martedì 29 ottobre 2024

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Ancora per oggi e poi un po’ anche domani, i media si occuperanno dei risultati elettorali per l’elezione del presidente della regione Liguria, una piccola regione italiana di un milione e mezzo di abitanti, quanti quelli di un sobborgo di una grande metropoli e comunque meno degli abitanti della Striscia di Gaza prima del genocidio perpetrato dagli israeliti.

Gli elettori chiamati alle urne erano 1.341.693. L’affluenza al voto è stata del 45,97% (votanti 616.748), oltre sette punti in meno rispetto alle regionali del 2020 (53,4%), quando votarono in 716.211. Centomila elettori in meno. Il crollo più evidente a Imperia: 38,10 rispetto al 50,20. Il vincente tra i due candidati ha ottenuto l’1,5% dei voti più del suo avversario, vale a dire circa 8.000 voti. Una differenza di meno dello 0,6% del corpo elettorale. Sarebbe bastata meno della metà delle schede nulle e bianche (complessivamente 19.777) per sovvertire il risultato.

Questi numeri mostrano in modo chiaro e indiscutibile il suicidio della cosiddetta sinistra italiana, qualunque cosa ormai si voglia intendere con questa locuzione. Ad essere più esatti, non solo il suicidio della sinistra italiana, ma della rappresentanza politica in generale, quella degli attori che si affacciano quotidianamente nelle televisioni. Una ennesima prova del disinteresse della maggioranza della popolazione verso quella cosa che ancora si fa chiamare politica ma che è solo personalismo, ménage e intrallazzo.

Del resto, quale fiducia dovrebbero avere nella politica e nel sistema attuale coloro che per tirare a campare devono arrabattarsi da mane a sera? Ma anche di coloro che, pur resistendo sulla breccia di un relativo benessere, vedono sfumare ogni prospettiva di miglioramento futuro e anzi costatano il progressivo peggioramento della loro condizione e quella dei propri figli. Se questo Paese rimane ancora per un po’ in mano a codeste classi politiche e dirigenti, la catastrofe ci coinvolgerà tutti.

lunedì 28 ottobre 2024

Non è una parola del nostro mestiere

 

Sono all’opera forze sociali profonde e prevalentemente oscure delle quali solo ora cominciamo a intravedere con difficoltà il disegno; sono altresì in atto dinamiche globali che agiscono come leggi di natura e verso le quali dimostriamo un disincanto e una noncuranza che condurrà necessariamente a delle catastrofi storicamente inedite.

La rottura del vecchio ordine mondiale e l’insorgere di nuove grandi potenze che lottano per il proprio “spazio vitale” economico, è la causa principale della nuova corsa agli armamenti e la proliferazione nucleare. Sta per ripetersi, con ben altra forza, dimensione di scala e di strumenti, ciò che già avvenne tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima del Novecento con la comparsa sullo scacchiere mondiale degli Stati Uniti, della Germania e del Giappone.

Ad aggravare questo quadro d’incertezza e d’imprevedibilità, di accelerato disordine e di conflitti per il momento ancora locali, c’è il cambiamento climatico, fenomeno reale a prescindere da quali ne possano essere le varie cause.

La fecondità femminile è in caduta libera in modo drammatico nei paesi più sviluppati, ma ciò non esclude che essa è in drastico calo, dopo aver raggiunto il picco d’aumento otto anni fa, anche in aree come l’America latina e i Caraibi, in Asia e in Oceania, e perfino in Africa e Medioriente. Una voragine demografica tale che non si sarà più in grado di garantire la continuità della specie entro pochi decenni (di quella “bianca”, sicuramente).

L’ipertrofia finanziaria, le fibrillazioni caotiche dell’economia capitalistica, il denaro facile cui seguono le “strette” monetarie, la spesa pubblica e il debito ingestibili, preludono ineluttabilmente e nonostante l’euforia borsistica, a un crash che potrebbe essere dietro l’angolo. A partire forse dal Giappone, un grande paese che importa di tutto, e dalle sue difficoltà a gestire la propria valuta, per tacere della recessione tedesca e del persistente calo della produzione industriale italiana.

A ciò si aggiunge l’instabilità dei sistemi istituzionali (vedi negli Stati Uniti il successo di un palazzinaro golpista), la crisi/estinzione dei partiti politici, la sfiducia e la paura che serpeggiano ovunque nelle società occidentali ma non solo. Le élite, le famose élite, hanno imparato che è sufficiente assicurare panem et circenses per garantirsi la pace sociale o quantomeno per evitare rivolte popolari nelle piazze. Opportunamente, Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, ha dichiarato: “Certezza non è una parola del nostro mestiere”. Ciò che vale per l’economia e la finanza, vale anche per tutto il resto.


sabato 26 ottobre 2024

Per governare che cosa?

