lunedì 24 novembre 2025

La guerra continua

 

Hanno messo le manacce loro al cosiddetto piano in 28 punti di Trump. Avranno l’alibi che è la Russia a non voler accettare il piano riscritto radicalmente secondo i desiderata del capo dell’intelligence militare ucraina Kyrylo Budanov (presente a Gnevra). Basta leggere, per esempio, l’articolo 20 per avere chiaro che non vogliono la pace, laddove si legge che saranno “possibili scambi territoriali” ma da concordare successivamente. Non solo, l’articolo 13 prevede che “L’Ucraina sarà completamente ricostruita e risarcita economicamente anche tramite beni sovrani russi che resteranno congelati fino a quando la Russia non compenserà i danni causati all’Ucraina”.

Tutto è stato deciso con la partecipazione dell’Ucraina, ma senza la partecipazione della Russia. Vogliono la guerra. L’avranno.

Il prigioniero


C’è trepidante attesa sul mercato librario francese. Il 10 dicembre uscirà l’attesissimo Diario di un prigioniero (Journal d’un prisonnier). Si potrebbe supporre che si tratti di un detenuto con una palla al piede, soprattutto perché è appena uscito nelle sale francesi l’adattamento cinematografico del racconto di Jean Valjean, creato dalla penna di Victor Hugo. La vicenda di un uomo uscito di galera dopo una condanna ventennale ai lavori forzati a causa di un furto commesso per fame (*).

E invece le memorie di prigionia che stanno per uscire per i tipi delle edizioni Fayard – il marchio è stato recentemente acquisito dal multimiliardario di estrema destra Vincent Bolloré – riguardano un ex galeotto che ha trascorso non più di venti giorni nel prestigioso carcere di La Santé a Parigi, nutrendosi quasi solo di yogurt.

Si tratta del marito di Carla Bruni, condannato a cinque anni di carcere per corruzione internazionale e finanziamento politico illecito, che ha iniziato a scontare la pena il 21 ottobre. Sebbene sia riuscito a evitare l’incarcerazione immediata dopo il verdetto (come è avvenuto per i suoi coimputati, l’intermediario Alexandre (Ahmad) Djouhri e il banchiere 81enne Wahib Nacer, rilasciato il 28 ottobre), il tribunale non gli ha permesso di attendere il processo d’appello (le udienze sono previste da marzo a giugno) in libertà e nemmeno agli arresti domiciliari (**).

Il prigioniero, meno di tre settimane dopo, il 10 novembre, è stato rilasciato dalla Corte d’Appello di Parigi, che ha stabilito che non rappresentava un rischio di fuga e lo ha posto sotto sorveglianza giudiziaria. I giudici di primo grado avevano giustificato l’ordine di custodia cautelare immediata con la “gravità eccezionale” dei reati.

Al povero Nicolas, questo il nome del marito della Bruni, sono state imposte alcune dure condizioni. La più importante, e decisamente disumana, fu che non gli fu permesso di incontrare di persona il ministro della Giustizia in carica, Gérald Darmanin, durante il periodo precedente al processo. Darmanin, ex collega di partito di Nicolas, gli ha comunque fatto visita in carcere il 29 ottobre, durante la sua fulminea detenzione.

Il settantenne ha maturato profonde intuizioni filosofiche durante la sua prigionia. “Simile a un soggiorno nel deserto”, scrive su X, “la prigione rafforza la vita spirituale interiore” (A l’image du désert, la vie intérieure se fortifie en prison). Dunque, Nicolas dovrebbe rimpiangere che il suo periodo dietro le sbarre sia stato troppo breve perché potesse davvero beneficiare di questo vantaggio.

(*) A firma del regista Éric Besnard, con protagonista Grégory Gadebois, già col. Hubert- Joseph Henry nel film di Polanskiy L’ufficiale e la spia.

(**) L’imprenditore libanese Ziad Takieddine ha raccontato più volte di aver trasferito milioni di dollari su un aereo privato da Tripoli all’aeroporto Le Bourget e di averli consegnati al braccio destro di Sarkozy, Claude Gueant (già ministro dell’Interno e segretario generale della presidenza della repubblica, per l’affare libico è stato condannato ad un anno). In particolare, Takieddine era un concorrente di Djouhri nel commercio di armi e nella mediazione in Libia.

Il nome di Ziad Takieddine evoca un altro affaire, quello dei sottomarini della classe Agosta, uno scandalo che coinvolse le presidenze di François Mitterrand e Jacques Chirac. Il più pulito ha la rogna. 

domenica 23 novembre 2025

In ordine sparso

 

I cosiddetti “bambini nel bosco”. Sono diventati un caso mediatico, ecco perché se ne occupano i magistrati e, quel che è peggio, i politicanti (“politica” è un termine nobile, non si pratica da decenni). Che cosa vorrebbero farne di quei bambini? Separarli per darli in adozione ad altre famiglie? Follia. Siamo sicuri che i bambini delle periferie, di certi quartieri, o di certi “campi”, vivono in condizioni migliori? Sono felici quei “bambini nel bosco”, che non è poco. E sicuramente anche in quelle condizioni cresceranno meglio di tanti altri bambini dotati di tutti i comfort (o presunti tali). La questione dell’istruzione? Basterebbe una maestra di sostegno a domicilio qualche ora la settimana. Il resto, se quei bambini hanno una buona predisposizione, verrà da sé.

