il 1997 e il 2000 con la cosiddetta bolla delle dot-com, ossia la bolla legata alle società del settore “internet”.

Anche allora, gli speculatori avevano scommesso sulla formazione di nuovi mercati, sull’aumento della produttività e sui relativi profitti alla luce delle innovazioni tecnologiche. Allora come oggi, aspettative gonfiate hanno portato a investimenti esagerati, sullo sfondo dell’attuale crisi di accumulazione di capitale, di cui ho scritto più volte, ad esempio in un post di nove anni fa dal titolo: La tendenza storica dell’accumulazione capitalistica.

La crisi dell’accumulazione capitalistica costituisce la base di un’economia di bolla divenuta cronica a partire dagli anni Ottanta. Il plusvalore prodotto è divenuto così piccolo, relativamente al capitale complessivo accumulato, che non è più sufficiente a valorizzare l’intero capitale, facendogli compiere il necessario salto di composizione organica.

In altri termini: contrariamente a quanto si potrebbe pensare, i tassi di profitto non sono più sufficienti a valorizzare l’intero capitale, in quanto il capitale costante (macchinari, materie prime, ecc.) è cresciuto a dismisura rispetto a quello variabile (ossia rispetto al capitale investito in forza-lavoro), e perciò la crescita viene ripetutamente forzata attraverso la speculazione: prima con la bolla delle dot-com, poi con la bolla immobiliare e infine con la bolla di liquidità gonfiata dalle banche centrali durante gli anni dei tassi di interesse zero.

Invece di risolvere la crisi, queste bolle non fanno altro che rinviare le conseguenze dell’eccesso di capitale che non trova adeguato impiego nella produzione. L’intelligenza artificiale appare come l’ultimo tentativo di mascherare questo problema strutturale con un nuovo mito del profitto: un’ultima, grandiosa promessa che il capitale fittizio accumulato possa ancora essere trasformato in profitti reali.

Il successo dell’AI non può nascondere il fatto che i ricavi non tengono il passo con gli investimenti e molti sistemi sono tecnicamente immaturi. Circa il 95% delle aziende non ha ancora registrato un aumento misurabile di profitti o ricavi, nonostante gli investimenti miliardari. L’80% delle aziende non vede alcun contributo materiale ai propri profitti derivante dall’uso dell’intelligenza artificiale generativa.

Attraverso fondi indicizzati e altre strategie passive, quantità sempre maggiori di denaro affluiscono nelle società di intelligenza artificiale. Gli indici azionari sono in aumento e il capitale è prontamente disponibile. Per sostenere queste elevate aspettative con una crescita tangibile, le società di IA stanno sempre più incanalando questo denaro a basso costo in accordi tra loro, scambiando miliardi di dollari in chip e servizi cloud, essenzialmente acquistando i propri ricavi futuri.

Questo crea l’impressione di una crescita enorme, anche se una parte di questa crescita viene semplicemente ridistribuita all’interno del settore. La speculazione è intrappolata in una sorta di circolo vizioso che si autoalimenta.

Già a metà ottobre, la Banca d’Inghilterra e il Fondo Monetario Internazionale, tra gli altri, avevano lanciato l’allarme per una brusca correzione del mercato. In pratica si osservava che l’euforia che circondava l’IA stava spingendo gli speculatori verso una pericolosa frenesia; tutti sono consapevoli del pericolo, “ma non riescono a uscirne”. È vero: è un disastro incombente, ma nessuno osa andarsene: chi lo fa potrebbe perdere l’occasione, e dunque finché il denaro continuerà a fluire in borsa, nessuna azienda, nessun investitore si tira indietro.

L’80% dei profitti generati sui mercati azionari statunitensi nel 2025 è stato realizzato da aziende di intelligenza artificiale. Il mercato azionario guidato dall’intelligenza artificiale sta attraendo denaro da tutto il mondo: nel secondo trimestre del 2025, fondi esteri per un valore di 290 miliardi di dollari sono confluiti in azioni statunitensi, rappresentando circa il 30% del mercato, un livello mai visto dalla Seconda Guerra Mondiale.

La bolla dell’intelligenza artificiale è 17 volte più grande della bolla delle dot-com e quattro volte più grande della bolla dei mutui subprime, il cui scoppio ha innescato la crisi finanziaria del 2008.

Mi pare di aver detto tutto l’essenziale che c’è da dire. Poi vedrete che gli “esperti” avranno da dire molto di più, ignorando però la causa fondamentale, che, come detto, non riguarda semplicemente la “speculazione”, ovvero la crisi all’interno della sfera della circolazione (benché il fenomeno “crisi” si manifesti in tale ambito), bensì riguarda la crisi storica dell’accumulazione capitalistica.

Tutto in un titolo

 

Altre armi e nuovi finanziamenti. Il consigliere di Zelensky, Mykhailo Podoliak, in un’intervista televisiva ha affermato che la corruzione è un “segno distintivo di qualsiasi economia sviluppata”, e dunque deve essere accettata come tale.