 

Dio, Patria e Famiglia. In maiuscolo. Bene, prendiamo sul serio questo frasario di nostalgici. La religione è servita per qualche millennio principalmente per razionalizzare la morte. Oggi, in Occidente, vi sono altri modi per far fronte a queste e altre ansie esistenziali. La religione è diventata sempre più un fatto residuale. Patria. I grandi gruppi finanziari esteri si stanno pappando anche gli ultimi ghiotti bocconi della nostra “patria”, mentre la nostra libera stampa si occupa da mane a sera del giro di mutande tra politici e troiaio vario. Famiglia. C’è qualcosa di più in crisi e sbrindellato della “famiglia”? Quella che un tempo aveva il compito di riprodurre la forza-lavoro, praticamente non esiste più. Se ne preoccupano i pedofili e i segaioli. Perché non sentiamo mai la nostra nipotina proclamare con orgoglio durante i pasti in famiglia che la sua vita ideale sarebbe fare l’insegnante o l’infermiera? I pochi giovani scappano all’estero, se possono, per sfuggire a precarietà, incertezza e salari di fame. Importiamo a prezzi stracciati braccia dai polmoni demografici di Africa e Asia. Per la gioia e la fortuna dei nostri “imprenditori” esentasse.

Questo per quanto riguarda le parole d’ordine dei reazionari. E quelle dei conservatori? I diritti civili, ma tanto per parlarne. Si concentrano sull’individuo e non sulla società. Lavoro, scuola e sanità, solo vaghi cenni elettorali dopo le devastazioni degli ultimi decenni di cui la “sinistra” senza identità è stata la principale responsabile. Ed è questa gentaglia qui che vuole tornare a governare. Per governare che cosa, le rovine?

giovedì 24 ottobre 2024

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E se fossero stati due stronzi, che cosa sarebbe cambiato?


È Dio che lascia un bordello ubriaco fradicio in Les Chants de Maldoror di Lautréamont. Non poteva essere che lui.


mercoledì 23 ottobre 2024

La stessa matrice classista

 

Kamala Harris ha fatto sapere una decina di giorni fa di essere in perfetta salute fisica e mentale, supportata da una valutazione medica. Questa è una buona notizia, soprattutto per lei. Resta però da chiedersi in seguito a quale attacco di delirio psicotico si sia sviluppato il programma “Opportunità per gli uomini neri” che la candidata democratica ha presentato ai media il 14 ottobre.

Si capisce che, a tre settimane dalle elezioni, i responsabili della campagna elettorale si siano lasciati prendere dal panico analizzando i risultati dei sondaggi che rivelano che un quarto dei maschi neri intendono votare per Donald Trump il 5 novembre, rispetto solo all’8% delle donne nere. Perché i neri non hanno il diritto di essere di destra?

Agli “uomini neri” viene promessa una “iniziativa sanitaria nazionale focalizzata sulle malattie che colpiscono in modo sproporzionato gli uomini neri”, quindi un accesso facile e sicuro alle criptovalute – segno che, agli occhi di Kamala Harris, evidentemente hanno un problema con le valute legali. Ancora, la candidata promette anche “la legalizzazione della marijuana ricreativa” allo scopo di “creare opportunità per gli uomini neri di avere successo in questo nuovo settore”. Nuovo settore? Non solo gli “uomini neri” trascorrono le loro giornate fumando petardi e cantando reggae, ma in più sognano tutti di diventare spacciatori.

Tutto questo non nasce da errori grossolani di comunicazione. Queste “proposte” sono il frutto di un pensiero perfettamente strutturato, che si fonda su un’ideologia secondo cui i “poveri” meritano di essere sostenuti e difesi nei loro diritti solo se rispondono a stereotipi che costituirebbe la loro “identità” e che li definirebbe una volta per tutte. Di conseguenza, un musulmano è necessariamente un islamista, un cinese è una spia comunista, un ispano- americano fa a pezzi i suoi nemici con una motosega in una vasca da bagno, e gli “uomini neri”, quindi, hanno il senso del ritmo e degli affari loschi.