I sedicenti leader europei, l’ho già detto (sempre per ciò che vale, ovvio), non vogliono ammettere la sconfitta. La loro sconfitta. È una questione di orgoglio (non solo). Dell’Ucraina non gliene importa nulla, anzi, gliene importa “il giusto”. I 28 punti sono una resa ... ai punti, ovvio. E però sono convinti che la continuazione della guerra in Ucraina sia preferibile a una pace in cui l’Ucraina debba fare delle concessioni. Ma anno dopo anno, mese dopo mese, sarà sempre peggio. Basta morti e distruzioni. Pensare che la Russia possa stare fuori dell’Europa è da sconsiderati. Quando i cinesi avranno preso, di fatto, il potere in Europa, ne riparliamo. Stupidi.

Le teologhe femministe? Basta, non se ne può più di questa gente che ti parla a bassa voce e con un tono da crema calda. Vanagloriose e furbe, elaborano meticolosamente la loro narrazione e non perdono mai l’occasione di proclamare in lungo e in largo che sono le autentiche interpreti della Verità rivelata.

Lockdown per ricchi.

sabato 22 novembre 2025

Il rettile

 

Quando tutto è valore, denaro, un valore d’uso diventa il suo opposto, contraddice il semplice buon senso: nessun valore è più valido. Uno scontro di valori. Un esempio? La vita, che dovrebbe essere il valore supremo. Ci definiamo pro-life, ma allo stesso tempo fabbrichiamo e vendiamo armi da fuoco sempre più letali. Un altro? Ci definiamo democratici, ma facciamo tutto il possibile per danneggiare gruppi di persone che lottano per la propria libertà, popoli che lottano per la propria terra e indipendenza. Ma perfino l’argomento sesso. Solo se accompagnati dai genitori. Loro di sesso e affettività ne sanno, eccome. Interroghiamo il ministro sulle sue competenze di genitore, sulla educazione ricevuta, l’ambiente familiare, la sua formazione, scolastica e professionale, sui suoi “valori”. Turbato davanti a lesbismo e omosessualità. A disagio davanti all’articolo tre. Come dice ministro? Ah, il codice genetico non accetta parità. Il maschio è maschio e la donna è sempre un po’ mamma e un po’ troia, vero? Tranne la sua di mamma; tranne la sua di moglie. Va bene, buttiamola sul biologico. Lei sa che cos’è il codice genetico? Se lo sapesse non lo tirerebbe in ballo. Tutti i primati derivano dai rettili, e lei un po’ rettile è rimasto.

venerdì 21 novembre 2025

Un fenomeno meramente superficiale

 

La disuguaglianza è considerata un fatto naturale, e la prosperità è ben meritata se il singolo individuo ha dimostrato spirito imprenditoriale e audacia. La ricchezza, concentrata nelle mani di pochi eletti, è cresciuta fino a raggiungere proporzioni quasi inimmaginabili, mentre la povertà si diffonde inesorabilmente verso la classe media. I leader politici si rendono sicuramente conto che il perdurare di questa tendenza minaccia seriamente la stabilità di una società che produce un simile fenomeno, ma se ne fottono per varie ragioni.

La ricchezza dei miliardari nei paesi del G20, come Oxfam ha ora comunicato al mondo, è aumentata di 2,2 trilioni di dollari in un anno: del 16,5%, da 13,4 trilioni a 15,6 trilioni di dollari. Si replica che questo aumento da solo sarebbe sufficiente a far uscire dalla povertà 3,8 miliardi di persone. Da qui la richiesta di una “tassazione efficace” dei super-ricchi del mondo. E una miriade di libri inutili da Stiglitz a Piketty (per citare) che ci vogliono spiegare l’origine della disuguaglianza moderna.

Su una maggiore tassazione si può essere d’accordo, ma la questione reale non viene con ciò affrontata in radice. È vero che negli ultimi decenni i paesi industrializzati dell’OCSE hanno sistematicamente abbassato le aliquote fiscali più alte rispetto al livello a metà degli anni ‘60, avviando così una massiccia ridistribuzione del reddito e della ricchezza verso la cima della piramide sociale che continua ancora oggi. E ciò rivela chiaramente nell’interesse di chi è stata e continua a essere condotta la politica.

Il diavolo continua a cagare sul mucchio più grande: i ricchi fanno i ricchi, ossia i propri interessi, discutere su ciò è sterile. L’eccesso di ricchezza di pochi eletti è un sintomo di sovraccumulazione cronica, non un segno di successo, bensì di crisi. Pertanto, criticare i ricchi non è un errore, ma soffermarsi solo su tale aspetto significa criticare in modo inadeguato il capitalismo concentrandosi su un fenomeno meramente superficiale.

Il 3 dicembre di dieci anni fa, scrivevo: «il fatto che si rimproveri ai ricchi la loro ricchezza dà il senso del generale disorientamento. Sarebbero dunque i “ricchi” la causa dei problemi, e non dunque essi stessi il prodotto di determinati rapporti sociali. È questo il volgare e imbarazzante modo di concepire lo scontro di classe con le categorie politico-sociologiche del cambriano».

Ecco dunque la differenza tra una critica laterale del sistema rispetto a una critica radicale del modo di produzione capitalistico. È la differenza tra Marx e Proudhon, tra un socialismo rivoluzionario e un socialismo piccolo-borghese (alla Bertinotti, tanto per intenderci), per tacere di quel socialismo liberale (???) che piace a Bersani & C.. Le riforme (le “lenzuolate”), i miglioramenti che si svolgono sul terreno dei rapporti di produzione borghesi, non cambiano nulla nel rapporto fra capitale e lavoro salariato, ma, nel migliore dei casi, diminuiscono le spese che la borghesia deve sostenere per il suo dominio.