Questi signori, invece di promuovere una mediazione, di cercare una soluzione a un conflitto che da più di dieci anni vede soffrire e morire civili innocenti (e decine di migliaia di soldati uccisi o traumatizzati da entrambi le parti), insistono nel voler mandare altre armi nella scellerata illusione di sconfiggere la Russia, che, ci ricordano, non ha mai smesso di essere il regno del Male.

Questa loro determinazione alla guerra è ben più di un equivoco che potrebbe essere corretto con una chiara analisi delle circostanze reali. Così intelligenti, baluardi di democrazia e di questo sistema, si sono costruiti una coscienza che definire semplicemente falsa non rende giustizia della loro natura e del gioco insano di cui sono, allo stesso tempo, pupari e infime marionette.

Si dichiarano fautori di armoniosi rapporti sociali e di vacuità redistributive, ma in ogni aumento di imposte che li riguardi vedono violato e insultato il diritto al rendimento. E dunque non è difficile immaginare i loro ululati se i denari per le armi e altro fossero tratti direttamente dai loro conti correnti e non dal comune calderone erariale.

Arriverebbero al punto di mandare i loro figli e nipoti a morire per Kiev (fingendo fosse Danzica e Putin un altro Hitler) pur di potersi gloriare di avere avuto ragione.

I portuali di Genova del Collettivo Autonomo dei Lavoratori Portuali (CALP), già dal 2014, intercettano e bloccano le spedizioni di container di armi prodotte in Italia. Nel maggio scorso hanno bloccato l’invio di razzi prodotti in zona Bergamo ai terroristi con a capo il criminale ricercato Netanyahu. Purtroppo CGIL e UIL fanno da spettatori. Come meravigliarsi della crisi del sindacato?

lunedì 17 novembre 2025

Solo una pausa

 

Come altri sopravvissuti, ho visto scomparire intorno a me tutto ciò che era stata la mia vita, incapace di usare tutte quelle meravigliose invenzioni del XXI secolo che mi permetterebbero di riconoscermi in quest’epoca e in questa dimensione ipertecnologica. E dunque che senso dare alla vita se non hai nulla da condividere con qualcuno e nulla da attendere?

Molte persone non riescono a leggere più di qualche riga alla volta, e anche in tal caso solo se accompagnate da immagini. La maggior parte non sa scrivere, tantomeno in corsivo e non senza commettere marchiani errori. Il linguaggio si è impoverito, limitato a circa trecento parole e altrettante emoticon, abbreviazioni e misteriose onomatopee.

Si comunica usando schermi di tutte le dimensioni, senza i quali non si può più abitare il mondo. Bambini e adolescenti, coccolati come prìncipi dai genitori, ma spesso anche gli stessi adulti, sono sopraffatti dal flusso di immagini e suoni senza i quali si sentono incapaci di sopravvivere, si perdono in una profusione di mondi virtuali e non riescono più a distinguerli dalla realtà.

È un fatto statistico e sociologico che, mentre il tasso di natalità in occidente crolla, il numero di idioti, degenerati e imbecilli è in costante aumento. Ne è un esempio il capo del Paese ritenuto il più potente del mondo, un pagliaccio sociopatico che governa a suon di insulti, bugie e tweet provocatori. Non va meglio altrove, con tiranni che perpetrano massacri sempre più ampi, e altri pazzi fanatici che aprono il fuoco con i kalashnikov sui nemici del loro profeta e si fanno esplodere in luoghi affollati.

Quanto alla salute del pianeta, i Poli si stanno sciogliendo, l’Amazzonia e il bacino del Congo perdono migliaia di alberi ogni giorno, la California brucia una stagione dopo l’altra, il permafrost siberiano si sta squagliando, rilasciando ogni sorta di batteri, virus e gas pericolosi. L’Africa, infiammata dal sole, dalla fame, dalle guerre e dalle dittature, sta riversando nel Mediterraneo sciami di migranti non di rado destinati ad annegare.

Questi disastri, anche quelli che potrebbero essere scambiati per naturali, come desertificazione, siccità, incendi o inondazioni, hanno spesso e in gran parte una causa umana. Tuttavia, salvo che per le vittime dirette, questi eventi estremi accadono nella sostanziale indifferenza del resto del mondo. Perché dovremmo preoccuparci di persone che soffrono e muoiono a migliaia di chilometri?

Un giorno toccherà a noi gridare la nostra solitudine e la nostra angoscia, chiedere aiuto ai nostri simili che, a loro volta, non faranno un plissé, in virtù del principio che vivono lontani da questi drammi e ne sono temporaneamente risparmiati.

Scaccio questi pensieri. Il futuro appartiene al socialismo. Non è obsoleto, come si compiacciono ripetere quei fottuti ammiratori del capitalismo, che hanno tutto il proprio interesse a non vedere come questo sistema dimostri ogni giorno la sua incapacità di risolvere i problemi fondamentali se non creandone di nuovi e di più gravi. Certamente abbiamo subito una sconfitta devastante, ma nonostante tutto c’è ancora gente che aspetta solo di riprendere la lotta per un socialismo degno di questo nome. La vecchia talpa non ha smesso di scavare, s’è solo presa una pausa.