I ricchi “progressisti”, non importa se neri o bianchi, sembrano avere difficoltà a reprimere il loro imbarazzante disprezzo di classe nei confronti del popolo che pretendono di difendere. Così come i dirigenti del partito democratico verso i lavoratori salariati italiani. La matrice classista è la stessa.

martedì 22 ottobre 2024

Stati Uniti: un sistema elettorale corrotto

 

Che cos’è un Pac? A Napoli risponderebbero con una battuta. Negli Usa i Pac e i Super Pac sono organizzazioni politiche che lavorano per riscuotere contributi illimitati da parte di persone fisiche e giuridiche per tradurli in spese pubblicitarie anch’esse illimitate. L’America PAC è un comitato di azione politica pro-Trump fondato da Musk con una donazione di 75 milioni di dollari.

Da quando, tre mesi fa, Musk ha aderito pienamente alla campagna di Trump, è diventato uno dei quattro principali finanziatori del candidato repubblicano, unendosi a Timothy Mellon (patrimonio netto della famiglia: 14 miliardi di dollari), erede della fortuna bancaria, che ha donato 150 milioni di dollari al super PAC Make America Great Again; Miriam Adelson (patrimonio netto: 35 miliardi di dollari), che ha donato 95 milioni di dollari al super PAC Preserve America; e Richard Uihlein (patrimonio netto: 6 miliardi di dollari), che ha immesso 49 milioni di dollari nel Restoration PAC.

Un articolo di Forbes, pubblicato la scorsa settimana, nel titolo afferma che “Kamala Harris ha più miliardari che la sostengono in modo evidente rispetto a Trump”. La ripartizione di Forbes ha registrato 79 miliardari che sostengono la candidata democratica, rispetto ai 50 dietro la repubblicana.

Tra i 28 miliardari che hanno donato almeno 1 milione di dollari a gruppi che sostengono Harris ci sono l’ex CEO di Google Eric Schmidt (patrimonio netto di 38 miliardi di dollari); Michael Bloomberg (patrimonio netto di 105 miliardi di dollari); il co-fondatore di Home Depot Arthur Blank (patrimonio netto di 9,5 miliardi di dollari); e l’erede dell’impero alimentare Cargill Gwendolyn Sontheim Meyer (patrimonio netto di 5,1 miliardi di dollari), tra molti altri.

Il principale PAC per l’ala democratica dell’oligarchia capitalista, Future Forward, ha raccolto 700 milioni di dollari, principalmente da magnati nella Silicon Valley. Il co- fondatore di Facebook Dustin Moskovitz ha donato più di 50 milioni di dollari dal 2020.

Questi miliardari, gli uomini più ricchi della storia, possiedono un potere enorme che viene loro dato dalla ricchezza, un potere di persuasione che viene esercitato attraverso i mezzi di comunicazione di massa, ossia con una pubblicità martellante che rappresenta una forma degradata e corrotta del discorso politico.

I contributi elettorali di questi miliardari non sono certamente gratis, e dunque questo finanziamento illimitato costituisce una forma grigia di corruzione, che si risolve nella “privatizzazione” o nel dominio degli interessi privati di pochi a scapito degli interessi di tutti. Infatti, un regime il cui sistema di finanziamento elettorale promuove grandi disuguaglianze politiche a causa di alcuni individui e gruppi di ricchi, che esercitano un’influenza sproporzionata sulla determinazione e sulla gestione degli affari pubblici, diventa inevitabilmente preda della corruzione sistemica.


venerdì 18 ottobre 2024

Perché ha rifiutato il Nobel

 

A che cosa serve il premio Nobel per la pace? Ce lo chiediamo quando ci rendiamo conto che abbiamo già dimenticato i nomi dei vincitori degli anni precedenti, tranne quello conferito maldestramente (eufemismo) ad Obama. Chi ricorda l’argentino Carlos Saavedra Lamas, premiato nel 1936 per aver voluto porre fine alla guerra del Chaco tra Paraguay e Bolivia, durata dal 1932 al 1935?

Nel 1955, 1956, 1966, 1967 e 1972 il premio non fu assegnato. La guerra era stata ovviamente la più forte. Soprattutto in medio oriente. Quest’anno è andato a Nihon Hidankyo, un’organizzazione giapponese di hibakusha per l’abolizione delle armi nucleari. Già in passato il Nobel era stato assegnati a personalità e associazioni mobilitate contro la proliferazione delle armi atomiche.

Ma i premi Nobel per la pace più sconcertanti sono quelli assegnati a leader politici quando ancora dei ragazzi si uccidevano a vicenda. Nel 1973, in piena guerra del Vietnam, lo ricevono il segretario di Stato americano Henry Kissinger e il vietnamita Lê Duc Tho. Nel 1978, il presidente egiziano Anwar Sadat, che cinque anni prima aveva lanciato la guerra dello Yom Kippur contro Israele, godette di questo onore insieme al primo ministro israeliano dell’epoca, Menachem Begin, un ex terrorista responsabile di stragi. Nel 1993 fu la volta del presidente afrikaner Frederik De Klerk e del suo ex prigioniero Nelson Mandela.

Nel 1994 ne ebbero diritto Yitzhak Rabin, Shimon Peres e il loro nemico giurato, Yasser Arafat. Rabin fu fatto assassinare per i suoi accordi con Arafat, e quest’ultimo fu assassinato ugualmente dagli israeliani. Gli israeliani sono dei grandi specialisti nell’assassinio politico, non meno degli americani e dei russi.

I premi Nobel per la pace premiano sempre più spesso solo persone e associazioni piene di buone intenzioni, ma che sembrano parlare solo a sé stesse.

Quello che ci aspettiamo da un premio Nobel per la pace e di premiare i nemici di ieri che oggi sono diventati, se non amici, comunque non più nemici. Quando ci sarà un premio Nobel per la pace che incoronerà congiuntamente Putin e Zelenskyj, Hezbollah e Netanyahu? Ma perché questa formula sia credibile occorre prima ottenere la cosa più difficile: la giustizia. Non stringiamo la mano all’ingiustizia. Questo è il motivo per cui Lê Duc Tho ha rifiutato conferimento del Nobel. Non è la pace che è difficile da raggiungere, ma la giustizia. E nelle guerre, ciascuna parte è convinta di essere l’unica vittima dell’ingiustizia. L’altro non esiste, va bombardato, liquidato, cancellato. Impossibile fare pace con chi pensa solo a mandarti in una fossa comune.


giovedì 17 ottobre 2024

Un secolo abominevole

 

Al punto in cui siamo della storia, gli ebrei hanno tutte le ragioni per desiderare più di ogni altra cosa un paese dove sentirsi al sicuro. Per arrivare a questo scopo, avrebbero dovuto innanzitutto rispettare le risoluzioni dell’ONU e comunque trattare i palestinesi loro concittadini alla pari e non occupare i territori che spettano di diritto ai palestinesi, non derubando le risorse idriche e altro.

Trasformare Gaza in una terra di nessuno, seppellire Beirut sotto le bombe, puntare a una sorta, tutto sommato, di Hiroshima-Nagasaki senza bomba nucleare, non aiuta questo processo di pace e di condivisione, ma favorisce Hamas e Hezbollah, ossia tutti coloro che sognano l’annientamento, cosa che al punto in cui siamo può trovare presso molti anche delle giustificazioni.

Rispondere a uno shock traumatico con un altro shock traumatico non è la soluzione migliore, né per Israele né per il mondo.

È mia facile convinzione che i nazionalismi, insieme a molti altri crudeli errori contemporanei, abbiano reso il XX secolo un secolo abominevole. La storia si sta ripetendo con troppa facilità anche nel secolo presente (compreso il nazionalismo etnico-religioso israeliano e quello dei suoi avversari). Bisognerebbe capire che una terza guerra mondiale, una guerra combattuta anche con armi nucleari, non è una minaccia vuota. Chi dubita della realtà di questa abominevole minaccia, non ha compreso nulla della storia. Capire che l’unica soluzione per l’umanità, ma la cosa non va di moda, è il socialismo o il comunismo o che dir si voglia, tenendo presente che il socialismo e il comunismo sperimentati nel XX secolo non sono uno stampo di gesso.

mercoledì 16 ottobre 2024

Non è la Wehrmacht, è Israel Defense Forces

 

Che cosa comporta la dualità del sistema giudiziario per gli abitanti dei territori occupati dagli israeliani in Palestina? I palestinesi sottoposti ad apartheid sono innegabilmente nutriti di odio verso Israele, ma anche sottoposti ad una vita di costrizioni arbitrarie che risultano evidenti quando sei costretto a deviazioni di quarantacinque minuti per coprire 1 km a causa di una diga chiusa dal 7 ottobre 2023; controlli infiniti, posti auto rimossi e centinaia di piccoli fastidi quotidiani.

I palestinesi nei territori occupati sono soggetti alla legge militare dal 1967, mentre i coloni israeliani sono soggetti alla legge civile del loro Paese, anche se vivono al di fuori dei confini stabiliti nel 1948. Ciò significa che nei tribunali militari l’esercito è tanto un legislatore quanto un pubblico ministero e un giudice.

Le Convenzioni di Ginevra autorizzano i tribunali militari in tempo di guerra, quando la legge locale non può garantire la sicurezza di un paese occupato. Ma coloro che hanno redatto queste convenzioni non immaginavano un’occupazione così prolungata e, soprattutto, in tal caso si tratta di un’occupazione illegale.

In linea di principio, i palestinesi hanno diritto a un avvocato e spesso vengono difesi gratuitamente da avvocati palestinesi. Ma la difesa non sarà mai molto efficace, perché la legge militare è così dura e parziale che c’è poco che si possa fare. L’intero sistema è ineguale. Gli avvocati palestinesi spesso non sono in grado di visitare i loro clienti – la maggior parte dei quali sono detenuti in Israele – a causa della mancanza di permessi, così che gli imputati preparano la loro difesa solo poco prima del processo. La maggior parte delle decisioni del tribunale sono in ebraico, il che significa che se l’avvocato parla solo arabo, non sarà in grado di fornire una difesa come possiamo immaginarla in un tribunale civile.

Le prime vittime di questa giustizia a due livelli sono i bambini. Facciamo il caso concreto di un bambino di nome Ali, residente nel quartiere di Al-Issawiya, ai confini di Gerusalemme Est. Ufficialmente Ali è accusato di aver lanciato pietre contro un autobus. Da allora, cioè da un anno, è in carcere in attesa del processo.

Un minore israeliano non può essere processato prima dei 14 anni, mentre un palestinese può essere processato a partire dai 12 anni. I minori palestinesi accusati di reati penali vengono processati secondo la legislazione militare in vigore in Cisgiordania, che garantisce loro pochissimi diritti riservati ai loro coetanei israeliani. Queste tutele, come la separazione dagli adulti durante la detenzione e la reclusione, non sono sempre rispettate. Lo stesso vale per le tutele previste dal diritto militare per tutti gli indagati, particolarmente importanti nel caso dei minorenni, come il diritto di consultare un avvocato.

Nel 2009 Israele, in risposta alle critiche, ha creato un tribunale militare per i minorenni. Ma i miglioramenti sono minimi, perché la competenza del tribunale è limitata alla fase del giudizio. Non vi è alcun effetto sulle fasi di arresto, indagine e detenzione. I minorenni quindi generalmente arrivano al processo e alla sentenza nel tribunale dei minorenni dopo essere già stati incarcerati come adulti per la durata della custodia cautelare e poi del processo.

Secondo la ONG Military Court Watch, al 30 giugno 2024 erano 209 i bambini detenuti dall’esercito israeliano. L’obiettivo di Israele è intimidire i minori fin dalla tenera età. Se lanciano una pietra sono considerati terroristi a pieno titolo. L’intero sistema li porta a dichiararsi colpevoli, firmando frettolosamente le confessioni in ebraico. Perché anche quando si svolge un vero processo, le procedure sono così lunghe e le sentenze così severe, sulla base del diritto militare, che spesso non vale la pena dichiararsi non colpevoli. I bambini se la passano meglio se si dichiarano colpevoli e pagano una multa. Nella migliore delle ipotesi, possono essere condannati agli arresti domiciliari, anche se il carcere rimane la norma.

martedì 15 ottobre 2024

La lobby ebraica

 

Ieri sera, aspettavo che la nota giornalista televisiva Lilli Gruber, parlando di quanto sta avvenendo in Libano, facesse un cenno a quanto accaduto nelle ultime ore, ossia l’attacco israeliano all'ospedale "Shuhadah Al-Aqsa” a Deir al-Balah. Ci sono immagini che mostrano donne e bambini palestinesi bruciati vivi nel rogo delle tende di un campo profughi in cui stavano dormendo. L’ospedale di Al-Aqsa stava già lottando per curare un gran numero di feriti da un precedente attacco a una scuola trasformata in rifugio nelle vicinanze che ha ucciso almeno 20 persone quando è stato sferrato un raid aereo di prima mattina.

Gruber non vi ha fatto cenno, così come non fa cenno di molte altre cose. È in buona compagnia, quella di gente che sta molto attenta a non scontentare la grande lobby ebraica. Nulla a che vedere con le stronzate dei Protocolli dei Savi di Sion e altri complottismi consimili. So bene che la tesi della lobby, invocata senza ulteriori precisazioni, non è né vera né falsa, ma vaga, e tuttavia si riferisce a un fenomeno concreto.

Una lobby ebraica esiste, molto potente e ramificata. Nel novembre 1978, Nahum Goldmann, presidente del World Jewish Congress, arrivò al punto di chiedere al presidente Carter di spezzare la ”lobby ebraica” che egli paragonava a “una forza di distruzione”, a “un ostacolo alla pace in Medio Oriente”. Una voce fuori dal coro, che oggi sarebbe additata, paradossalmente, come antisemita.

Cito la Conference of Presidents of Major American Jewish Organizations, dunque all’American Israel Public Affairs Committee (è difficile sopravvalutare l’influenza politica dell’AIPAC nella politica americana), il National Jewish Community Relations Advisory Council, l’Israeli American Council (IAC),la B'nai B'rith, il World Jewish Congress o, per esempio, l’Alliance israélite universelle o l’Organizzazione per il lavoro di ricostruzione, conosciuta con l’acronimo ORT e altre organizzazioni similari.

Queste e molte altre organizzazioni ebraiche svolgono innanzitutto un ruolo eminentemente politico e strategico: non sono “ebrei” in generale, ma professionisti del lobbying, molto più motivati nei confronti di Israele rispetto a molti altri ebrei. La missione essenziale dell’AIPAC (con centinaia di dipendenti, un team di ricercatori specializzati e un budget annuale di decine di milioni di dollari) è monitorare il Congresso, sostenere tra i funzionari eletti una linea incrollabile di sostegno a Israele e, infine, opporsi a coloro che criticano la politica israeliana, qualunque essa sia.

A livello apicale si tratta di ebrei coinvolti nei grandi interessi. Sono parte attiva e numericamente rilevante della lobby mondiale del denaro, quella che controlla il mondo, ossia l’industria, la finanza e le banche, i giornali e altri media, la ricerca e l’università, eccetera. È per molti aspetti una lobby a sé. Un’analisi politica reale del fenomeno è oggi quasi impossibile.

Infatti, questo argomento è considerato, nel mondo politico occidentale, politicamente sensibile, da trattare con grande cautela e addirittura da evitare. La nozione di “potere ebraico” viene interpretata da alcuni come una prova di antisemitismo, e coloro che osano parlarne pubblicamente sono esposti a tale accusa.

Il New York Times, nel 1989, stimava che “la lobby” potesse contare su un minimo di quaranta-quarantacinque senatori (su 100) e duecento dei quattrocentotrentacinque rappresentanti.

Leslie Gelb, editorialista del New York Times, aveva osservato: “Shamir e i suoi alleati possono resistere a qualsiasi pressione da parte dell’amministrazione Bush. Sanno che il Congresso rifiuterà, qualunque cosa accada, di prendere in considerazione una riduzione degli aiuti americani a Israele.» Ciò che valeva per Shamir, vale per i suoi successori, compreso Netanyahu.

Jonathan Jeremy Goldberg, autore di Jewish Power (1996), giornalista specializzato in vita e cultura ebraica, parlava senza complessi, e talvolta non senza ironia, del “potere ebraico” nel sistema politico americano. Nessuno però si sognava allora di accusarlo di antisemitismo o di “odio verso sé stesso”. Oggi queste cose non si possono più pubblicare, né in un libro, né sul New York Times, né altrove.

Gli ebrei hanno etnicizzato la loro religione; da perseguitati, sono diventati persone speciali, si sentono diversi dagli altri esseri umani, sicuramente diversi dagli arabi, e con un diritto speciale sulla Palestina, che fanno risalire a duemila anni addietro. Perciò si sentono legittimati a una lotta che va oltre la semplice difesa di uno Stato, e dunque in diritto di compiervi qualsiasi abominio. In ciò Israele è sostenuta e difesa incondizionatamente da tanti stronzi bianchi, non ebrei, per ragioni che non sfuggono alla logica di una “guerra di civiltà”. Questi stronzi, anche se non lo vorranno mai ammettere, sono complici di quelli che chiamano i territori della Cisgiordania “Giudea e Samaria”. Hanno la stessa posizione della destra e dei fascisti.

lunedì 14 ottobre 2024

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Come si può parlare di “legittimità” quando Israele ha violato la Carta delle Nazioni Unite e ignorato sistematicamente decine di risoluzioni dellAssemblea generale e del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, violato la IV Convenzione di Ginevra e la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, colonizzando abusivamente i territori palestinesi (tra il 1972 e il 2021, il numero dei coloni israeliani è passato da 1.500 coloni a più di 465.000 nel 2021), praticando l’apartheid, incarcerando migliaia di palestinesi anche solo per il sospetto che siano degli oppositori, torturato, facendo stragi di civili, espulsioni forzate, eccetera. Sarebbe questa l’unica democrazia mediorientale?

Va ricordato che l’articolo 25 della Carta delle Nazioni Unite richiede l’applicazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, e che la Risoluzione 273 (III) dell’UNGA (Assemblea Generale dell’ONU) che ammette Israele all’ONU, prevede che lo Stato: “accetta senza alcuna riserva gli obblighi derivanti dalla Carta delle Nazioni Unite e si impegna a rispettarli dal giorno in cui diviene membro dell’ONU”.

Chiedo a questi “legittimisti” senza vergogna: la vita di un bambino palestinese vale meno di quella di un bambino israeliano? Quanto meno?

giovedì 10 ottobre 2024

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(Pieve di Soligo, 10 ottobre 1921 – Conegliano, 18 ottobre 2011)


In questo progresso scorsoio
non so se vengo ingoiato
o se ingoio.

mercoledì 9 ottobre 2024

Il mistero risolto


Non sappiamo ancora con quale salsa fiscale verremo mangiati. Ascolto disperatamente i soliti attori televisivi gonfiati dalla comunicazione mediatica, senza una cultura adeguata, svuotati nell’ideologia (che non è una brutta roba), che non sanno cosa sia il lavoro, la sottomissione alla disoccupazione o a lavori precari. Non sanno nulla di che cosa significhi tirare a campare in tempi di magri salari e alta inflazione.

È impossibile, politicamente, aumentare significativamente le tasse a quel “blocco centrale” chi ha tutti i mezzi per evaderle ed eluderle, grazie alla destra reazionaria e alla sinistra conservatrice (la “patrimoniale” è un pourparler) che hanno l’interesse di rendere qualsiasi aumento della tassazione degli alti cespiti un tabù. Infine, si taglierà la spesa sociale con un’ascia, poi ci saranno i soliti, prevedibili, imprevisti: siccità, inondazioni, nugoli di locuste, ecc..

Quando il Pil crolla, il deficit si allarga, e così il rapporto debito pubblico/Pil esplode. Non è teoria, è storia, la nostra. Prendiamo il caso degli enti locali, che realizzano quasi la metà degli investimenti pubblici. Se si riduce la loro spesa, si costruirà di meno. Il settore delle costruzioni e dei lavori pubblici licenzierà i lavoratori, che vedranno diminuire il loro reddito, con un impatto sulle imprese locali, che porteranno al licenziamento e alla chiusura delle loro attività.

Tutti sanno che meno crescita significa più deficit. Ma oltre alle esportazioni, sono la spesa pubblica, i rimborsi sanitari, le pensioni di anzianità, i sussidi di disoccupazione a sostenere il reddito delle famiglie, e quindi i consumi. E queste spese diminuiranno, come avviene da decenni.

Un’economia tutta volta alle esportazioni, fornendo alle aziende una forza lavoro sempre più precaria e sempre meno costosa, è un’economia malata. Il primo gettito fiscale è l’Iva. E chi paga l’Iva? Il consumatore. Quando compro la mia Golf o Kia, pago l’Iva allo Stato italiano. Non tedesco o coreano. Quando esporto per i fan newyorkesi o cantonesi il made in Italy, costoro pagano l’Iva allo Stato americano o cinese. Da qui il nostro deficit! Questo è il mistero risolto. 

martedì 8 ottobre 2024

Autodenuncia

 

Da giorni abbiamo acceso il riscaldamento senza attendere l’autorizzazione preventiva da Roma o da qualunque altro posto. Con ciò mi autodenuncio. Quali sanzioni siano previste non so, forse il carcere? Purché sia riscaldato.

Un’altra cosa mi preme oggi, sapere di quanti comandanti dispone ancora Hamas ed Hezbollah. Appena lo saprò, lo comunicherò immediatamente all’ambasciata d’Israele, con fiducia in una conclusione rapida della guerra in atto.

Quanto al ministro Giorgetti, che si appresta a 3 miliardi di tagli lineari, prego mettersi in contatto con me. Posso suggerirgli dove facilmente tagliare spese e recuperare evasione/elusione. Certo, poi non troverebbe i voti necessari in parlamento per far passare la manovra, essendo quel consesso diviso tra conservatori di sinistra e reazionari di destra. Distinguerli non è facile.

Domenica prossima sarò, mio malgrado, a una cerimonia: un bimbo di tre mesi deciderà di diventare cristiano e per giunta cattolico.

domenica 6 ottobre 2024

I palestinesi hanno un futuro (*)

 

Le dinamiche demografiche sono molto complesse e l’unica cosa certa è che se morissero molti più bambini ovvero si riducesse di molto l’aspettativa di vita, tornando al passato, la fertilità tornerebbe a crescere. (Gilberto Corbellini, articolo nell’inserto del Sole 24ore di domenica 6 ottobre 2024 pagina VII).

(*) Anche gli ucraini, i russi, i siriani, gli yemeniti, i curdi, eccetera.

venerdì 4 ottobre 2024

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Giusto celebrare i sessant’anni dell’inaugurazione dell’autostrada del Sole, magari ricordando che vi furono almeno 160 operai morti per la sua costruzione.


giovedì 3 ottobre 2024

Risparmi

 

Quando pendolavo in su e in giù per il Veneto sui treni, questi immancabilmente arrivavano con qualche minuto di ritardo. Ce n’era qualcuno che arrivava con un ritardo cronico, non c’era modo di arrivare in orario e prendere una coincidenza. Vi furono molte proteste per anni, quando finalmente fu varato il nuovo orario ferroviario. Beh, non ci crederete, ma da allora i treni cominciarono ad arrivare quasi sempre in orario. Qual era stato il miracolo? Molto semplice: erano stati aumentati di pochi minuti i tempi di percorrenza dei treni. È un fatto vero, una soluzione tipicamente italiana. Propongo al ministro dei trasporti attuale: si annuncino i treni solo quando sono in orario. Ciò comporterà fino all’80% di annunci in meno, con un notevole risparmio di tempo da parte del personale ferroviario.


martedì 1 ottobre 2024

E tutti quanti a fare il tifo

 

Chi ha ragione, chi ha torto? La questione, messa così, non trova soluzione. L’esercito israeliano, dopo settimane di bombardamenti sul Libano, ha deciso di invadere. Che altro doveva fare, posto che da mesi dal Libano partono razzi che vanno a colpire le zone residenziali israeliane?

E però tutto nasce, in origine e poi si complica nel tempo, dalla politica di occupazione e di segregazione attuata dal sionismo nei confronti della popolazione palestinese. La soluzione stava nel compromesso, che sia da una parte e sia dall’altra non si è voluta trovare. Soprattutto i sionisti non hanno alcuna intenzione di tenersi i palestinesi tra i piedi se non come utile manodopera.

Il piano post bellico di Netanyahu (il pano Gaza 2035) prevede di ricostruire da zero la Striscia, collegarla alla penisola arabica con nuove infrastrutture, trasformarla in una zona di libero scambio detassata e offrirla ai “Paesi arabi moderati”. Ecco perché è molto sospetto che l’attacco del 7 ottobre scorso abbia trovato davvero impreparata l’intelligence israeliana.

Smantellare Hamas era e rimane il principale obiettivo. Non è da escludere che anche l’autorità palestinese fosse coinvolta in questo piano e per quanto riguarda l’attacco del 7 ottobre 2023 fosse al corrente e abbia lasciato fare.

Una Gaza prospera, facente parte di un’architettura regionale abramitica. Ciò era incompatibile con Gaza avamposto iraniano che stava sconvolgendo l’architettura regionale moderata e le catene di approvvigionamento emergenti dall’India attraverso la Striscia di Gaza fino all’Europa.

Tutto il resto, smentendo anche il pano Gaza 2035, che così com’è non vedrà mai realizzazione, dovrà far parte della Grande Israele. I palestinesi, la loro storia e loro legittimi diritti saranno cancellati per sempre.

L’Europa in tutto questo ha delle responsabilità storiche enormi. La maggiore di queste responsabilità è stata quella di avere consentito e anzi favorito il progetto sionista di immigrazione e occupazione della Palestina. Questa è acqua passata, il domani non appartiene ai palestinesi, ma a un accordo tra Israele e Arabia Saudita, Emirati, Egitto, Bahrein, Giordania, Marocco. Le decine di migliaia di morti assassinati, sono solo danni collaterali nel grande gioco geopolitico ed economico. E tutti quanti a fare il tifo.